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Annalisa, un bilancio di questa esperienza.
Per me è stata una esperienza molto bella. Quando mi hanno sottoposto il progetto, mi ha subito entusiasmato e affascinato. Ho avuto la possibilità di raccontare il Cern, che è una realtà molto complessa, in modo semplice e di porre l’accento sulla creatività di questo luogo. Spesso abbiamo un concetto dello scienziato come di un personaggio noioso, ma non è proprio così: il processo mentale di un fisico è infatti prima di tutto creativo perché deve pensare a qualcosa che non esiste.
Lei è laureata in Fisica, che effetto le ha fatto entrare in un posto così “sacro” per la fisica?
È vero, sono laureata in Fisica, verso cui mio padre mi ha spinta, ma alla fine ho preso un’altra strada. Ma non si pensi al Cern come un ambiente noioso o privo di creatività: ho scoperto che lì ci sono un sacco di artisti, persone che una volta fuori da lì si occupa di musica proprio come me.
Ha incontrato persone incredibili durante questo viaggio e ha parlato con alcune delle persone più geniali al mondo. Che effetto le ha fatto?
Al Cern ho incontrato davvero di tutto: dai Summer Student ad alcuni miei compagni di università, fino a pezzi davvero da novanta come Fabiola Gianotti. È stato incredibile, un po’ tornare indietro nel tempo.
Qual è stato lo spirito con cui parla di Fisica?
Sicuramente c’è tanto entusiasmo, anche se più che altro faccio parlare gli altri, i veri protagonisti, che rispondono alle mie domande ma non si limitano a dare risposte sul piano puramente scientifico. Dalle nostre chiacchierate trapelano emozioni, sensazioni; si percepisce il modo in cui ciascuno di loro conduce e affronta questo lavoro.
L’argomento è complesso. A quale pubblico vuole arrivare? A chi si rivolge?
Sono convinta che con questo racconto si parli un po’ a tutti. Non ci siamo rivolti solo a un pubblico giovane o di studenti legati al mondo scientifico, che si divertiranno sicuramente a seguire questo programma, ma a un pubblico trasversale. Sono convinta che piacerà anche ai ricercatori che sono lì al Cern. Parliamo di argomenti seri con competenza, ma al tempo stesso in modo narrativo, divertente; si rimane su un piano del racconto giusto per tutti, ve lo garantisco.
Come è stato affrontare questa esperienza televisiva?
Sicuramente aver già fatto tv mi ha aiutata. Sono stata sei mesi in un talent di quei sei mesi in tv mi è sicuramente rimasto qualcosa addosso. Io comunque sono stata una semplice traghettatrice, sono stati gli altri a narrate per me.
Pronta dunque per il mondo della tv da protagonista?
Nel momento in cui mi hanno proposto questo progetto non ho avuto dubbi sull’accettare o meno, perché sentivo che era la cosa giusta per me. Non so se ne capiteranno altri: nel caso, ben venga. Comunque sia, è stata un’esperienza speciale e per ora rimane unica. Anche perché ho sempre voluto fare musica, che considero la mia vita. L’ho inseguita sin da quando ero una bambina; mi ha accompagnata anche durante gli anni dell’università perché facevo qualcosa che mi faceva sperimentare, entrare in campi che mi aprivano la mente. Era una cosa giusta da aggiungere al mio bagaglio.
Dedica questo programma a qualcuno in particolare?
A un mio professore dell’università, che è stato presidente della Commissione di quando mi sono laureata e che ogni tanto mi scrive. La sua presenza è per me fondamentale.