L’appuntamento è dunque alle 20:20 sulla terza rete diretta da Stefano Coletta. Venticinque sono le puntate complessive in onda dal lunedì al venerdì. La produzione è della Hangar TV di Gregorio Paolini. Ogni puntata ha la durata di circa mezz’ora ed è dedicata ad un personaggio comune ma di volta in volta differente.
Abbiamo incontrato l’autore e regista Domenico Iannacone che ci ha spiegato la genesi del programma.
Com’è nata l’idea di “Che ci faccio qui”?
«Innanzitutto il titolo rimanda immediatamente ad una domanda che ognuno di noi si è posto molte volte nella propria vita. Io ho incontrato persone che si sono trovate su posizioni differenti rispetto alla vita fatta di tante combinazioni. E ognuna delle persone incontrate da una spiegazione di quanto è cambiato nella propria esistenza».
«Sembra quasi un viaggio sociologico».
«È proprio così. Io cerco di indagare la dimensione intima delle persone che raccontano la loro visione della vita, le proprie aspirazioni con un occhio anche al passato. Ogni puntata è un vero e proprio microfilm dedicato ad un protagonista differente».
Questa volta il programma avrà uno studio o sarà ancora on the road?
«Avremo un luogo dove operare che io considero una sorta di caverna di Platone. Il mito della caverna di Platone è uno dei più conosciuti della mitologia greca. È una metafora del filosofo ateniese. Platone lo racconta all’inizio del settimo libro della Repubblica: si immagina dei prigionieri incatenati fin dalla nascita in una caverna».
Che accade dunque in questa caverna?
«È il mio luogo ideale da dove parte tutto. Dieci personaggi vengono in studio (ovvero nella caverna di Platone) e qui si raccontano. Le altre 15 puntate invece sono in esterna e qui io sono sempre presente ma come una sorta di narratore silente».
Come sono stati trovati tutti i personaggi della serie?
«Nel corso del mio programma precedente “I 10 comandamenti”, io ho incontrato molte persone che erano meritevoli di essere raccontate in una chiave differente da quella utilizzata allora. In “Che ci faccio qui” ognuno avrà uno spazio proprio e sarà protagonista assoluto, libero di raccontare la propria esperienza di vita facendo così in modo che i telespettatori passano anche immedesimarsi nelle vicende raccontate».
«Lunedì 6 maggio inauguriamo il programma la storia di Jago, scultore ribelle. Ho incontrato questo giovane e talentoso di soli 32 anni che da bambino sognava di diventare una sorta di nuovo Michelangelo. Infatti sa scolpire la pietra come pochi nel mondo. Si era iscritto all’Accademia di Belle Arti ma l’aveva lasciata perché era stato scelto per una esposizione alla Biennale di Venezia. La sua Accademia non gli ha dato il permesso di partecipare così lui l’ha lasciata senza più riprenderla. Adesso vive negli Stati Uniti ed è uno scultore emergente. La sua opera più importante ritrae papà Benedetto XVI senza occhi. Questa statua è diventata un vero e proprio caso nel mondo dell’arte moderna».
Gli altri protagonisti?
«Il secondo protagonista Gregorio, un ex pugile professionista che vive con il suo gregge a Tor di Quinto, un quartiere di Roma. Si è ricavato una piccola nicchia per gli animali e lui vive in una roulotte vendendo il latte delle pecore e facendo uso delle elemosine delle persone. La terza puntata è dedicata a Cristina Cattaneo medico legale che sta cercando ancora di dare un nome alle vittime della strage del mare di Lampedusa in cui morirono 800 persone. Avremo poi nella quarta puntata un maestro in pensione che su un singolare tre ruote consegna gratuitamente libri a bambini indigenti della Basilicata. Infine avremo una puntata interamente dedicata a Camilleri».
Trovo il programma di Iannacone interessante e commovente, unico e delicato, umano e, come tale, anche amaro. Mi procura una sorta di anestesia dallo squallore che invade in genere la tv, salvo pochissime eccezioni. Quando finisce mi addormento e sogno un mondo diverso, come quello descritto nei brevi filmati
Grazie di esistere.