L’appuntamento con la nuova proposta di Rai 2, Maledetti Amici Miei, è in prime time. Accanto a Giovanni Veronesi ci sono Alessandro Haber, Rocco Papaleo e Sergio Rubini.
Maledetti amici miei – il programma
Maledetti amici miei è uno show televisivo nel corso del quale i quattro protagonisti si raccontano a cuore aperto svelando ai telespettatori episodi inediti del proprio passato, sia personale che professionale. Ognuno di loro ha un ruolo ben specifico come vi abbiamo anticipato, e in ogni puntata ci saranno degli ospiti con i quali i quattro buontemponi interagiranno.
Presenze fisse delle sette puntate previste sono Max Tortora e Margherita Buy. Maledetti amici miei nasce dalla constatazione dei quattro protagonisti di voler finalmente liberare il proprio animo da quanto non hanno mai svelato in passato. E sono arrivati a questa determinazione perché tutti e quattro hanno ampiamente superato i 50 anni, età che rappresenta per loro il giro di boa.
Ospiti della prima puntata sono Carlo Verdone e Giuliano Sangiorgi.
Il programma non è indiretta ed ogni puntata viene registrata nell’immediato della messa in onda. La durata è di 2 ore e mezza.
Ecco l’intervista a Giovanni Veronesi
Come nasce l’idea dello spettacolo televisivo?
«Noi quattro non solo siamo amici nella vita, ma abbiamo portato in teatro uno spettacolo dal titolo A ruota libera. Con grande sincerità ci siamo raccontati sul palcoscenico in maniera goliardica e leggera. Quando una sera il direttore Carlo Freccero ha visto lo spettacolo, eravamo all’Ambra Jovinelli a Roma, ci ha proposto di portarlo in tv. Noi lo abbiamo fatto rispettando tutte le regole televisive. Per me è stata un’esperienza estremamente gratificante che però non avrei mai fatto se fossi stato da solo».
Ci racconta come saranno organizzate le vostre gag?
«Noi ci raccontiamo e, parlando del nostro passato, faremo nomi e cognomi delle persone coinvolte. Ci facciamo scherzi reciproci anche abbastanza pesanti».
Può anticiparne uno?
«In una puntata prendiamo di mira Alessandro Haber che noi chiamiamo vecchio perché ha 72 anni. Gli abbiamo organizzato il funerale e preparato un vero e proprio trailer nel quale ognuno di noi parla di lui e ne decanta le lodi ma ne mette in evidenza anche i difetti. I telespettatori lo vedranno ed assisteranno anche alla reazione dell’interessato che non anticipiamo».
Lei è anche il conduttore del programma radiofonico Non è un paese per giovani su Radio 2. Considera anche questa un’esperienza positiva?
«La radio è il mio orgoglio. Il programma è nato davvero per caso quando i miei nipoti hanno deciso di lasciare l’Italia per trovare lavoro all’estero. Io mi sono chiesto perché accadeva tutto questo. Sono trascorsi sei anni e adesso il mio punto di vista è cambiato. Infatti dal prossimo gennaio Non è un paese per giovani ospiterà un ampio spazio nel corso del quale daremo voce a quei giovani che sono andati all’estero ma sono ritornati in Italia. Chiederemo loro il motivo di questa scelta e come considerano l’esperienza oltre confine. Ammetto sinceramente che desidero il ritorno di tutti coloro che sono andati via. Vorrei far capire ai ragazzi che in Italia abbiamo un immenso patrimonio di cultura e di letteratura che tutti gli altri paesi ci invidiano».
I ragazzi però all’estero trovano maggiori possibilità professionali.
«È vero, i politici parlano sempre di ampliare le risorse per i giovani ma c’è bisogno di un motore nuovo. Significa che deve essere facilitato l’accesso alla professione ed ai mestieri. In Belgio ad esempio basta una sola settimana per ottenere la licenza finalizzata ad aprire un’attività lavorativa».
Lei è famoso per i suoi monologhi mattutini all’interno di Non è un paese per giovani. Come nascono?
«Ogni mattina, appena sveglio, ho già un’idea di quanto vorrò proporre al pubblico della Radio. Alle 7:00 scrivo direttamente sul mio telefono l’argomento e le mie impressioni, mando alla redazione e trovo tutto pronto alle 12:00 in punto. Scrivo di istinto. Alcuni monologhi li utilizzerò in Maledetti amici miei. Queste mie opinioni mi consentono di essere vicino alla gente che mi ascolta e mi ferma per strada per farmi i complimenti. Ed è davvero una gratificazione impagabile».