Denise, partiamo dalla domanda che tutti vorrebbero farle: Simone è stato scorretto nell’impedirle di utilizzare le verdure e soprattutto l’acqua?
Simone non mi ha fatto uno sgambetto, non mi stancherò mai di ripeterlo, mi ha posto dei limiti che pensava potessi superare. Non è stato lui a farmi uscire, ma la mia dimenticanza del latte in dispensa. Simone per me resta la persona meravigliosa che ho conosciuto e che mi vuole un bene dell’anima e anche io gliene voglio.
Denise, lei non è andata molto d’accordo con tutti…
Non sono un carattere per tutti, non mi interessa di esserlo. Per farmi capire, faccio un esempio da appassionata di cani: adotto la loro stessa mentalità, ho il mio branco e il mio “padrone” (indica il cuore), ragiono col cuore e non col cervello. Non mi piace instaurare rapporti che non mi interessa mantenere nel tempo.
Davide, ci rivela un aspetto positivo e uno negativo di quest’esperienza?
L’aspetto positivo è l’aver conosciuto un mondo nuovo e appassionante e l’aver avuto la possibilità di capire i propri limiti. Valuto negativamente la tensione vissuta soprattutto per trovarmi dinanzi alle telecamere che talvolta fa commettere errori altrimenti evitabili.
Davide, esiste un aspetto del suo carattere che non è emerso?
È difficile giudicarsi. Credo di essere stato sempre un po’ troppo teso. Avrei voluto essere come sono nella vita di tutti i giorni e questo è un mio grande rammarico.
D’altro canto mi ha fatto molto piacere essere stato contattato da persone con problemi di alimentazione. Io li ho indirizzati verso medici e psicologi. In Italia questo argomento è considerato ancora un tabù purtroppo. Dovrebbe arrivare come messaggio quanto sia importante farsi aiutare da specialisti. Mi auguro sinceramente possa crescere l’informazione sui disturbi alimentari.
C’è un ingrediente che ha scoperto ed ha stimolato la sua creatività?
Dav: ce ne sono diversi. Abbiamo realizzato più piatti esterofili che italiani e forse è stato un bene, in fondo ritengo sia fondamentale aprirsi a tutte le culture del mondo. Ad esempio, non mi era mai capitato di utilizzare la radice di loto e voglio approfondirne l’utilizzo.
Qual è stato il vostro rapporto coi giudici?
Dav: escludendo lo chef Cannavacciulo per il quale nutro una venerazione, ciascuno di loro mi ha trasmesso dei valori. La chef Klugmann è severa, ma giusta; con Barbieri abbiamo avuto qualche confronto più acceso (sempre nel rispetto), ma è una persona che insegna tantissimo e cerca di capire cosa c’è dietro ogni concorrente. Mr. Bastianich ha una cultura enorme ed è molto più competente di quanto appaia dall’estreno.
Den: ringrazierò sempre Barbieri, per me è stato un fratello maggiore, ha una vitalità disarmante.È un bambino in un corpo d’adulto ed una persona acuta e intelligente. All’inizio ho avuto diversi battibecchi, poi, piano piano ci siamo conosciuti ed è nato, secondo me, un rapporto bellissimo che mi auguro prosegua anche dopo MasterChef.
C’è un piatto che avreste voluto realizzare?
Dav: mi è mancato cucinare la selvaggina.
Den: non credo che ci sia. Sono contenta di non essere rimasta nella comfort zone e di non avere mai dato vita a un piatto che avrei potuto realizzare a casa.
Davide, cosa pensa di Simone e del filetto di platessa (la prova al pressure test che ha portato all’uscita del concorrente)?
Simone è stato un grandissimo. Lo stimo molto, la gara contro di lui è stata una delle esperienze più belle. Entrambi abbiamo realizzato, credo, quattordici splendidi piatti. Le sue creazioni avevano senz’altro qualcosa in più. Non è stata una prova semplice dato che ci hanno commissionato di preparare sette piatti differenti, con due minuti e mezzo per fare la spesa.
Qual è l’esterna che ritenete più formativa?
Dav: sono quello che ha vinto più esterne di tutti – sette su otto. Penso che tra gli insegnamenti più importanti di MasterChef ci sia la possibilità di lavorare in gruppo. In cucina non puoi permetterti di pensare che da solo potrai fare grandi cose. Tutte le esterne sono state a loro modo bellissime, una che porterò sempre nel cuore è quella a Città Olinda a Milano, dove abbiamo avuto a che fare con delle persone con disabilità mentali, imparando davvero tanto.
Den: adoravo le esterne per cui onestamente non saprei selezionare una preferite. Non ho riscontrato difficoltà tali da mettermi in crisi poiché quando sono in brigata cerco di fare del mio meglio.
Denise, qual è la prova che più l’ha messa in crisi?
Palesemente l’invention test della puntata in cui sono stata eliminata. Stupidamente, per cercare di ridurre la salinità di un brasato da rivisitare, avrei dovuto prendere un liquido. L’intenzione era di optare per il latte, ma nel cercare la burrata, l’ho dimenticato. Non potevo fare ciò che avrei voluto in quella circostanza perciò il livello di frustrazione è stato alto.
Che significato ha avuto per voi cucinare con gli chef rifugiati?
Dav: è mia abitudine rapportarmi con cucine non italiane. Il valore aggiunto è stato il confronto con persone che hanno vissuto esperienze drammatiche.
Den: amo il confronto con altre culture gastronomiche. Questo approccio mi deriva anche dal tipo di lavoro che svolgo in cui incontro tante persone dei posti più svariati.
In quella puntata si vede come gli altri siano andati subito in dispensa, io, invece, ho voluto parlare subito con lo chef per tutto il primo quarto d’ora. Se non comprendo qual è la storia che c’è dietro il piatto, come faccio a restituirlo?
Mi sono ritrovata davanti a una persona, Youssef, totalmente diversa da me, che sono estroversa. Sono riuscita anche a farlo ridere ed è stato ancora più importante dell’ipotesi di poter vincere la Mystery.
Quali sono le vostre prospettive anche a breve termine?
Dav: vorrei lavorare per aprire il ristorante negli Stati Uniti. Chiederò a Bastianich alcuni consigli a riguardo. Lavorerò a testa bassa per studiare, formarmi e far sì che questo accada.
Den: vedere se va in porto l’apertura del locale che ho trovato e a cui vorrei dar vita con Francesco, Manuela, Rocco, Simone e Stefano.