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Pino Rinaldi, martedì 24 settembre dalle 12:00, presenta in conferenza stampa Detectives Casi risolti e irrisolti. Il programma, incentrato su casi di cronaca molto discussi in Italia, torna in onda il 29 settembre, nella seconda serata di Rai 3. Il format è realizzato in collaborazione con la Polizia di Stato. Oltre al conduttore, nell’incontro con la stampa interviene Paolo Corsini, Direttore Approfondimento. C’è Alessandro Giuliano, Direttore Centrale Anticrimine Polizia di Stato. Infine, presenzia Lorenzo Torraca di Verve Media Company.
Detectives Casi risolti e irrisolti conferenza stampa, inizia l’incontro
Inizia la conferenza stampa. Prende la parola il Direttore Paolo Corsini: “Il true crime è un genere narrativo tra i più seguiti al mondo, sia nella tv generalista che nelle piattaforme. Indaghiamo il lato oscuro del paese, ma con un linguaggio sobrio. Inoltre, omaggiamo la professionalità delle persone che indossano le divise. Il programma, quest’anno, giunge alla terza edizione e, per l’occasione, si sposta su Rai 3“.
Alessandro Giuliano della Polizia di Stato: “Aderiamo al progetto perché restituisce una diversa dimensione delle indagini. Nella narrazione c’era una parte del nostro lavoro che, inevitabilmente, sfuggiva, perché ci si concentrava sulle parti eclatanti. In realtà vi sono tanti altri fattori, comprese le delusioni, e questo format restituisce tutto questo“.
La conferenza stampa di Detectives Casi risolti e irrisolti procede con il produttore Lorenzo Torraca: “Raccontiamo il true crime nel solco del servizio pubblico, senza morbosità e con responsabilità. Sui casi irrisolti cerchiamo di capire se, a distanza di molti anni, possa uscire qualche nuovo elemento in grado di riaprire l’inchiesta. Siamo molto attenti ai contenuti che divulghiamo, perché su questi temi il rischio di scivolare è molto alto. Introduciamo due esperti, Arije Antinori ed Anna Maria Giannini, che ci aiutano ad andare più in profondità nelle storie”.
Pino Rinaldi annuncia le storie della nuova edizione
La conferenza stampa di Detectives va avanti con le dichiarazioni di Pino Rinaldi. Fra le vicende di cui si parlerà nelle sei nuove puntate c’è quella della morte del 12enne Cristiano Aprile. Il conduttore, dopo una clip, racconta: “Ogni puntata richiede un mese di lavoro, che è reso ancora più complesso dalle nuove leggi. Solo mediante le carte e coloro che hanno indagato è possibile restituire al pubblico un quadro serio della situazione. In tv si rincorre il presente di un evento. La narrazione unidirezionale è pericolosa: nella vicenda di Serena Mollicone, ad esempio si è costruita a livello immaginario una storia, ma dalle sentenze è emersa una realtà completamente differente. Spesso si seguono percorsi viziati. Il nostro lavoro è dire la verità, sempre”.
Rinaldi continua: “Da decenni lavoro nella cronaca nera, se è fatta bene permette di capire la nostra società. I contesti attuali dei crimini restituiscono l’idea di una società liquida, nella quale si uccide un figlio o una mamma. C’è qualcosa di malato e anche per questo ho voluto fortemente Arije Antinori ed Anna Maria Giannini”. Infine, sottolinea: “Il potenziale di Detective è enorme. Noi siamo spesso relegati in seconda serata, penso che, dopo vari anni, meritiamo un salto di qualità. I giornalisti non sono né inquirenti, né magistrati. Ad ognuno il suo, i tempi delle forze dell’ordine vanno rispettati. Occorre darci dei limiti se si parla di attualità, senza pontificare ed evitando di dire sciocchezze”.
Detectives Casi risolti e irrisolti conferenza stampa, le domande dei giornalisti
Nella conferenza stampa di Detectives si passa alle domande dei giornalisti. Pino Rinaldi sul caso che lo ha colpito di più: “Quest’anno partiremo con Cristiano Aprile, un delitto veramente misterioso. In generale, comunque, colpiscono le vicende non risolte“. Sulla confessione catturata in diretta ieri a Pomeriggio Cinque, il giornalista ammette: “Non ci trovo nulla di straordinario, l’emozione può farti dire la verità. Dopo aver catturato tale confessione, però, avrei chiuso la telecamera. A me Carretta confessò il suo crimine il giovedì, ma io feci passare alcuni giorni, perché la mia preoccupazione non era lo scoop, ma che lui si suicidasse. Ho rispettato la persona. Soltanto dopo che lui aveva parlato con chi di dovere è andata in onda l’intervista completa. Credo di aver fatto un buon lavoro da giornalista, ma poi ho subito l’invidia”.
Interrogato sulla vicenda Turetta, il giornalista sottolinea: “Quando ci troviamo di fronte a determinate uccisioni, la gente inevitabilmente inizia a porsi qualche domanda. La tv dovrebbe leggere i fatti, analizzandoli in modo approfondito. Non stiamo giocando a Cluedo. Turetta era morboso, ma può la vita di una persona essere basata solo sull’ossessione per qualcuno? Che valori ha questa persona? C’è una crisi culturale profonda”. Termina qui la conferenza stampa.