La stagione della caccia è la prima opera di Camilleri ed ebbe un successo immediato e clamoroso sia di pubblico che di critica.
Adesso arriva in TV e rappresenta il secondo telefilm della serie “C’era una volta Vigata“.
Infatti il sottotitolo è proprio “C’era una volta Vigata” per riagganciarlo ad un ciclo di pellicole tratte dai romanzi di Camilleri che non hanno Il commissario Montalbano come protagonista.
La produzione de La stagione della caccia è della Palomar per Rai Fiction. Tra gli interpreti principali troviamo Francesco Scianna nel ruolo di Fofò La Matina e Ninni Bruschetta.
La regia è di Roan Johnson che ha già diretto per Sky Cinema la serie I delitti del BarLume.
Come già “La mossa del cavallo“, TV movie andato in onda lo scorso anno, anche “La stagione della caccia” è ambientata nella immaginaria Vigata di fine 800.
Le riprese sono state effettuate in Sicilia, in particolare a Scicli. Una delle location è stata il Palazzo Mormino-Màssari che si trova proprio sulla piazza principale di Scicli. È un edificio nobiliare molto prezioso all’interno dove sono state girate anche alcune scene della serie Il commissario Montalbano, in particolare era il primo ciclo del 1999.
Il TV movie si svolge prevalentemente in esterni ed è stato interessato anche il Borgo Marinaro di Marzamemi a sud della provincia di Siracusa. Insomma un vero e proprio exploit per le bellezze siciliane e soprattutto per i paesaggi che rappresentano il valore aggiunto della fiction tratta dai romanzi di Camilleri.
La stagione della caccia | trama
La stagione della caccia è incentrata sulla storia di un farmacista che arriva a Vigata. Si tratta di Alfonso La Matina chiamato familiarmente Fofò. Dopo poco tempo però cominciano a verificarsi nella piccola cittadina morti improvvise ed inspiegabili.
Naturalmente gli abitanti del posto attribuiscono la responsabilità proprio al farmacista e lo cominciano a definire una sorta di killer solitario.
Infatti l’uno dopo l’altro muoiono il padre del marchese Peluso, la madre di Matilde, lo stesso Marchese Peluso. Muore con la moglie americana anche lo zio Totò, poi è la volta del fratello del marchese Peluso che dopo aver fatto fortuna in America era tornato a Vigata. E come se non bastasse viene ucciso anche un cugino.
Tutte queste morti apparentemente sembrano dovute a cause naturali oppure a disgrazie accidentali.
Non vi sveliamo il finale ma vi raccontiamo qual è stata la molla che ha fatto scattare in Andrea Camilleri l’idea del romanzo.
Lo scrittore siciliano aveva letto da qualche parte che nella Sicilia del 1875, era arrivato un esponente del governo per verificare le condizioni sociali ed economiche. Un giorno aveva chiesto ad alcune persone se si erano verificati fatti di sangue. Gli era stato risposto: «no nessuno, fatta eccezione del farmacista che per amore ha ammazzato sette persone».