Nello scorse puntate abbiamo seguito un’inedita ricostruzione del rapimento di Aldo Moro e del suo omicidio da parte delle Brigate rosse; in questa terza e penultima puntata sentiremo il racconto di Roberto Arlati, capitano del reparto speciale antiterrorismo dei Carabinieri, che guidò il blitz a via Monte Nevoso il 1 ottobre del 1978 . Protagonista della serata sarà Tommaso Buscetta. Commenteranno la puntata anche Marco Damilano, Ilaria Moroni, Lanfranco Pace, Annalisa Chirico e Sara Rosati.
A tra poco con la diretta.
Inizia M, Michele Santoro lancia il continuo della fiction sul rapimento e delitto Moro. I due giornalisti parlano del Generale Dalla Chiesa e del manoscritto di Moro ritrovato nel covo del rapimento; il ritrovamento delle carta mette in sobbuglio giornalisti e forze dell’ordine, per la paura delle presunte rivelazioni di Aldo Moro, le forze dell’ordine requisiscono le carte con la scusa delle fotocopie e vengono poi restituite a Roberto Arlati che le ha trovate, ma le carte sono di meno, il mistero si infittisce.
Il giornalista Pecorelli insiste nel dire che in quell’appartamento c’erano nascoste le carte originali. Si continua con la fiction e si sostiene che si sapeva dove era Moro, ma non lo hanno voluto salvare. Andreotti manda un avvertimento velato al giornalista Pecorelli il più dubbioso sul caso Moro, una busta ufficiale del ministero dell’interno, con delle pasticche per il mal di testa, invitandolo a smetterla se no il mal di testa può aumentare.
Roberto Arlati svela che arrivare al covo di via Monte Nevoso è stato più difficile di quanto sembri. Il sottoufficiale Barbarossa ha tampinato a lungo un negozio di motocicli ed il garzone gli ha riferito di aver visto il motociclo incriminato in quella via. Avute le chiavi di notte i Carabinieri cominciarono a perlustrare tutti i portoni di Via Monte Nevoso. “Una sera facemmo bingo, una chiave apriva il portone che dava sulla strada. A questo punto dovevamo fare altre indagini per non attivare gli allarmi dei brigatisti”.
Un attore interpreta il maresciallo Candela: Candela ripete che Dalla Chiesa lo incarica di spiare nelle carceri e dichiara che le carte che ha ritrovato in seguito, erano nel punto dove indicava Pecorelli che insisteva che le carte erano state nascoste in un carcere, Candela cambia più volte versione perchè si sentiva solo, abbandonato. Dalla Chiesa pressa ancor di più il maresciallo affermando che nel carcere di Cuneo c’erano altre carte ancora. Poche settimane dopo Pecorelli viene ucciso, Dalla Chiesa voleva notizie su Andreotti sempre, ne era ossessionato. Candela scopre nelle carceri che stanno organizzando l’omicidio del Generale lo informa, ma il Generale vuole solo fare chiarezza su Andreotti.
Si torna nella fiction, si dice che esiste un secondo memoriale che rivelerebbe segreti sul governo, Pecorelli afferma che Moro continua a fare politica anche da morto. Mino Pecorelli confessa alla moglie di essere stato invitato a cena da Claudio Vitalone, alla cena il giornalista chiede a Vitalone il perchè dell’invito ed il perchè della presenza alla cena di servizi segreti e funzionari di stato. Vitalone scherza con Pecorelli e il giornalista gli rivela di leggere il suo nuovo articolo e gli dà un’anticipazione: nell’articolo si parlerà di assegni e del riciclaggio delle casse di un fondo intercasse – invece di usare quei soldi per i contribuenti, i fondi vengono versati alla Dc.
L’amica di Pecorelli scopre che un ex brigatista segue il giornalista, su ordine o dei fascisti o della banda della Magliana o dei Servizi segreti. Si torna alla cena e Vitalone cerca di far capire a Pecorelli che è meglio non fare uscire il suo ultimo articolo, perchè la verità ha bisogno di tempo, Vitalone riesce a prendere tempo con il giornalista. Il giornalista avvisato di non fidarsi delle rassicurazioni di Vitalone, decide di pubblicare l’articolo sugli assegni sul giornale dove lavora l’Op, esponendosi ancor di più e sempre più impaurito e cosciente del suo probabile omicidio, lascia delle carte segrete a un suo fidato collega e gli chiede di portarle immediatamente a stampare in una tipografia, le carte però vengono intercettate. Pecorelli esce dal giornale saluta la moglie, sale in macchina e viene assassinato con due colpi a bruciapelo.
