Avete vinto la seconda edizione di Eccezionale Veramente, purtroppo la più sfortunata. Che esperienza è stata?
Sfortunata da un punto di vista degli ascolti, però per noi l’esito si è rivelato fortunato visto che ci ha permesso di partecipare a Colorado.
Comunque è stata un’esperienza più che positiva: per noi era anche la prima volta in tv. Anzi, no: in realtà la nostra primissima apparizione televisiva è stata ad Affari Tuoi nel 2015: abbiamo fatto un piccolo sketch durante una puntata.
Oltre a Colorado, avete in cantiere altri progetti per la Colorado Film?
Il contratto vinto a Eccezionale prevede due anni con la Colorado Film. Per ora siamo nella trasmissione, di più non sappiamo. Però è prevista anche la partecipazione alle loro produzioni cinematografiche: non so, magari potremmo avere una piccola parte, un’apparizione.
Come nascono i Bella Domanda?
Ci siamo conosciuti nella stessa accademia di doppiaggio a Torino, scelti da un insegnante di teatro per una dimostrazione.
Qualche tempo dopo, io ho iniziato a fare qualcosa nel teatro dialettale piemontese. Siccome avevo bisogno di una persona, ho chiamato la scuola. Lì mi hanno fatto il nome di Paolo Carenzo; a quel punto mi sono ricordato che era il ragazzo della dimostrazione.
I Bella Domanda nascono perché in un locale ci chiesero con quale nome ci esibivamo: i nostri veri nomi Paolo Carenzo e Mafe Bonbi non andavano bene. La risposta immediata fu: “Eh, bella domanda”.
Nell’ambiente comico si è delineata una forte contrapposizione tra cabaret e stand up comedy: cosa pensate al riguardo?
Che non c’è dibattito, nel senso che cabaret e stand up comedy hanno la stessa natura. Pure Beppe Grillo ha fatto “stand up comedy”: non è una novità. L’idea di una comicità che si rifà ai modelli americani è giusta, ma sta diventando una moda. Noi per sfida un giorno faremo la “sit down comedy”.
Interviene Paolo Carenzo: “Evidentemente noi in Italia abbiamo sbagliato qualcosa nella traduzione”.
Però la comicità più “popolare” come quella di Colorado e Made in Sud perde pubblico, è un dato.
In realtà quest’anno gli ascolti di Colorado si stanno alzando, ma è vero che c’è un calo di affezione a livello generale. Magari fisiologico. Mi dispiace leggere critiche scriteriate, accade spesso, perché invece in un programma come Colorado si può salvare tanta roba.
Non crede che le critiche siano motivate da un format sempre uguale a se stesso?
Si perdono un po’ le individualità, questo è vero: perché in questi contenitori i meccanismi sono in un certo senso obbligati. Però ripeto: ci sono delle cose da salvare.
Ad esempio?
A Colorado quest’anno c’è stato un tentativo che ci ha ricordato Renzo Arbore: creare un salotto di comici che improvvisano, seppur con tutte le differenze del caso. Ecco, se la tv proponesse qualcosa del genere, con la comicità a canovaccio, ci piacerebbe moltissimo.
Fuori dalla tv invece, c’è qualcosa da salvare?
Fuori c’è un substrato di comici fortissimo. Lo vediamo nei locali: le nuove leve della nostra generazione sono tantissime. E alcuni sono davvero bravissimi, solo che purtroppo nella maggior parte dei casi sono ancora sconosciuti.
Sulla base di questo substrato, come immagina il panorama comico tra qualche anno?
L’impressione comunque è che, probabilmente, si avrà sempre più frammentazione: più tipi di comicità per diversi pubblici.