Professore, qual è l’idea di fondo di Argo?
Raccontare la storia attraverso i suoi grandi temi, i grandi sogni, le aspirazioni, la giovinezza, la ricchezza, l’amore, la velocità la libertà, la frontiera, il corpo, il silenzio. Nella prima puntata partiamo dalla giovinezza, con il suo eroismo e l’incoscienza le scelte, la scoperta delle vocazioni, le passioni mutevoli e l’incertezza.
E come nasce Argo?
Diciamo che gli Argonauti rappresentano un po’ il pretesto, con la loro navigazione, la loro esplorazione. E Argo (che è anche il nome della nave con cui Giasone e gli Argonauti sono andati a caccia del vello d’oro, ndr) è appunto una esplorazione storica che va per argomenti che toccano la sensibilità umana, le emozioni forti e violente che ci fanno sentire vivi. Io sarò in una specie di hangar che rappresenta il ventre della nave Argo e un po’ gioco a essere complice di Giasone. Mi sono anche divertito molto a realizzare questo programma, lo devo ammettere.
Lei è un po’ il narratore, insomma, la memoria storica?
Io, da quel ventre immaginario, traccerò le origini più antiche, mitologiche del tema proposto ogni settimana, mentre i miei giovani inviati andranno a caccia di nuove tracce e storie nei secoli più recenti e proporranno servizi nei luoghi teatro di eventi e curiosità sorprendenti.
Professore, quanto è importante il passato per poter capire davvero il presente?
Il passato è molto importante perché ci consente di capire meglio il presente, che è inconsistente, veloce, impossibile da fermare. Il passato, invece, è fermo e quindi si lascia studiare.
Argo non è il suo primo programma: che valore ha per lei la tv?
Io non cerco la tv e non insisto mai per farla: se mi chiamano vedo se quello che mi propongono è interessante e nel caso lo faccio.
La tv quanto è importante per far arrivare alle persone la nostra storia, le nostre radici?
La tv è un mezzo e come tutti se usato bene può essere importantissimo, se usato male invece… un disastro.
C’è un programma, tra quelli che ha già condotto, cui è particolarmente affezionato?
Direi Metropoli di Gregorio Paolini: bello, con una grande potenza espressiva e una forza d’animo incredibile. L’ho amato davvero molto.
I suoi romanzi e le sue trasmissioni televisive hanno sempre riscosso un grandissimo successo. Qual è la ricetta per entrare nel cuore dei lettori e del grande pubblico televisivo?
Non credo ci sia una ricetta vera e propria; ritengo più che altro indispensabili l’intensità della scrittura e la sua forza emotiva. L’emozione è fondamentale nella vita. Se la storia è il tentativo dell’umanità di creare, il mezzo della sua narrazione è proprio l’emozione.
Spesso la scienza del passato viene definita inutile. Lei cosa ne pensa?
Rispondo con una domanda: la Nona di Beethoven è inutile? L’Infinito di Leopardi, la Divina Commedia servono a qualcosa? Proprio per questo sono indispensabili, perché ci fanno grandi e più liberi; senza saremmo miserabili.
Eppure si fa sempre tanta fatica a trovare fondi statali da investire nella cultura. Perché?
Il Mecenatismo, vale a dire gli uomini, si è sempre occupato di cultura, di seguirla, promuoverla, sostenerla; perché dovrebbe farlo ora il governo? Facciamolo noi uomini! Io stesso sono presidente di una Fondazione teatrale: mica aspetto gli altri, ci penso io in prima persona.
Dopo Argo, la rivedremo in tv?
Vedremo quello che mi verrà proposto. Io non mi cruccio mai per la tv: diciamo che da grande non voglio fare il conduttore televisivo.