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Dopo le presentazioni di rito si comincia.
Aprono Palla e Chiatta, coppia femminile che ironizza sulle loro diete non riuscite. Ci rifilano la battuta dello stare a dieta due settimane perdendo solo le due settimane, ma con la variante “15 giorni”. Non solo: riciclano anche quella su cui bisognerebbe togliere da casa quello che ingrassa, cioè bilance e specchi. Buono comunque il ritmo.
La Lucarelli, che solitamente è attenta ai testi, non sottolinea niente: le piacciono, e apprezza sia l’ironia che l’autoironia. Abatantuono suggerisce di uscire anche in un altro ambito per non essere prevedibili; Cremona lo appoggia. Passano all’unanimità.
Si prosegue con il quartetto de I Senza Nome. Hanno bisogno di trovare un nome più incisivo e duro per il loro gruppo, così uno di loro suggerisce di chiamarsi Viagra. La Lucarelli tenta di fermarli: più che di trovare un nome, dice, dovrebbero preoccuparsi di un pensare a un secondo lavoro. Non convincono nessun altro: Cremona osserva la facile volgarità e li esorta a lavorare su un repertorio che non sia tanto banale.
Filippo Dionisio è stato licenziato ripetutamente, perciò gli amici gli hanno suggerito di provare a buttarsi sulle imitazioni. E partono puntuali le imitazioni: Celentano, Renato Zero.
Raul Cremona sottolinea i tempi morti laddove, invece, dovrebbe scattare il meccanismo comico. Anche i personaggi scelti non piacciono, troppo poco originali. Solo Abatantuono dice si; Raul Cremona non gli nega una possibilità. Passa al turno successivo.
Dopo la pubbblicità, vestito da esploratore, fa il suo ingresso Bogno. Mentre fa birdwatching, osserva che un uccello “caga mandorle”, e ha il coraggio di aggiungere pure “ah, è una colomba”.
In giuria il tema “uccello” tiene banco. Alla Lucarelli il personaggio non dispiace, ma nessun altro è d’accordo: troppo poco convinto, troppo lavoro da fare, avrebbe dovuto puntare su un meccanismo rapido di battute a schiaffo.
Gli Imbucati vengono stoppati all’unanimità. I due ragazzi hanno un pezzo di cui non si comprende bene il senso: più che comici, viene suggerito un percorso da attori. Non ce la fanno.
Enzo Costanza immagina cosa cantino sotto la doccia le star della musica di casa nostra: esegue le imitazioni con testi rivisitati dei Pooh, Nilla Pizzi, di Nino D’Angelo che canta Tiziano Ferro e Califano che riscrive Papaveri e papere.
Manca la storia per Abatantuono, esercizio di stile nemmeno troppo riuscito per la Lucarelli, meccanismo debole per Cremona. Ruffini fa il paragone con un concorrente passato precedentemente, perciò dice si. Costanza riesce a superare il turno grazie al quarto giudice.
Peppe e Ciccio vengono applauditi dal pubblico con il loro scambio su Cartagine. Piovono doppisensi, che la Lucarelli evidenzia subito: li trova “da cinepanettoni”, scatenando il pubblico e Ruffini. Cremona li salva per il mestiere, però li mette sull’attenti: “Più puntate in quella direzione, più vi limitate la carriera”. Sono già passati da Colorado. Ruffini e Abatantuono li fanno andare avanti.
Ancora una coppia, Merc e Miki. Uno è la mummia l’altro il faraone, parlano prima che arrivini i visitatori del museo in cui si trovano: si scambiano opinioni su Facebook, dove l’amico che posta continuamente foto è “TutanCanon”. Passano al giudizio finale, anche se la Lucarelli e Ruffini non perdono occasione per stuzzicarsi sul tipo di comicità visto.
Tocca ad Enrico Zambianchi. Da comico di lungo corso, porta in scena il suo personaggio della Morte, che chiede di prendere il numero per non creare confusione durante l’attesa. Teatrale e con un personaggio non scontato, la giuria lo trova intelligente. Cremona nota che è il primo, finora, a mettere in scena gag fisiche: la falce che porta con sé infatti, si allunga in precisi momenti.
