In apertura alcune precisazioni affidate a Sara Rosati – la co-coduttrice del programma – sui rapporti tra il fratello del Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa e la Loggia Massonica P2. L’accostamento pare confermato da alcune richieste di iscrizione e da altri documenti che sembrerebbero attestarne qualche tipo di coinvolgimento.
Michele Santoro prende la parola riassumendo tutte le incongruenze emerse in merito al rapimento e all’omicidio di Aldo Moro. Da quelle legate all’assalto in Via Fani alle modalità dell’esecuzione, dai depistaggi all’ambiguità della politica, dai dubbi sul reale luogo della detenzione al coinvolgimento dei Servizi Segreti statunitensi.
Si apre un primo momento teatrale della serata, con Licio Gelli, interpretato da Andrea Tidona, intervistato da Michele Santoro. Descrive la natura, la formazione, la composizione e gli scopi della P2.
Poi la ricostruzione prova a delineare il ruolo volutamente ambiguo di Licio Gelli e della P2 in tutta la vicenda Moro. Racconti vaghi, imprecisi e fumosi, fatti di allusioni più che di chiarezza.
Ora un nuovo spezzone della fiction che è parte integrante di questa serie di “M”.
Si racconta delle rivelazioni del Capitano “G”, un ufficiale dei Carabinieri – interpretato da Alessandro Haber – che ebbe delle soffiate sul reale luogo in cui veniva tenuto prigioniero Aldo Moro. Si trattava di una palazzina in Via Massimi, 91, di proprietà dello IOR, la banca del Vaticano.
Rivelazioni anonime e indagini segrete portavano a questo palazzo, situato in un punto strategico e in cui c’erano dei non meglio identificati “americani”. La stranezza è rappresentata dal fatto che l’appartamento in questione fu l’unico non perquisito dagli investigatori.
La stessa che coglie un’altra rivelazione, sull’uccisione del giornalista Mino Pecorelli: il coinvolgimento dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari, di stampo fascista), i collegamenti tra l’omicidio del Generale Dalla Chiesa, quello Pecorelli e quello di Moro. Le orchestrazioni e i depistaggi di cui erano vittime le stesse Brigate Rosse e in cui erano coinvolti la politica, i servizi segreti e la malavita. Un gigantesco gioco di potere sviluppato su più livelli.Nella ricostruzione teatrale fatta in studio, i brigatisti Mario Moretti, Mauro Meconi e Valerio Morucci rispondono alle domande di Michele Santoro. Le loro risposte tendono a falsificare la ricostruzione che mette nsieme Brigrate Rosse, politica, Servizi Segreti, P2 e malavita.
Il ritorno alla fiction riporta in primo piano il Capitano “G”, che fornisce – stavolta a distanza di anni – nuove rivelazioni alla giornalista Silvia Saluzzi. La ricostruzione del rapimento di Aldo Moro diventa ancora più improbabile e chiama in causa una collaborazione tra il brigatista Morucci e i Servizi Segreti. Lo stesso ruolo delle Digos dell’epoca appare tutt’altro che chiaro. Mentre tutti i tasselli sembrano portare all’appartamento dello IOR in Via Massimi, 91.
Un luogo che pare fosse occupato da una società statunitense che si occupava di radar militari. Lì circolavano anche servizi segreti libici e iraniani.
È il momento dell’intervista a Maria Fida Moro. La figlia dell’ex leader della Democrazia Cristiana dic euna cosa molto forte: “Sarebbe stato meglio se avessero ucciso mio padre durante l’agguato in Via Fani. Il nostro Paese sta vanificando le cose fatte nel secondo dopoguerra. Mio padre lavorava solo a fin di bene, era inevitabile che foss eucciso. Alla fine i più cattivi con lui sono stati i pochi che avrebbero dovuto volergli bene. C’è tanta gente che ha costruito un business sulla morte di mio padre. Ma se mio padre avesse avuto un amico non sarebbe morto”.
Chiude poi con un duro attacco a Gero Grassi – giornalista e scrittore – che secondo lei si è rivelato molto meno amico di quanto potesse sembrare. “Voglio dimettermi da figlia di Aldo Moro”.
La giornalista e scrittrice Stefania Limiti interviene e dice che la riconìstruzione che tutti abbiamo dato per buona finora è solo una ricostruzione fatta a tavolino e che accontenta tutte le parte in causa.
I giornalisti Lanfranco Pace e Annalisa Chirico tende a ridimensionare la portata delle trame che realmente potrebbero essere dietro la questione Moro. Secondo loro, il tipo di coinvolgimento di cui furono protagonisti i servizi segreti anche americani rientrava nelle loro normali operazioni di infiltrazione.
Nel dibattito che segue, Marco Damilano – Direttore de L’Espresso – torna ad evidenziare i troppi punti poco chiari e le apparenti coincidenze. Un insieme di fatti da inquadrare che coprono un raggio molto ampio, fino a coprire l’intera stagione dello stragismo italiano.
La discussione prosegue con un approfondimento sulla figura di Licio Gelli e la P2. Una loggia segreta di cui non si sono mai conosciuti i reali confini e né la profondità dell’influenza.
Sembrano essere questi alcuni tra i tasselli più importanti che mancano per poter ricostruire davvero il quadro così complesso della vicenda Moro.
La puntata si avvia alla chiusura con le parole di un Aldo Moro – impersonato da Gaetano Aronica – amareggiato e deluso dalla Democrazia Cristiana, da cui si dissociò.
Maria Frida Moro esprime la sua convinzione che la sua rinuncia alla politica e ai suoi ruoli nella Dc facevano parte di un tentativo di essere liberato. Tentativo che, sempre secondo sua figlia, sarebbe effettivamente riuscito in un primo momento. Poi, qualcuno l’ha ucciso prima che la liberazione si completasse.
La puntata finisce qui, riassunta dalle parole della figura teatrale di Licio Gelli: “Siamo andati vicini alla verità, ma non si è voluto andare fino in fondo. Penso – penso – che Moro avrebbe potuto essere salvato”.