Si tratta di sei puntate che approdano al prime time della rete diretta da Stefano Coletta e che raccontano, in ogni appuntamento, una tematica particolare. Tutto è affrontato sotto l’ottica di Iannacone che tende a ricongiungere i luoghi e le persone che li abitano nonostante i disagi documentati puntata per puntata.
Abbiamo incontrato il giornalista che ci ha anticipato le tematiche del programma ed ha espresso la sua opinione sullo stato dei talk show.
“I Dieci Comandamenti” occupano lo spazio appartenuto a Fabio Fazio con “Che tempo che fa” attualmente su Rai 1. Timore del confronto?
Si tratta di una sfida che esula assolutamente dalla paura. Insieme al team che ha lavorato ai programma, ho la certezza di aver realizzato un ottimo lavoro. D’altra parte la collocazione è abbastanza fluida, compresa tra un access prime time e una prima serata.
Quali conseguenze ha avuto per Rai 3 l’uscita di Fabio Fazio?
Ha liberato spazio per i documentari. Inizialmente io lavoravo con Riccardo Iacona e andavamo in onda proprio la domenica sera. Successivamente c’è stato lo spostamento a lunedì. Adesso ci riappropriamo della vecchia collocazione che ritengo la più giusta.
Dopo la seconda serata, adesso il prime time pone qualche problema di ascolto in più. Quali sono le vostre aspettative?
Innanzitutto contiamo sull’apprezzamento del pubblico. In termini di cifre puntiamo a qualche punto di share in più rispetto al docu-reality “Le ragazze del ’68” (significa intorno al 5% di share n.d.r.). Inoltre la seconda tarda serata escludeva una fascia di pubblico che il giorno dopo deve svegliarsi presto per andare a lavorare.
La domenica avete contro sia “Che tempo che fa” sia “Non è L’Arena”. Preoccupazioni?
Massimo Giletti su La7 conduce un talk show oramai rodato, Fabio Fazio con “Che tempo che fa” è al timone di un appuntamento di attualità ma gestito in una maniera più leggera. Noi realizziamo un docu-reality basato sul racconto esterno, senza cioè lo studio.
Perché ha abbandonato il suo posto a Ballarò, dove era inviato?
Ho lasciato Ballarò al massimo della visibilità perché ho capito che i talk show erano soltanto una messa cantata ed erano diventati un surrogato della realtà. Non rispondevano più alle mie esigenze professionali.
Vuol dire che il suo giudizio sui talk show è negativo?
Attualmente sì. Adesso questo genere, che una volta era monotematico, si occupa di tutto: dalla politica alla attualità, dal gossip, fino ai romanzi di appendice ed alla comicità. Non solo ma i talk hanno cancellato la seconda serata. Adesso anestetizzano i telespettatori dalle 21:00 alle 24:00 e oltre. Nonostante ciò è un genere battuto perché costa poco. Si riempie uno studio di ospiti e si racconta un’Italia in maniera superficiale. Ballarò inizialmente proponeva delle puntate monotematiche che adesso non esistono più.
Come sarà strutturata la formula de “I Dieci Comandamenti”?
Ogni puntata sarà dedicata ad un tema. Domenica 19 iniziamo con “la terra dei fuochi”. Poi continuiamo con un’inchiesta su Castel Volturno, una puntata dedicata al grande musicista Ezio Bosso, due appuntamenti in cui si parlerà di persone che hanno dedicato la propria vita agli altri e infine una puntata che abbiamo chiamato “l’intruso”. Ci riferiamo in particolare a coloro che in attesa di un trapianto sono costretti ad accogliere “l’intruso” per salvarsi.
Vuol dire che c’è un filo conduttore di tutte le puntate?
Certamente sì. Vogliamo ridare spazio a tutte quelle verità non dette che porteremo all’attenzione dei mass media. Il nostro sarà un programma basato su inchieste che si rifanno ai metodi di Zavoli e Comencini. Siamo differenti ad esempio dalla frammentazione esistente nei tanti servizi de “Le Iene” dove manca il filo rosso ed il racconto abbraccia troppi generi.
Come ha scovato le storie che racconta?
Molte sono rimaste nella mia memoria fin dai tempi in cui ero inviato di Ballarò. Altre sono state scelte grazie alle numerose lettere che arrivavano in redazione. Il nostro programma funziona perché racconta vicende in cui la gente si identifica e si ritrova.