Lei fa parte del cast di Un posto al sole sin dalla prima puntata, in onda il 21 ottobre 1996. Cosa ricorda del primo ciak?
Ricordo che cominciammo con la scena delle esequie del conte Giacomo Palladini: come spesso accade, la grandi storie iniziano tutte con un funerale! Quel giorno faceva molto caldo, ma visto che si girava con un anticipo di circa un mese e mezzo dovemmo indossare abiti non propriamente estivi. Davanti a noi c’era tanto lavoro da fare e all’inizio ci sentivamo come dei bambini spauriti, poi invece abbiamo preso il via con naturalezza.
Com’è cominciata la sua avventura professionale nella soap?
Il mio è stato un caso particolare: non sapevo dell’esistenza di questo progetto televisivo e fui chiamata per un’altra proposta per conto di un’altra società di produzione, che poi ha anche seguito Un posto al sole. Mi chiesero di inviare a Milano scene di lavori precedentemente svolti e così inviai degli stralci de I ragazzi del muretto. Accadde che uno dei responsabili australiani della soap, che stava visionando a Milano i vari provini, osservò da uno studio attiguo le scene inviate per l’altro progetto. Ne rimase colpito e alla fine spinse per volermi nella soap. Tutto ciò l’ho scoperto non subito, ma circa 8 mesi dopo l’inizio delle riprese di UPAS. Ammetto che all’inizio non volevo prendervi parte perché ero più interessata all’altra opportunità televisiva, poi ho cambiato idea e da lì è iniziato tutto.
Quando ha capito che Un posto al sole era un prodotto che funzionava?
Mi è bastato intuirlo da piccoli aneddoti. Uno risale a circa un mese dopo l’inizio della messa in onda. Mi trovavo all’esterno del Centro di produzione Rai di Napoli e pioveva. Incrociai un signore sul marciapiede e casualmente ci scontrammo con i nostri ombrelli. Nel chiedergli scusa per l’inconveniente, lui mi fissò con uno sguardo serio e mi disse: ‘Non si preoccupi, lei pensi a suo marito!’. Quell’uomo si riferiva a Renato (il suo ex coniuge nella soap, interpretato da Marzio Honorato, ndr), con il quale Giulia viveva in quel momento un periodo di crisi matrimoniale. Quell’episodio mi fece capire che la gente aveva subito preso a cuore le storie dei personaggi. Poi, la scelta di Napoli come location delle storie è stata vincente: dobbiamo molto a questa città e ai napoletani. Se fosse stata ambientata altrove, non so se avrebbe avuto altrettanto successo. Napoli ci ha protetto e sostenuto in ogni momento, fin da subito.
Giulia Poggi, in virtù del suo lavoro, è forse il personaggio più sensibile del cast a tutta una serie di temi e problematiche sociali che la soap affronta da sempre. Qual è il suo approccio quando è chiamata a confrontarsi con argomenti di questo tipo?
Non c’è un modo particolare per affrontare diversamente un tema rispetto ad un altro. L’attore cerca di entrare in quello che è il sentimento che si racconta, a prescindere da cosa si racconta. Noi abbiamo il dovere di portare all’attenzione del pubblico queste emozioni in maniera onesta, autentica.
Cosa la lega al suo personaggio?
Dopo tanti anni, inevitabilmente, Giulia ha acquisito molti tratti del mio carattere. Nel corso del tempo, siamo diventate complementari. Io non ho figli, anche se ho una famiglia molto numerosa, con tanti nipoti. Può sembrare un po’ strano, ma il ruolo di madre di Giulia ha completato anche me stessa come persona. Dall’altro lato, per Giulia può essere complementare la mia curiosità e la giocosità che mostra a volte anche quando parla. Io e lei, quindi, ci siamo regalate qualcosa a vicenda.
Tra il 2008 e il 2011 non fece parte del cast. Leggendo le interviste di quel periodo, si capì che rimase spiazzata dalla decisione della produzione. Cosa avvenne davvero?
