Chissà forse ha portato male il giorno dell’esordio, venerdì e anche 17: fatto sta che dopo alcune settimane la programmazione è stata spostata in tarda serata il lunedì. Molto meglio il teatro. A poco più di un anno da Sarto per signora di Georges Feydeau, dove aveva vestito i panni del farfallone dottor Molineaux, Emilio Solfrizzi è tornato sul palcoscenico, dove, dopo una tournée in giro per l’Italia, è approdato al Teatro Quirino, con un altro grande classico della commedia francese, Il borghese gentiluomo di Molière, per la regia di Armando Pugliese che mette in scena il testo tradotto e adattato da Annarosa Pedol.
Emilio, andiamo con ordine: parliamo di questa fiction, Amore pensaci tu. Un tema attuale ma non ha convinto il pubblico.
“Abbiamo affrontato le dinamiche familiari in questa fiction, prodotta da Publispei, in coproduzione con RTL. Stiamo raccontando le vicissitudini di quattro papà a tempo pieno che si muovono all’interno di famiglie nelle quali i ruoli si sono invertiti drasticamente. Quello che accomuna uomini e donne è la sfida quotidiana a restare insieme, amarsi, rispettarsi, non impedire all’altro di essere sé stesso e trovare la propria felicità, senza dimenticarsi, ovviamente, di portare i propri figli in tempo a scuola”.
Soddisfatto del suo personaggio?
“Certamente. Io sono Luigi, sposato con Gemma, l’attrice Valentina Carnelutti. Noi due siamo la ‘coppia portante’ della fiction: intorno a noi gravitano le avventure principali di altri protagonisti della storia. Io sono nella storia un uomo all’antica, testardo e duro fuori, estremamente tenero e affettuoso dentro, costretto a sacrificare il comando della propria ditta edile di famiglia, nella quale anche mia figlia maggiore, Chiara, interpretata da Margherita Vicario, lavora, per occuparmi in maniera seria, per la prima volta, della mia famiglia”.
Invece ha avuto successo con la pièce teatrale, Il borghese gentiluomo. Come nasce l’idea di questo spettacolo?
“Sono fortunato: da alcuni anni lavoro con lo stesso produttore; ho iniziato con la commedia Due di noi di Michael Frayn, con Lunetta Savino, portata in giro per tre stagioni consecutive. Frayn era un amante di Feydeau, maestro della comicità francese e successivamente, scelta obbligata, abbiamo messo in scena Sarto per signora. Feydeau è stato considerato sempre il secondo dopo Molière. E allora ci siamo tutti chiesti: perché non mettere in scena qualcosa di Molière? Una bella scommessa e una sfida portata in scena con la stessa compagnia di Sarto per signora con in più tre attori”.
C’è una similitudine fra Feydeau e Moliere?
“No, perché sono vissuti in tempi diversi. Feydeau si avvicina più ai tempi nostri, tra fine ‘800 e i primi del ‘900 e mette alla berlina più una certa ‘pruderie’, i costumi sessuali dell’epoca, Moliere disegna un’epoca, quella del ‘700, anticipando i tempi: lui mette alla berlina, nella Francia sotto Re Luigi XIV, la borghesia che si stava formando allora. Prima c’era solo popolo e nobiltà”.
C’è un messaggio contenuto in questa pièce?
“Questo testo conserva la sua modernità. Il regista Pugliese, nella lettura che ne ha voluto fare, ha voluto cogliere il lato più poetico, più commovente. Jourdain, il mio personaggio, è un archetipo, un arrampicatore sociale che con i suoi denari cerca di comprare titoli nobiliari. Qui abbiamo voluto approfondire il suo desiderio di migliorarsi, utilizzando il suo denaro. Ambisce alla nobiltà, come luogo ricco di civiltà e di bellezza, per liberarsi dall’ignoranza. In scena non ci sarà la corte di Francia, ma un luogo pieno di sbarre, che rappresenta uno spazio dell’anima dove si dibatte il protagonista. E’ il luogo dell’ignoranza, da dove vuole fuggire. Si dimostrerà migliore delle persone che gli stanno vicino. Questo è il messaggio”.
Chi possono essere oggi i borghesi gentiluomini?
“Gli arrampicatori sociali, i nuovo ricchi, quelli che si comprano, ad esempio, il Milan, quelli che frequentano i reality, che vogliono la visibilità a tutti i costi”.
Ha fatto cinema, tv, teatro. Quali momenti della sua carriera ricorda con più piacere, con più nostalgia?
“No, non sono un nostalgico, sono sempre proiettato verso il futuro. Vengo sempre rimproverato dai miei figli di essere poco nostalgico. Per la tv ricordo con piacere Tutti pazzi per amore, una fiction di grande successo, ma anche innovativa, scritta da Ivan Cotroneo. Una volta tanto non era un format straniero, ma un prodotto nostro originale, dovuto alla bravura degli autori e di chi l’ha voluto. In cinema ricordo il film di Eugenio Cappuccio, Se sei così, vieni così, in cui ho interpretato il personaggio di Piero Cicala. Ma ho tanti altri ricordi, momenti felici della mia carriera”.
Cosa c’è nel futuro di Emilio Solfrizzi?
“Riprenderemo a novembre prossimo questo spettacolo, che è stato accolto benevolmente da pubblico e critica nelle piazze dove l’abbiamo portato. Sto poi vagliando due progetti di cinema e aspetto di tornare in tv con un bel lavoro ancora da concretizzare. A tempo debito ne parleremo. La Tv…. può attendere, ora mi dedico con passione al teatro, che tante soddisfazioni mi sta dando”.