Mago Linus, come Cremona, unisce comicità e giochi di magia: per Abatantuono però, l’umorismo non è ben amalgamato. Avendo solo 19 anni, viene incoraggiato perché ha già la “comunicatività” e un certo ptenziale per crescere.
Il ragazzo era l’ultimo della prima manche. Si procede quindi alle votazioni. Questa la classifica, dal quinto posto a salire: Mago Linus, Merc e Miki, ex aequo tra la coppie Paola e Chiatta e Peppe e Ciccio, Enrico Zambianchi.
La gara riprende con Emiliano Ottaviani. il comico si è svegliato con un “doloretto”, di cui canta la presa di consapevolezza sul non avere più l’età. I giurati osservano che il testo non arriva mai ad una svolta che fa ridere: Cremona lo trova uno “storyteller”, e aggiunge che, piuttosto che ridere male, preferisce ascoltare. Passa.
I Sansoni portano un pezzo con alcuni riferimenti ai partiti politici. Qual è il miglior schieramento politico?, si chiedono: l’indifferenza. I due fratelli si fermano qui.
Le Très Femme portano una loro versione del film Titanic intepretando Jack e Rose. Tre si per loro.
Con Gerry e Gelli arriva un ventriloquo diverso, perché il pupazzo è un uomo. Per la Lucarelli è un’idea originale sfruttata male; Abatantuono controbatte con nochalance che il pupazzo umano è sempre esistito. Pure Ruffini le lancia la solita frecciatina. Al di là dei siparietti da prime donne dei giudici, come al solito il parere più strutturato è quello di Cremona: “battute grevi” che potrebbero essere fatte anche senza il personaggio del ventriloquo, che non viene sfruttato.
I due comici si fermano qui: a malincuore, anche Ruffini che li ha visti nelle piazze da piccolo, dice no. Però si sente in difficoltà davanti a chi ha tanta esperienza; la Lucarelli gli risponde di fare altro, allora.
La seconda manche prosegue con Luca Rosso Rossi, violoncellista. Immagina un tg musicale, durante il quale imita Romano Prodi. Cioè un politico mediaticamente, e politicamente, scomparso da un pezzo: il suo repertorio vecchio incassa tre no.
Giovanni D’Angella invece, ha un problema che gli fanno pesare tutti: è troppo pigro. Al lavoro il capo gli dice che se deve dormire, se ne tornasse a casa. Ma a casa la madre gli dice che non può dormire e deve trovarsi un lavoro: insomma, “dove deve andare un uomo per dormire?” Per D’Angella il posto migliore in assoluto è la posta, perché quando arriva il suo numero può darlo a qualcun altro e ricominciare.
Tre si, dato che il personaggio c’è e la sua costruzione è efficace. La Lucarelli gli sugggerisce di essere un po’ più pigro nella messa in scena e perdere la verve che dimostra.
Claudito e Elisieta vengono stoppati da Lucarelli e Ruffini: la loro performance, chiaramente ispirata alle soap spagnole, ha solo enfasi. Non ce la fanno.
Claudio Sciara inizia ricordando la sua esperienza da intrattenitore sui traghetti, ma presto vira sul rapporto con i genitori da cui è tornato a vivere. Tre no.
Valentina Virando è una “designer del pelo”: propone un pezzo sull’estetica delle parti intime femminili riuscendo a non inserire parolacce né doppi sensi. Le viene riconosciuto coraggio e capacità grazie alla sua impostazione da “macchietta”: passa.
Termina qui la seconda manche, via alle votazioni. Questa la classifica, dalla quarta posizione a salire: Valentina Virando, Emiliano Ottaviani, Très Femme, Giovanni D’Angella.
Infine, il verdetto finitivo. Ecco i concorrenti promossi alle semifinali: Giovanni D’Angella, Enrico Zambianchi, parimerito tra Peppe e Ciccio e Palla e Chiatta. Al quinto posto ci sono Merc e Miki e le Très Femme: la giuria sceglie il trio femminile, ma Raul Cremona ripesca la coppia.
La quinta puntata si conclude qui.