Si parte proprio dal film: la vittoria al Festival di Cannes, una settimana fa, in cui è stato premiato l’attore Marcello Fonte. La storia, tratta da un vero fatto di cronaca, viene confrontata con quella reale di Pietro De Negri: spazio quindi alle immagini dall’aula di processo.
La dolorosa deposizione della mamma di Giancarlo Ricci: cercato per tutto il quartiere della Magliana, il ragazzo non aveva fatto rientro a casa. Eppure la sua auto era proprio vicino l’abitazione. Parla anche la sorella: per più di 12 ore, nonostante le continue ricerche, la famiglia non ne ha notizie.
Fino alle 6 e mezza del mattino successivo, quando arriva una telefonata: una voce misteriosa chiedeva “l’avete trovato?”. Stessa chiamata, racconta il padre di Giancarlo, era arrivata a sua sorella: era stata la cugina di Giancarlo a rispondere. I due abitavano in appartamenti vicini.
Amico di Ricci, Fabio Beltrano: a lui Giancarlo aveva confidato che sarebbe andato ad acquistare della cocaina dal “canaro” della Magliana. Beltrano aggiunge di non essere stato sotto effetto di sostanze: ha aspettato l’amico in auto per più di un’ora, senza preoccuparsi quando non l’aveva visto tornare.
Il pubblico ministero obietta: com’ è possibile, visto che l’auto era ad appena 100 metri dal posto? E ancora: perché Beltrano ha spostato la macchina senza restituire le chiavi? Forse perché sapeva che Ricci tanto non sarebbe più tornato?
Ma chi era Giancarlo Ricci? 25 anni, pugile, Giuliano Raffaelli ricorda di essersi picchiato con lui per qualche screzio.Ricci infatti gli rubò i componenti dello stereo dall’auto. Venuta a conoscenza del litigio, la madre di Ricci aveva tentato una mediazione, cercando di convincere il figlio a restituirlo.
Non era però l’unico stereo sottratto: sotto un tendone vennero trovate diverse apparecchiature, riguardo cui la famiglia sostiene di non sapere nulla. A confermare la rivendita di stereo rubati, uno dei compratori del quartiere.
Il centro del processo è il rapporto Ricci-De Negri, che si complica intorno alla cocaina. Dal memoriale di De Negri, si evince che proprio qui inizi la tragedia: dal ritrovamento di un etto di cocaina in una macchina rubata. Da quel momento, Ricci avrebbe iniziato insistentemente a volere la cocaina.
La madre ripete di non aver mai sentito nominare Pietro De Negri, né di sapere di una loro vicinanza.
A un certo punto, secondo il memoriale di De Negri, Ricci avrebbe iniziato a pretendere la droga senza pagare: sarebbe questo il motivo della “rivalsa”. Giuliano Raffaelli avrebbe confermato la versione in un primo momento, per poi ritrattare in aula.
Nel memoriale di De Negri sono descritte minuziosamente le sevizie inflitte al corpo di Giancarlo Ricci: amputazione di arti, orecchie, lingua e genitali, un uomo fatto a pezzi. La Corte deve allora capire se il testo del memoriale è scritto in maniera “difensiva” o meno: cioè se De Negri mira a uno sconto di pena facendosi credere pazzo, oppure se pazzo lo è davvero.
A determinare la morte, un colpo alla testa: De Negri perciò, ha inflitto su un corpo già morto. Ma De Negri, si chiedono i giudici, ha vissuto il delirio oppure l’ha solo narrato?
Dalle parole dell’ex moglie emerge il profilo di un De Negri paranoico, nonché incapace di contenersi nelle spese. La condizione delirante dell’assassino, ad ogni modo, è sicura: la donna aggiunge degli eccessi d’ira per niente, i ragionamenti “che non stavano in terra”. Si aggiungono altri particolari: nessun rapporto sessuale nell’ultimo anno, il soffermarsi sui genitali di Ricci.
Nel processo viene affrontato un ultimo aspetto: Giancarlo Ricci è stato ucciso da una sola persona? La famiglia è convinta di no.
Stefano Piva, investigatore in proprio, dichiara che De Negri difficilmente avrebbe potuto vincere sulla vittima, in quanto fisicamente meno imponente.
Per Piva si sarebbe addossato tutte le responsabilità per motivi economici. Conosceva il “canaro” perché portava da lui il proprio cane: mai cercato droga. L’ex moglie di De Negri si era accorta di questa presenza maschile, carabiniere: una presenza che le ha consentito di potersi allontanare dal marito, per poi nutrire dubbi in seguito.
La ragione principale della separazione è stata che De Negri si era innamorato di un’altra donna. Per guadagnare qualcosa in più, la signora non solo lavorava in negozio, ma andava anche a fare le pulizie nelle case: mentre c’era lei, nessuno nel negozio ha smerciato droga.
A conclusione del processo, la condanna in via definitiva a 24 anni di carcere: dopo 16 è stato rilasciato per buona condotta, e da allora non se ne hanno notizie. Dopo più di 20 anni, la madre di Giancarlo Ricci è ancora convinta che a uccidere il figlio non sia stato solo quel piccolo uomo.
La puntata si conclude qui.