La prima testimonianza di stasera è quella di Claudia, la migliore amica di Silvia. Fa la giornalista ed ha conosciuto la vittima, con cui immaginariamente interagisce nella docu-fiction. Poi la De Rossi la accoglie in studio, ricordando che al termine della trasmissione lascerà un importante messaggio.
Le vicende partono a Bologna dal giugno 2013, quando due amiche di Silvia denunciano al commissariato la sua scomparsa. La donna risponde a dei messaggi, ma in modo strano e non risponde al telefono. Silvia da due anni frequenta Giulio Caria, un muratore appassionato di tecnologia. Affidava i suoi pensieri ad un blog. Il suo profilo viene tracciato proprio dalle parole dell’amica Claudia, che si alternano con la ricostruzione filmata: era un appassionata lettrice, sapeva scrivere bene e aveva gusto nel vestire.
La sua vita comincia a diventare complicata a causa della malattia del padre: per rendere la casa del genitore più confortevole, contatta proprio la ditta del suo futuro compagno che quindi conosce in questa particolare occasione. Le immagini raccontano l’intesa crescente tra i due, che ben presto sfocia in amore, in un momento in cui la ragazza cercava fortemente l’affetto di una persona di cui potesse fidarsi.
L’aspetto fictional è preponderante, con un’accurata scelta anche del sottofondo musicale che non fa mancare pathos alla scena e tenere alto il livello emotivo. Lo spazio per le testimonianze è invece piuttosto risicato (solo quella di Claudia) e così per ora la storia della donna sembra apparire come una vera e propria fiction.
La storia tra i due giovani decolla a tal punto che Giulio va a convivere a casa di Silvia, che intanto ha trovato lavoro come agente immobiliare lasciando il suo vecchio impiego di commercialista. Mentre i costi per la ristrutturazione per la casa del padre aumentano, crescono anche i dissidi con alcuni cugini proprio a causa delle sorti del padre. È Giulio stesso a suggerirle di mettere delle cimici in casa del papà per ascoltare cosa dicono i parenti quando vanno a trovarlo.
La morte del padre rende Silvia solo al mondo: la ragazza, dunque, si attacca sempre più al suo fidanzato. I passaggi da una situazione all’altra sono abbastanza bruschi: d’improvviso l’uomo si scopre estremamente geloso della sua donna e aggressivo. Poco prima invece era una persona piuttosto tranquilla. Silvia, dunque, è costretta a dover parlare anche con le amiche di nascosto e chiedere scusa al suo uomo per azioni che sostanzialmente non ha fatto. A detta dell’amica Claudia, in quel momento la donna era convinta di avere la situazione sotto controllo. Invece, non sapeva che ad essere sotto controllo era proprio lei: Giulio infatti aveva installato delle microspie in casa sua.
Seconda testimonianza che spiega meglio chi era Giulio: parla Elena Ceria, dirigente della Squadra Mobile della Polizia di Bologna. Scopriamo che l’uomo era solito spiare, attraverso l’installazione di spie o cimici, altre persone. Una fissazione che caratterizzò anche il suo rapporto con la sua fidanzata.
Le parole di un esponente delle forze dell’ordine deviano per un attimo la direzione del programma che va sempre più verso la fiction, in cui si assiste principalmente al racconto emozionale di un amore che sboccia velocemente per poi andare verso il più drammatico degli epiloghi.
Silvia si sente sempre più soffocata da Giulio, geloso quasi al parossismo nei suoi confronti anche quando la vede parlare tranquillamente con un altro uomo. Vuole andar via da Bologna per distaccarsi un po’ dall’uomo che la stupisce nuovamente: le regala un anello di fatto uguale a quello che le aveva regalato il padre tempo addietro e che pareva aver perso.
I lavori di ristrutturazione della casa del padre di Silvia proseguono oltre il previsto e Giulio le chiede altri soldi per provvedere alle spese: ciò la insospettisce e mina la sua serenità. Comincia ad avere attacchi d’ansia e a prendere peso, anche con gli amici (che Giulio le suggerisce di allontanare) non è più la stessa. Casualmente, la donna scopre la microspia posta dal compagno nella libreria ed è sicuro che questa sia opera sua: Giulio però prontamente smentisce buttando la colpa dell’accaduto addosso ai parenti di Silvia e chiede di fare una bonifica ambientale. La donna finisce per crederle.
Dall’evoluzione della storia, comprendiamo come Giulio pare sia interessato non all’amore della sua Silvia, ma al suo denaro. L’uomo, una volta individuato i suoi punti deboli, sa sempre come manipolarla e portarla dalla sua parte. Lei per un momento riesce a staccarsene, andando dalla sua amica Claudia all’insaputa dell’uomo, che intanto deve fronteggiare la crisi economica in cui è precipitata la sua impresa. L’amica capisce lo stato emotivo di Silvia, tempestata di telefonate e messaggi da Giulio, e capisce che questo legame è malato, per questo suggerisce alla ragazza di troncare la relazione.
In questo passaggio della trasmissione, aumentano gli spazi dedicati alle testimonianze della vera Claudia, che rinforzano il resoconto della docu-fiction e permettono di comprendere meglio la grave evoluzione della storia di Silvia. L’ossessione di Giulio cresce a tal punto da terrorizzarla a distanza, attraverso delle chiamate anonime anche notturne a casa di Claudia. A quel punto la Caramazza prende la decisione più giusta per lei: tornare a Bologna per lasciare il fidanzato e decidere di andare da uno psicologo, per poi tornare a Pavia per staccare da tutto.
