“Un’iniziativa che assume un valore più che civile: incroceremo quattro decenni, attraverso quattro figure istituzionali”, così il direttore di Rai 1 Andrea Fabiano presenta il progetto. “Abbiamo raccolto l’idea -prosegue- con entusiasmo, perché crediamo sia necessario ampliare il modo in cui trattiamo questo genere di tematiche.
La parola passa a Paolo Del Brocco, AD Rai Cinema: “Pur non essendo la tipologia di prodotto che solitamente facciamo, questo progetto possiede elementi costitutivi del mandato di servizio pubblico”. “Sono quattro personaggi completamente diversi tra loro, che hanno però difeso i valori della Repubblica fino al sacrificio estremo”.
Poi Gloria Giorgianni, produttrice AD Anele: “Il senso del progetto vuole essere raccontare ciò che è rimasto di quel messaggio: mischiare i linguaggi, dare la parola ai figli, ai nipoti e a chi è rimasto per condividere l’eredità lasciata da queste persone”. In particolare, la Giorgianni ringrazia le famiglie: sia per la disponibilità delle famiglie, che si sono affidate, sia perché hanno fornito materiali inediti.
Il primo docufilm trasmesso sarà su quello di Vittorio Occorsio, ucciso il 10 luglio 1976. Il regista è Gianfranco Pannoni: “Ho l’onore e l’onere di iniziare. Per prima cosa ho chiesto a mia figlia e mio nipote, studente in scienze politiche, se conoscessero Vittorio Occorsio: non lo sapevano, perciò ho sentito una responsabilità”. “La sua storia -spiega il regista- è quella di un uomo appartato che aveva la forza di non mollare mai: ci sono anche buchi neri, tanto che all’indomani di Piazza Fontana, si fece guidare dagli anarchici, ma non ci mise nulla a cambiare corso alle indagini.
Se ne occupa Gianmarco Tognazzi: “Il percorso non è stato interpretativo, ma narrativo”. “Il percorso umano legato a quest’uomo può far scoprire una figura diversa rispetto a quella raccontata fino ad oggi: stavolta usciranno fuori input in più”, continua l’attore.
Il 5 settembre invece, andrà in onda il docufilm su Piersanti Mattarella. Maurizio Sciarra e Dario Aita sono i narratori: “Questa -interviene Sciarra- è una forma anomala di racconto, perciò ringraziamo la rete per la spinta narrativa. Mattarella è stato egli stesso formatore di giovani: questo personalmente mi ha colpito molto, specie se pensiamo che quel gruppo di giovani fa parte dell’attuale classe dirigente del Paese”. Per la realizzazione sono stati interpellati i nipoti, che hanno riscoperto la figura del nonno.
La parola passa ad Aita: “Quando mi è stato offerto questo progetto, ero spaventato perché non avevo mai visto niente di simile. Ho capito che tipo di ruolo avrei ricoperto, guardando un documentario in particolare: ho così compreso che doveva solo fare domande e ascoltare risposte, divenendo testimone della storia. A sua volta il pubblico è poi sia testimone che erede, spero che l’eredità venga reinvestita dagli spettatori”.
Il 6 settembre sarà la volta di Marco Biagi. Gianfranco Gianni, il regista del lungometraggio, ha indagato a fondo la figura di Biagi: “Ho pensato a un percorso lungo la sua città, Bologna, per incontrare chi lo aveva conosciuto. Il tramite è stato Massimo Poggio, che ne era molto toccato anche per motivi personali: abbiamo scoperto che molte delle idee di Marco Biagi, precedevano di molto quanto sta avvenendo adesso sotto i nostri occhi. Le soluzioni che trovava, su cui posso pure non essere d’accordo, danno il quadro di un visionario”. La parte legata alle Brigate Rosse è stata messa in disparte perché non interessava la stretta cronaca.
Quindi Massimo Poggio: “Prima di fare l’attore, ero operaio metalmeccanico. Poi nel mio percorso sono cambiate delle cose, è cambiato il mondo lavoro. Sicuramente Biaggi aveva previsto tutto: voleva sì una fortissima mobilità, ma al tempo stesso prevedeva un grandissimo supporto per le persone che avrebbero dovuto avere a che fare con una tale mobilità. Oggi invece, è proprio questo supporto che manca”.
Il ciclo si chiuderà con il docufilm sul capitano Natale De Grazia. La regista Wilma Labate racconta di un uomo semplice con un profondo amore per il mare: “Si è trovato ad indagare su una storia complessissima, ha lottato per difendere il mare”.
Lorenzo Richelmy, in collegamento via Skype, dice di essersi buttato in questa esperienza con entusiasmo: “La vicenda mi riguardava, essendo la mia famiglia originaria di Locri. Non conoscevo bene la storia di De Grazia: mi sono appassionata, mi premeva il fatto che bisogna capire cosa rimane ai ragazzi della mia generazione. Negli ultimi anni di mafia si parla nelle fiction, però secondo me non abbiamo ancora capito che tipo di messaggio si vuole mandare con questo genere di prodotti: è importante allora mandare un messaggio mirato alla conservazione della memoria. Ciò che mi intimorisce, è che i ragazzi della mia generazione vedono queste tematiche come lontane, come se non li riguardasse: è importante tenere il fuoco attivo”.
Lo scopo, viene spiegato al termine della conferenza, era quello di non creare santini. Su Biagi poi, interessava soprattutto parlare di lavoro: “Sarebbe stato facile altrimenti fare la storia del buono contro i cattivi delle Brigate Rosse”.
Ancora Sciarra: “Bisogna dare una serie di spunti affinché la riflessione porti ognuno a scegliere la propria verità”.
Fabiano anticipa che ci saranno altre iniziative: il progetto è una delle tappe del percorso, che
Con Nel nome del popolo italiano prenderà un ulteriore slancio.
I quattro docufilm verranno portati nelle scuole.
I quattro docufiction sono la risposta ai quattro film Mediaset Liberi sognatori-Le idee non si spezzano mai. Ricordiamo infine che sul capitano De Grazia e i rifiuti tossici sversati in mare sono stati incentrati molteplici servizi de Le Iene Show, tutti ad opera di Giulio Golia.