Si torna in studio e Santoro intervista l’attore che interpreta Tommaso Buscetta. Buscetta racconta del suo rapporto con Falcone e afferma che grazie a lui si era deciso a collaborare con la giustizia. Parla di Badalamenti e delle sue dichiarazioni su Andreotti e rivela che Pecorelli è stato ucciso per fare un favore ad Andreotti. Poi dichiara però che Andreotti non ha mai chiesto o lasciato far capire che voleva togliersi di torno il giornalista per mano della mafia. Badalamenti riferisce a Buscetta che l’omicidio Pecorelli è stato un favore autonomo della mafia nei confronti di Andreotti.
Annalisa Chirico ritiene che la figura di Buscetta non sia senza macchia, mente a Falcone. La difesa di Andreotti durante il processo mette in mostra i limiti di Buscetta e le sue bugie. “Gli uomini d’onore non mentono” aveva detto, eppure ci sono diverse cose che non tornano a suo parere. Santoro ricorda che se oggi parliamo di Cosa nostra è grazie a Buscetta e che il teste è stato ritenuto affidabile. Santoro si interroga sulla differenza tra dattiloscritto e manoscritto e sull’attendibilità dell’attribuzione a Moro. Mentre nelle carte ritrovate nel 78 i contenuti erano relativamente innocui, nelle carte ritrovate del 90 c’erano informazioni che se uscite nel 78 sarebbero state compromettenti ed avrebbero potuto rovinare la carriera di Andreotti.
In studio si apre poi la discussione sull’omicidio Dalla Chiesa e si parla di una strana coincidenza: tutti coloro che hanno avuto a che fare con quelle carte sono stati uccisi. Santoro si chiede perchè Moro sia morto, le sue carte sparirono e perchè quello che diceva Moro non venne reso noto al popolo. Una giornalista ritiene che questo sia il punto cruciale, che ci deve far riflettere sul fatto che fino al 1990 non credevamo nemmeno che quelle carte fossero state scritte da Moro, quindi tutto è possibile.
Remo Girone interpreta Andreotti collegato con lo studio. Santoro lo intervista, domandandogli di Pecorelli; il presidente risponde che Pecorelli non era un uomo pericoloso, ma un inventore di storie ed a lui non dava fastidio. Ammette di avergli inviato delle pastiglie per il mal di testa, ma solo per solidarietà tra emicranici. In studio dopo l’intervista (diciamo virtuale) si ricompone il puzzle. Dalla Chiesa cercava nel carcere di Como la parte mancante del memoriale, il pezzo mancante poi ritrovato nel 90 ancora incompleto.
Santoro intervista Francesco Cossiga e Giulio Andreotti in merito al manoscritto Moro; Cossiga dichiara che solo lui e Andreotti conoscevano il contenuto, poi Santoro domanda ad Andreotti se i suoi collaboratori sapessero del contenuto del vero manoscritto e se Dalla Chiesa nei giorni del ritrovamento del manoscritto nel 1978 volesse incontrarlo. Andreotti risponde che il suo collaboratore forse non stava bene in quei giorni e che Dalla Chiesa non voleva incontrarlo.
Un attore interpreta Moro, un monologo, una lettera presa dagli stralci del manoscritto ritrovato nel 1990, indirizzata ad Andreotti. Moro lo rimprovera per le sue mancanze e per i suoi ipotetici misfatti – i finanziamenti occulti alla Dc da parte della Cia e degli industriali. Imputando ad Andreotti che se non avesse sempre pensato ai suoi interessi e avesse voluto, avrebbe potuto fare il bene del suo paese.
Santoro dichiara di essersi appassionato a Moro, perchè Moro aveva visto oltre, voleva scavare per portarci lontano. Sia Pecorelli che Dalla Chiesa hanno cercato di far uscire quello che credevano giusto per difendere forse le loro influenze massoniche. I brigatisti dopo l’omicidio Moro continuano a dire che le carte erano a via Monte Nevoso, ma noi ci siamo arrivati solo nel 1990. Tommaso Buscetta (un attore lo interpreta) a fine puntata fa un accostamento pericoloso: “Appena ho rivelato a Falcone nomi politici, lui è morto e io ho finito di vivere”.
Santoro intervista Moretti (un attore lo interpreta) delle Br, sulla distruzione delle bobbine registrate dei discorsi di Moro; l’intervistato ammette che qualcuno ha fatto sparire qualcosa, ma che le bobbine sono state sicuramente distrutte.
Nella prossima puntata tutti i nodi verranno al pettine ed il giallo si chiarirà, arrivando così ad una nuova e più innovativa versione dei fatti. A Giovedì prossimo per il gran finale.