Tornata a casa, Silvia lascia Giulio che reagisce male. I misteri si infittiscono nei giorni successivi: Claudia legge un post sul profilo Facebook dell’amica in cui accenna al matrimonio e annuncia che andrà in vacanza spegnendo il cellulare. Allarmata per la dubbia paternità del messaggio, chiama Silvia che però non risponde. Lo stesso fanno altre amiche, con eguali risultati: al massimo dei messaggi anche sgrammaticati (tipici del modo di scrivere del compagno) come risposta che sembrano scritti da Giulio il quale sostiene che Silvia non voglia sentire nessuno. Sempre più preoccupate, parte la denuncia di scomparsa.
I dubbi sul destino di Silvia affiorano nel momento in cui Giulio dice ad un poliziotto di trovarsi con Silvia a Catania, fornendo anche un indirizzo di un’abitazione: le indagini però svelano che in realtà si tratta di un negozio e che i telefoni dei due sono in una zona nei pressi di Modena. Costretto ad andare in Questura, Caria dice di non sentire la donna da giorni e che si trova da alcuni parenti in Sicilia. Dopo, lo vediamo in Sardegna per allontanarsi da Bologna.
Il 27 giugno 2013 la scoperta agghiacciante: Silvia Caramazza viene trovata morta nel suo appartamento, chiusa in un congelatore all’interno di due sacchi di plastica. Sul muro della stanza dove è collocato il freezer, degli schizzi di sangue. Per l’occasione, la scena viene ricostruita attraverso anche l’utilizzo di vere immagini girate nella stanza dopo il rinvenimento e la rimozione del cadavere. Niente, tuttavia, di forte.
Caria è in Sardegna in un agriturismo cercando di far perdere le sue tracce. Gli inquirenti però lo braccano e lui si dà alla fuga abbandonando l’auto, di proprietà della vittima, scappando nei boschi. La fuga però dura poco, perché i Carabinieri riescono ad arrestarlo. Le scene che ricostruiscono gli ultimi istanti di libertà di Giulio sono molto da fiction d’azione, con inquadrature volutamente mosse per dare movimento e pathos alla scena.
La De Rossi, con voce fuori campo, annuncia la messa in onda dell’audio originale dell’interrogatorio dell’uomo davanti al giudice: Caria nega ogni accusa. Ad aggiungere dettagli sull’accaduto l’ex avvocato difensore di Caria. La docu-fiction ora lascia spazio al racconto delle indagini che hanno incastrato Caria.
Al termine di questo breve resoconto delle indagini, la docu-fiction arriva al suo ultimo atto, con la ricostruzione dell’omicidio di Silvia. Caria l’avrebbe assassinata con un attizzatoio. La scena non è efferata, ma rende l’idea della pazzia che ha colto Silvia nel percuotere a morte il corpo della sua compagna. L’uomo avrebbe acquistato il frigorifero, usato, in un negozio specializzato intestando la fattura ad un ex della donna: tanto sarebbe bastato per scoprire il suo crimine.
La magistratura lo ha condannato a 30 anni di reclusione. In carcere il suo comportamento è stato turbolento, con atti di autolesionismo e aggressioni a secondini e altri detenuti. Ciò gli è valso un anno ulteriore di condanna.
Termina qui la quarta stagione de Il terzo indizio.
Ricostruire omicidi attraverso il ricorso al racconto filmico può essere uno strumento utile per cercare di far capire ai telespettatori cosa è accaduto e quali sono state le tappe che hanno portato a esiti così drammatici delle storie raccontate. Tuttavia, il puntare quasi esclusivamente su questo aspetto, dando poco spazio a testimonianze di protagonisti diretti o indiretti degli eventi o a riferimenti agli atti processuali comporta il rischio di trasformare il programma in una vera e propria fiction e, di conseguenza, di suscitare emozioni intense nel telespettatore con le stesse tecniche del linguaggio della serialità tv.
Non a caso, in questa puntata si è indugiato non poco su particolari che potevano essere trattati in misura minore, come ad esempio l’innamoramento dei due. Un’altra prova del costante ricorso ai codici della fiction si è riscontrata al rientro da ogni stacco pubblicitario, quando un filmato spiegava in pillole quanto accaduto in precedenza, in una sorta di “Dove eravamo rimasti?”, tipico delle serie tv e anche delle soap. Il ruolo stesso di Barbara De Rossi, sostanzialmente di raccordo fra un blocco filmato e l’altro, è una prova ulteriore del grande spazio destinato alla ricostruzione fictional.
In tal senso, anche il resoconto giornalistico si è innestato, quasi sacrificandosi, nella ricostruzione filmica: la prova sta nell’effetto scenico che ha coinvolto Martina Maltagliati, cronista Mediaset che ha aiutato la De Rossi in studio a seguire il corso degli eventi. La giornalista a volte è di fatto “entrata” nella storia per poi lasciare parola e spazio agli attori protagonisti. Sarebbe stato necessario, in conclusione, un più oculato dosaggio degli ingredienti per offrire una ricostruzione dei fatti più bilanciata e meno emozionale.