{module Pubblicità dentro articolo}
Diretto da J. C. Chandor (Margin Call) e premiato con un Golden Globe per la Miglior colonna sonora, la pellicola si avvale della recitazione di un Redford in stato di grazia, che torna a fare solo l’attore dopo otto anni dall’ultima prova sul grande schermo con Il vento del perdono, di Lasse Hallström.
Disperso nell’Oceano Indiano (“a 1.700 miglia marine dallo stretto di Sumatra”), il protagonista Robert Redford è su una barca alla deriva nell’oceano. Si accorge di aver urtato contro un container alla deriva e di avere una falla nello scafo.
L’incidente ha procurato moltissimi danni, tra l’altro anche il guasto delle apparecchiature di comunicazione. E infatti scopre che i sistemi di navigazione sono stati danneggiati dall’impatto. E allora cerca di rimettere in sesto la radio ma purtroppo non ci riesce. Nel corso della pellicola al protagonista accade di tutto. Una tempesta si abbatte su di lui che cerca disperatamente di rimanere sull’imbarcazione ma viene scaraventato in acqua e soltanto dopo molti sforzi riesce a risalire sul ponte.
Ma la barca si capovolge e l’albero rimane distrutto insieme alla strumentazione di bordo. Lo yacht è danneggiato, però, nonostante questo il protagonista cerca di andare avanti e di non lasciarsi scoraggiare anche avendo terminato il cibo e l’acqua.
Adesso sa che non può sopravvivere a lungo ed allora dopo 8 giorni scrive una lettera, la mette in un vasetto e la butta nel mare. Oramai è sicuro di aver terminato i suoi giorni. Sa che la morte si avvicina. Cade in acqua ma è troppo debole per nuotare e allora si lascia andare. Ma prima di annegare ecco che vede lo scafo di una barca con una luce che si avvicina al suo canotto in fiamme. E’ la salvezza
L’opera, di rara potenza, ha scatenato le reazioni del popolo dei velisti, che ne hanno messo in evidenza inesattezze e incongruità. Ma l’intento dell’autore è raccontare la passione per la vela come una condizione esistenziale, emblema della forza interiore e della capacità di non mollare mai di un uomo, quando è posto di fronte ai propri limiti.
All Is Lost ha ottenuto ottimi riscontri dalla critica Internazionale: per Joe Morgenstern del Wall Street Journal, il film è «una meditazione sulla morte, con notevoli affinità più con Gravity che con Il vecchio e il mare. La pellicola – conclude il giornalista – è realizzata mirabilmente, con una ricchezza di dettagli che danno conto del coraggio di un vero marinaio».