In quell’occasione ci fu qualche giornalista che non esercitò bene il suo dovere di cronaca, scrivendo cose esagerate. Bisogna capire che il format di UPAS ha degli step, che possono prevedere anche l’allontanamento, a turno, di alcuni personaggi dalla storia. Io sono stata uno dei primi, ma è capitato anche ad altri colleghi del cast. Inizialmente, dato che questo step non si era mai verificato in precedenza, rimasi un po’ sorpresa. Poi, però, capii che tutto ciò è del tutto normale: ogni tanto qualche personaggio esce ‘per prendere una boccata d’aria’! Ad ogni modo, gli anni di lontananza dal set mi hanno aiutato molto a guardare questo lavoro dall’esterno e rientrare con una maggiore consapevolezza.
Venerdì andrà in onda la puntata n° 5000 della soap. Cosa succederà? Come sarà coinvolta Giulia Poggi in questo appuntamento speciale?
Non posso anticipare nulla, ma tutti i personaggi si troveranno a vivere una situazione comune e ci saranno delle sorprese. Sarà una puntata che toccherà molto il cuore del pubblico: saranno ripercorse emotivamente le storie di ogni singolo personaggio, per capire come sono arrivati fino a oggi.
Qual è l’augurio di Marina Tagliaferri per questo importante traguardo?
Innanzitutto, continuare a fare tutto ciò che abbiamo fatto finora. Poi, l’altro auspicio è di mantenere sempre alta l’onestà con cui ci proponiamo al pubblico. Una parte del nostro successo è dovuto al fatto che i telespettatori si riconoscono con noi, perché le storie di UPAS sanno raccontare, senza buonismo ma con onestà intellettuale, gli aspetti positivi e quelli meno felici della vita di ognuno di noi. Nel corso degli anni la soap è migliorata sempre di più, sotto l’aspetto della scrittura e da un punto di vista tecnico. In tal senso mi sento in dovere di ringraziare tutti i tecnici e i cameraman con cui lavoriamo ogni giorno: lo staff di Napoli è davvero eccezionale.
Lei è molto attiva in teatro e nel doppiaggio: sta lavorando a qualche altro progetto lavorativo?
Con nove miei colleghi doppiatori, fra cui Angelo Maggi e Chiara Colizzi, abbiamo registrato 1250 sonetti di Giuseppe Gioacchino Belli: ognuno di essi è stato sonorizzato con particolari effetti a seconda dell’argomento. Sono stati raccolti in una pen-drive allegata al volume che li raccoglie, edito dalla Dante Alighieri e presentato al teatro Belli di Roma in due serate, l’ultima delle quali lo scorso lunedì. È un progetto che ha riscosso molto successo e sono molto di fiera di averne preso parte. Il resto del mio tempo lo dedico anche al sostegno di un’altra causa.
Quale?
Sono attiva nella tutela della Fondazione Piccolomini, la cui sede è in una villa in zona Aurelia antica, a Roma. Si tratta di una fondazione a sostegno degli attori anziani e indigenti. Per volere del figlio del conte Piccolomini, attore poi morto nella seconda guerra mondiale, la struttura venne lasciata in eredità all’Accademia Nazionale d’Arte drammatica. Nel corso degli anni, questa villa è stata l’oggetto del desiderio di molti, anche della Regione Lazio (che commissariò la fondazione tra il 2005 e il 2009, ndr). Grazie ad un’occupazione di protesta, nel 2009 siamo riusciti a scongiurare il pericolo di perderla. Uno dei problemi che affligge la nostra fondazione è il seguente: nel Cda deve esserci un membro della Regione, ma quest’ultima non lo nomina. In questo modo, rischiamo di venire meno all’intento per cui la Piccolomini, che non ha contributi pubblici, è nata: aiutare gli attori anziani in difficoltà economiche. Le istituzioni sembrano però che stiano facendo ‘orecchie da mercante’ e rimandano la questione: forse aspettano che la fondazione chiuda nel momento in cui non potrà più ottemperare a ciò che lo statuto richiede. Stiamo facendo di tutto per scongiurare questo pericolo.