I produttori del pezzo sanremese sono i Reset!, che lavorano soprattutto all’estero. Per la sera delle cover, il rapper canterà Tu vuò fà l’americano, per dire che, fondamentalmente, mentre noi siamo esterofili, gli altri vogliono fare l’italiano.
I temi sociali non sono scelti sulla base di un discorso opportunistico: “i rapper sono sociali, se non ci fosse la mia terra non saprei di cosa parlare”.
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Così, come ieri sera ha svegliato l’Ariston, Rocco Hunt dà una sferzata di vitalità nella sala stampa del Palafiori. Il suo è un invito a tenere alzata la guardia senza lasciarsi sopraffare dalla crisi attuale: “Non canto il pezzo per fare la morale, ma è un monito a me stesso: io devo essere il primo che si deve dire Wake up!” Del resto, prosegue, “se sono qui significa che qualcosa sto facendo”.
Il brano non è pensato per Sanremo, ammette il ragazzo: “io voglio essere l’anello di congiunzione”, e Nu journo buono aveva dimostrato che si può fare, visto che ha ricevuto il consenso anche della scena underground. Questo perché, conclude, l’importante è avere qualcosa da dire: l’idea errata che rivolgersi a più persone equivalga a svilire la propria arte, è una convinzione errata diffusa nell’ambiente del rap e che ha inibito molte carriere.
Con chi ironizza dicendo che non si capiva quali fossero le parole in italiano e quali inglese, Hunt risponde stando al gioco: “Io sono il primo che ha cantato in tre lingue: italiano, inglese e napoletano, che è una lingua ufficialmente riconosciuta dall’Unesco.
E se fino a ieri Rocco Hunt non sperava nella vittoria, dopo i pareri positivi ottenuti, adesso un po’ inizia a considerare il primo posto come ipotesi possibile. La conferenza si conclude qui: Rocco Hunt lascia la sala tra il consenso generale, in particolare da parte delle radio: un riscontro particolarmente caloroso che altri, finora, non hanno avuto.