Se infatti negli spot natalizi Panariello leggeva le favole della buonanotte al bimbo, stravolgendole di volta in volta, ora si riscopre appassionato di documentari storici. Con tanto di spada in mano e piume di cuscino che volano nella stanza.
Teoricamente lo zio dovrebbe badare a Giorgino, ma viene comunque chiamata una baby sitter. Lo spot è molto semplice nella sua struttura: tre persone che, una di fianco all’altra, approfittano dell’offerta Wind per fruire i contenuti preferiti.
Grazie alla fibra illimitata e ai giga, la tata ha visto la serie preferita, lo zio i documentari storici e il bambino ha giocato. Insomma: pur essendo tutti nella stessa stanza, seduti sul medesimo divano, i tre hanno vissuto serate completamente diverse, fatto cose differenti.
Il mattino seguente, ancora sotto effetto da streaming della sera precedente, Panariello accompagnerà il nipotino a scuola in armatura da cavaliere.
Più che autonomia, viene da pensare a una solitudine tecnologica. Del resto, chiunque conosce bene questo genere di situazione: basti pensare alle tante volte in cui, a cena, gli altri si concentrano sullo smartphone che hanno in mano.
Perciò, se da un lato la pubblicità ripropone quella che ormai è la quotidianità, dall’altro la scena è impietosa: si abdica completamente al ruolo educativo, lasciando il bimbo solo davanti a un dispositivo tecnologico. Ancor più straniante, visto che sono tutti insieme ma senza rivolgersi la parola: quando poi Panariello, immerso in un documentario storico, crede di essere un cavaliere e riduce in brandelli un cuscino, gli altri due lo guardano per un attimo. Distolgono lo sguardo dallo schermo, per riprendere subito dopo a fissarlo nella più totale indifferenza.
Non si sceglie un film da guardare, né un gioco a cui prendere parte in tre. Si opta invece per tre isolamenti diversi, con gli adulti deresponsabilizzati rispetto al ruolo che dovrebbero ricoprire.
Lo spot Wind finisce così per immortalare un momento comune, normale quasi: in una simile contraddizione però, di “normalità” ce n’è davvero poca.