Persino chi non ha mai avuto modo di conoscerla di persona o anche solo apprezzarne il talento vedendola recitare dal vivo, ha avuto modo di conoscere la carica umana ed umoristica che possedeva.
Alla Melato sono stati dedicati altri speciali, andati in onda sempre su Rai Storia e realizzati da Renzo Arbore con il giornalista Fabrizio Corallo.
Per presentare il documentario, il Prix Italia ha scelto il Piccolo Teatro Grassi, ma la location ripresa in Mariangela! è il Piccolo Teatro Studio Melato, dedicato a lei a distanza di poco tempo dalla sua scomparsa. Verrebbe da aggiungere che, vista la conformazione del teatro con la sua pianta circolare, è come se ci si riunisse tutti, in cerchio, attorno a lei, non per ricordarla, ma per festeggiarla. Prima di varcare la soglia ideale del teatro e della sua vita, ci accoglie, lei, Mariangela, con la sua voce in ‘Sola me ne vo’, brano che tornerà più corposamente in chiusura.
A tenere le fila è Lella Costa, la quale funge da collante, introduce gli ospiti (Renzo Arbore, la sorella Anna, la giovane assistente Giovanna Guida e addetti ai lavori come il critico e amico Maurizio Porro) e ripercorre, grazie ai ricordi dei presenti e ai video, l’esistenza di un’attrice che ha lasciato il segno. La struttura del documentario segue fedelmente il tutto, tra ciò che accade in teatro e i video, si riconosce anche molto impegno nella ricerca dei tanti personaggi intervistati (fra cui figurano Giancarlo Giannini, Lina Wertmuller, Gigi Proietti, Toni Servillo, Pippo Baudo, Gabriele Lavia, Massimo Ranieri, Isabella Rossellini e Lina Sastri).
Si parte dall’infanzia, da una foto di spalle “una foto senza volto e la sua aria da guascona” e si prosegue per tappe, riportando alla memoria i successi (come, ad esempio, l’Orlando Furioso di Ronconi), ma anche titoli di film e spettacoli meno noti al grande pubblico come ‘La polizia ringrazia’ di Steno.
“È proprio vivendo che dimostriamo quello che siamo”, si sottolinea ed è questo che emerge entrando con delicatezza nella vita di una donna e artista che ha vissuto appieno quanto l’esistenza le riservava, lottando e mettendosi in gioco grazie alle mille sfaccettature della sua arte, senza mai ghettizzare il mezzo (e, oggi, invece, c’è chi lo fa).
Sul finale l’emozione è forte.“Mi ha insegnato a non aver paura di me stessa”, confida la sua assistente Giovanna Guida. E particolarmente emozionanti sono le parole con cui Renzo Arbore racconta e omaggia la sua grande amica con la quale ha diviso anche un lungo periodo di vita in comune.