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Nina Palmieri intervista Nikoleta Stefanova, campionessa italiana in carica di tennistavolo che vanta il record di 11 vittorie nei campionati nazionali assoluti e prima azzurra nel ranking internazionale. Considerato tale palmarés straordinario, la fuoriclasse s’interroga sul perché non sia stata convocata dalla Federazione alle qualificazioni per le prossime olimpiadi di Rio de Janeiro. Ammette che da quando è diventata madre le è risultato difficile conciliare gli impegni familiari con il programma federale di allenamenti, ma sottolinea come ciò non le abbia impedito di vincere, a marzo 2016, il campionato italiano assoluto a soli otto mesi dalla nascita della secondogenita. La Iena chiede quindi spiegazioni in merito ai vertici della Federazione nazionale tennistavolo e al presidente del CONI Giovanni Malagò.
Di seguito le repliche del Presidente Fitet Franco Sciannimanico e del d.t. Patrizio Deniso.
Franco Sciannimanico: Lei ha deciso di lasciare la Nazionale.
Iena: L’ha deciso la Stefanova?
Sciannimanico: L’ha deciso lei, certo, e ha detto “io non mi sento più di far parte della Nazionale, non voglio più giocare in Nazionale”.
Iena: Ma io ci ho parlato, lei non dice questo. Lei dice ha continuato ad allenarsi nonostante avesse avuto il bambino.
Sciannimanico: Lei può dire quello che vuole, noi abbiamo dato tutta la disponibilità che voleva.
Patrizio Deniso: Nikoleta Stefanova nel 2014 aveva rinunciato a degli stage e nell’ottobre 2014 aveva rinunciato anche a un programma ad hoc per lei, non ha dato disponibilità.
Nel servizio, la Stefanova risponde così alle loro affermazioni: “Cosa posso dire? Non è assolutamente vero. Non ho mai detto di aver rinunciato alla Nazionale. Ho soltanto detto che i programmi federali che mi venivano proposti non erano in linea con le mie esigenze. E a prova di ciò ho delle mail per dimostrarvi che io sto dicendo la verità”.
La campionessa mostra quindi alcune mail alle Iene. Nell’estate 2014 Nikoleta scrive al direttore tecnico che avrebbe potuto partecipare al raduno estivo solo fino a una certa data per poi stare con il figlio che altrimenti non avrebbe saputo a chi lasciarlo. A questa mail, il dt risponde che ripartire così in anticipo rispetto al termine dello stage avrebbe voluto dire rinunciarvi, per cui sarebbe stata inutile la sua partecipazione all’intero ritiro.
In un’altra mail, diretta ai responsabili della sua attività agonistica, la Stefanova afferma che il programma Fitet non è in linea con le sue aspettative ma che vorrebbe trovare una strada che possa soddisfare quelle di entrambi per il futuro. In questi scritti, però, l’atleta non fa alcun riferimento alla sua volontà di abbandonare la Nazionale.
La Iena decide quindi di confrontarsi con il presidente del CONI Giovanni Malagò.
Giovanni Malagò: Noi abbiamo 64 Federazioni. Ogni Federazione ha la sua legittima autonomia nel decidere chi convocare.
Se qui io mi metto a dire “convocate questo, non convocate quella”, è la fine.
Iena: Però lei ammette la sua colpa, “io non ho potuto rispettare le regole degli allenamenti”, mi viene risposto che automaticamente sto rinunciando alla Nazionale. Non è vero!
Malagò: Io capisco che lei è arrabbiata, legittimamente. Però concludiamo: se le convocazioni le fa il CONI, qui diventa veramente un bazar.
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Segue un’intervista singola a Totò Cuffaro, ex governatore della Sicilia, condannato a sette anni per favoreggiamento a Cosa nostra e uscito dal carcere lo scorso dicembre.
Marco Maisano torna a Calais a quasi due mesi dallo sgombero dei profughi, ma non tutti i migranti hanno abbandonato la zona: nelle stazioni di servizio, ad esempio, in molti cercano di introdursi nei camion, alla continua ricerca di un passaggio che li porti clandestinamente dalla Francia verso l’Inghilterra. Dopo aver intervistato un gruppo di giovani provenienti dalla Siria e una pattuglia della polizia francese chiamata a sorvegliare la zona, la Iena incontra un ragazzo iracheno, il quale rivela l’esistenza di una criminalità organizzata che gestirebbe il traffico di profughi da una parte all’altra del confine, arrivando a chiedere sino a 8.000£ per l’attraversamento. Infine, Maisano raccoglie la testimonianza di un camionista italiano che spesso si trova a percorrere la Manica per lavoro. L’uomo racconta i pericoli che quotidianamente vivono gli autisti alle prese con i profughi che tentano di nascondersi nei loro mezzi: dalle possibili aggressioni da parte dei clandestini, a pesanti multe, se non addirittura l’arresto, nel caso in cui la polizia trovasse delle persone irregolari a bordo.