Quell’immortalità che il Jova ritrova in ogni obiettivo che si prefigge: “Perché se hai degli obiettivi, ti dimentichi del tempo che scorre, sei sospeso in un attimo di immortalità e finché sarà così non sarò mai vecchio, ma avrò la stessa magia della vita che c’è negli occhi dei bambini”.
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Il film prende il titolo dall’ultimo successo dell’artista toscano, “Gli immortali: una canzone che mi metteva un certo imbarazzo per il suo titolo, che spara molto in alto”, aveva raccontato il cantante durante la messa in onda, in anteprima, del docu-film al cinema Apollo di Milano, cui lo stesso Jova ha assistito trepidante in mezzo a noi giornalisti, “proprio come “Penso positivo” e “Sono un ragazzo fortunato”.
Ma in fondo quegli immortali, poi, siamo tutti noi, i mortali che in certi momenti possiamo sperimentare la gioia infinita, possiamo provare l’estasi di stare al mondo”, quei mortali che rappresentano mondi diversi, che però alla fine diventano uno solo, quando si uniscono in un’unica passione: la musica del Jova. Una musica che non smette di suonare, non smette di farsi sentire: “Vedo nuvole in viaggio / che hanno la forma delle cose che cambiano / Mi viene un po’ di coraggio / se penso che le cose poi non rimangono / mai come sono all’inizio”, recita la canzone “Estate”, tormentone della bella stagione 2015. Nonostante quel che accade nel mondo, nonostante i tentativi di spegnerla quella musica.
“Dopo Parigi è cambiato tutto, ma non ho pensato neanche per un secondo di sottrarmi all’idea di andare avanti, a meno che le prefetture non ci ordinino il contrario. Non l’ho mai pensato neanche per un istante, a maggior ragione perché uno degli attentati più feroci è avvenuto proprio in una sala da concerti, ha spiegato. “Noi andiamo avanti”, chiosa, “perché quando inizia il concerto cambia tutto, si dimentica tutto e inizia la festa”.
Lorenzo la sua voce, dunque, la vuol fare sentire: attraverso la musica, attraverso il film su Sky, persino attraverso i libri: “Si, ma quello è come se fosse stato un incidente”, arrossisce. Lui che, animale da palcoscenico qual è, da artista vulcanico ed istrionico, si intimidisce e prova “molto pudore” quando parla “di qualcosa che non è canzone, o musica”. A lui “interessa raccontare tutto quello che attiene alla musica, molto meno tutto ciò che sta attorno ad essa”.
E lo stesso pudore, lo stesso imbarazzo, Lorenzo lo prova nel parlare dei messaggi che lancia al suo pubblico attraverso le sue canzoni, o forse sarebbe più appropriato dire, poesie in musica: “Mi imbarazza essere un’icona che deve lanciare messaggi: il mio messaggio in realtà non c’è: c’è più che altro una attitudine ad esserci, a star dentro a questa complessità con le cose in cui credo. E poi, diciamocela tutta”, ammette, “sono l’ultimo a sapere i messaggi delle mie canzoni. Io le scrivo e basta. Mi occupo del significante, non del significato. Io mi occupo della forma, il contenuto è dentro di me”.
Per questo ha declinato molte proposte lavorative che esulavano dalla sua musica: “Mi hanno proposto diverse volte ruoli da attore, ma non so se la cosa mi interessa. O forse non sono nemmeno buono a farlo. Forse farei sempre Jovanotti e basta. Forse mi piacerebbe fare qualcosa in cui ci sia anche io, e quindi ricadiamo sempre lì, nella musica. Ho un punto di vista privilegiato dal palco. E da lì riesco a guardare in una certa ottica questo Paese. Che è la terra delle opportunità. O per lo meno a me ne ha date tante. Non potrei mai rinunciarci”.
Lorenzo Jova Cherubini dunque non si ferma: “Dobbiamo continuare a fare musica che racconti il mondo, l’incontro, la multiculturalità. La libertà. Non mi chiuderò nel mio angolo di ring; starò sempre al centro del ring. Ma non per promuovere il mio ego, bensì quello del mio pubblico”. Si spengano le luci in salotto. Che la visione abbia inizio…