Erin, secondo lei la causa della sua uscita è dovuta al non aver compreso la differenza tra la cultura italiana e quella orientale oppure ad altro?
La caratteristica richiesta per l’invention test era la croccantezza. Per cui non era detto che io dovessi scegliere il fritto. In Giappone si usa ammorbidire il fritto con un liquido di fondo quindi è proprio sbagliata la situazione tenendo conto delle indicazioni di partenza. Per me un calamaro crudo è croccante, ma ovviamente sbaglio io a pensarla in questa maniera.
Jose, come mai ha gettato così “facilmente” la spugna nella prova del pressure test?
I ravioli cinesi non li avevo mai fatti in vita mia e la situazione mi ha trasmesso talmente tanta ansia che mi sono un po’ perso; certamente dà sempre fastidio uscire da una competizione, ma prevalgono i ricordi positivi che porto con me.
Per quest’edizione sembra che la new entry tra i giudici, Antonia Klugmann, abbia monopolizzato l’attenzione. Come è stato il vostro rapporto con lei e con gli altri?
E: La chef l’ho apprezzata tantissimo perché, oltre a criticare i piatti, forniva anche dei suggerimenti per migliorare e penso sia un atteggiamento costruttivo per i concorrenti. In generale son stati tutti abbastanza gentili nei miei confronti, tanto che non riuscivo a capire se questo atteggiamento fosse rivolto a me in quanto Erin oppure al Giappone.
J: Con i giudici il rapporto è stato positivo e credo che il programma abbia guadagnato dalla presenza della chef. Ho accettato critiche e commenti e qualsiasi suggerimento potesse esser utile.
Erin, c’è un piatto che avrebbe voluto fare, ma che non ha potuto realizzare.
Sicuramente quello iniziale, lo shabu shabu, un piatto giapponese rivisto da me in modo tale che potesse esser appetibile per i palati occidentali. Avrei voluto far meglio l’esecuzione. Poi mi sarebbe piaciuto provare uno spaghetto sottile di pesce.
Jose, il suo desiderio di partecipare a MasterChef è cresciuto nel tempo?
Assolutamente sì. È stata una bellissima esperienza aver superato l’hangar, la misteri box, per non parlare della trasferta a Bologna dove ho vinto.
In cosa l’ha aiutata il programma?
MasterChef mi ha fatto comprendere che non c’è soltanto la strada della musica.
Com’è stato il vostro rapporto coi compagni e la competizione tra di voi?
Erin: Ho legato con diverse persone soprattutto con la generazione over 30 perché è più vicina alla mia età.
I banchi eran distanziati per cui non avevo la possibilità di seguire la preparazione dei piatti altrui. C’è competizione ed è giusto che ci sia. Io mi metto in competizione con me stessa e col mondo.
Jose: Conoscere nuove persone coi tuoi stessi interessi è stato molto positivo. Sono rimasto in buoni rapporti con tutti. Io di base non sono una persona misurata rispetto alla competizione, certamente si punta a vincere.
Erin, quali ingredienti della cucina occidentale inserirebbe in quella orientale?
Sarebbe interessante un nuovo uso dell’olio di oliva in un contesto di cucina giapponese,dove non si usa quasi mai.
Jose, lei è un musicista professionista, come pensa di muoversi in futuro?
Non smetterò di cucinare. Una strada non ne chiude un’altra. Suonare è la mia vita, lo faccio da quando avevo sette anni, ho un progetto a cui sto lavorando per fondere le due passioni. Lo vedrete molto presto.
Se avesse la bacchetta magica, cosa preferirebbe diventare una rockstar o uno chef stellato?
Una rockstar che apre un ristorante tre stelle Michelin (dice scherzando)