Maggi ha anche sostituito Fabrizio Frizzi nel doppiaggio Toy Story 4. Inoltre per la prima volta ha ricevuto un nastro d’argento nel settore doppiaggio per il film Stanlio e Ollio. Si è fatto apprezzare in Italia per essere stato la voce di moltissime star hollywoodiane tra cui Tom Hanks in Cast Away, Bruce Willis in The Sixth Sense, John Turturro in moltissimi film ma anche nella serie Il nome della rosa trasmessa a marzo da Rai 1. Inoltre ha dato la voce Gary Oldman, Robert Downey Jr, Danny Huston, Steve Buscemi, Rupert Everett in Shakespeare in love e Sogno di una notte di mezza estate.
Angelo Maggi ama definirsi il “doppiAttore “. E si chiama proprio così, con sottotitolo “la voce oltre il buio“, il suo spettacolo teatrale che sarà da Milano dal prossimo 17 ottobre.
Abbiamo incontrato Angelo Maggi che ci racconta l’importanza del doppiaggio in Italia ed i suoi progetti futuri.
Ne “Il doppiAttore – la voce oltre il buio” qual è il ruolo che ricopre?
«Innanzitutto racconto chi è un doppiAttore. In realtà sono stufo di chi mi chiede sempre “ma lei è un attore o un doppiatore?”. Spiego dunque il significato di prestare la voce ad altri trasformando le emozioni date in una lingua in quelle espresse in un altro idioma. Tra l’altro sul palcoscenico doppio dal vivo e presento anche delle clip oltre ad ospiti d’onore».
Qual è la situazione del doppiaggio in Italia?
«Nel nostro paese il doppiaggio è arrivato nei primi anni ’30. Siamo stati la nazione promotrice. Oramai il doppiaggio è una pratica internazionale ma noi siamo i migliori. I nostri doppiatori sono giunti alla sesta generazione».
Esiste allora una generazione di giovanissimi doppiatori?
«Sicuramente. Mi riferisco in particolare ad Alex Polidori, Davide Perino e Gianfranco Miranda. Ma ce ne sono tanti altri che rendono onore alla professione».
C’è stata una polemica secondo la quale sarebbe meglio proiettare i film in lingua originale con i sottotitoli…
«Con i mezzi a disposizione oggi chiunque può seguire i film in lingua originale. Ma ci sono anche persone che hanno una scarsa conoscenza di altri idiomi. Bisogna dunque dare a loro la possibilità eseguirli nella lingua madre. Pensi ad esempio ad un film in cinese. Non sono ancora molte le persone che conoscono la lingua».
Della sua generazione, quali sono i doppiatori secondo lei più bravi?
«Siamo in tantissimi, da Luca Ward a Francesco Pannofino fino a Pino Insegno. Ma davvero la qualità è molto alta per tutti».
C’è differenza nel doppiare un film o una serie TV?
«L’impegno è lo stesso ma c’è una differenza: per il grande schermo si ha un tempo più lungo a disposizione, per le serie TV invece bisogna essere molto più veloci».
È stato semplice doppiare Turturro ne Il nome della rosa?
«Diciamo che non è stato facile, sono stato molto aiutato dal regista Giacomo Battiato e dal direttore del doppiaggio Francesco Vairano. Ho cercato di rendere tutte le diverse sfaccettature di Turturro».
Ci svela qualche altro personaggio a cui ha dato la voce?
«Ho doppiato Jorah Mormont (Iain Glen) ne Il trono di spade e Tom Hanks in Notthing Hill».
Invece per quanto riguarda la serialità televisiva?
«Da 17 stagioni sono tra i doppiatori della serie NCIS e sono nella settima stagione di The Blacklist e doppio I Simpson da 30 anni, dove sono la voce del commissario Wincester».
Impegni teatrali futuri?
«Sono in tour con il mio gruppo Iron Bad. A settembre, in particolare il 19, saremo a Roma per la presentazione del nuovo spettacolo “Ma che cos’è questa crisi”».