Tra i servizi della puntata, ve ne segnaliamo alcuni.
Giulio Golia si reca a Platì, nella Locride, dove, accompagnato dallo Squadrone “Cacciatori di Calabria”, reparto speciale dell’Arma dei Carabinieri, scende in alcuni dei bunker che la ‘ndrangheta ha costruito sotto terra per nascondere e far scappare i latitanti. Sotto il centro di Platì, infatti, esiste una sorta di città sotterranea nascosta, con un sistema di grotte e cunicoli che servono per mettere in comunicazione tra di loro le case e collegare queste ultime con le fogne. La Iena entra in alcune abitazioni e mostra i sistemi di ingresso e di uscita di questi bunker sotterranei. Per poter accedere ad una di queste strutture, ad esempio, è necessario passare attraverso un forno per le pizze.
Eroina a Prato. Meno di un anno fa, un servizio de “Le Iene” realizzato da Marco Maisano aveva documentato nel pieno centro pratese un ingente spaccio e consumo di droga che avveniva, senza sosta, alla luce del sole. Ogni giorno decine di ragazzi, anche dalle vicine province, si recavano nei pressi della stazione di Porta al Serraglio e nel centro storico per comprare dai pusher che agivano indisturbati alcune dosi di eroina. Qualche mese più tardi, la Iena torna sul posto per verificare se qualcosa sia cambiato ma la situazione non sembra essere migliorata.
Nina Palmieri torna a Sangineto, il paese calabro balzato agli onori della cronaca per la vicenda di Angelo, il cane barbaramente ucciso da quattro giovani, che prima hanno filmato il tutto e poi l’hanno diffuso sul web. Mentre nel servizio andato in onda settimana scorsa l’inviata non aveva potuto intervistare i ragazzi responsabili del gesto, che avevano preferito non rilasciare dichiarazioni in merito, questa volta la Iena è riuscita ad avere un confronto con due di loro. Giovanna Palmieri incontra, inoltre, alcuni membri della comunità locale che condannano quanto avvenuto. Questi, infatti, prendono le distanze da chi, di fronte alle telecamere delle Iene settimana scorsa, aveva cercato di minimizzare il gesto e sottolineano come, a loro volta, siano stati travolti dalla gogna mediatica ma per colpe altrui.
La settimana scorsa è andato in onda un servizio di Dino Giarrusso sulla provenienza delle armi impiegate dall’Arabia Saudita nella guerra in Yemen. Partendo dall’analisi di due foto di bombe inesplose scattate in Yemen da alcuni attivisti per i diritti umani, la Iena era tornata sulla questione del presunto export di armi italiane nel Regno saudita. Gli ordigni fotografati riporterebbero, infatti, un codice identificativo relativo all’Italia e a una ditta produttrice di bombe che ha stabilimenti in Lombardia e Sardegna. Secondo la legge n. 185 del 1990, però, sono vietati “l’esportazione ed il transito di materiali di armamenti verso i Paesi in stato di conflitto armato in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite […]” e “verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani”. In merito alla possibilità del coinvolgimento dell’Italia nella vendita di armi destinate a colpire le popolazioni civili in Yemen, il Ministro della Difesa, Roberta Pinotti aveva dichiarato: “Quelle bombe non sono italiane. Nel senso che sono un contratto di una ditta americana che utilizza come subcontratto una ditta tedesca che ha due fabbriche in Italia. Ma nonostante ciò, dato che noi siamo molto attenti anche al transito di armi, anche se non sono appunto vendute dall’Italia, quando transitano nel nostro Paese, noi le controlliamo”.
Per capire come fosse effettivamente coinvolta la Germania nell’esportazione di tali armi, la Iena si era recata a Berlino, dove aveva incontrato un parlamentare tedesco che, insieme ad altri deputati, aveva presentato un’interrogazione parlamentare al Governo di Angela Merkel. A questa interrogazione, il Governo Federale Tedesco aveva risposto di non aver emesso nessuna autorizzazione alla ri-esportazione verso l’Arabia Saudita di bombe eventualmente prodotte da una società italiana. Il servizio di settimana scorsa si era chiuso con un appello da parte dell’inviato affinché il Ministro della Difesa Roberta Pinotti potesse rispondere in futuro ai seguenti cinque quesiti: durante la visita di stato in Arabia Saudita, ha espresso la protesta del popolo italiano per le atrocità commesse dai sauditi in Yemen? Lo sa che tutte le organizzazioni umanitarie e molte agenzie dell’ONU hanno accusato i sauditi di crimini di guerra commessi in Yemen anche con le nostre bombe? Perché i transiti in Italia dei bombardiere venduti ai sauditi verrebbero mascherati da voli di stato inglesi? Perché non si dà il via all’embargo promosso dal Parlamento europeo? Perché l’Italia deve continuare ad avere le mani sporche di sangue?
Qualche giorno fa, durante il question time alla Camera dei deputati, due parlamentari del Movimento 5 Stelle, Luca Frusone e Maria Edera Spadoni, hanno deciso di porre le cinque domande per conto delle Iene, insieme ad altri quesiti sull’export di armi dall’Italia al Regno saudita, al Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Nel rispondere, quest’ultimo ha dichiarato che: “[….] Come si evince dalle relazioni annuali sulle esportazioni di armamenti negli anni 2011-2015, l’Italia ha esportato in Arabia Saudita materiale da armamento […]” .
In attesa di avere una risposta ai propri quesiti, sia da parte del Ministro della Difesa che del Ministro degli Esteri, questa sera andrà in onda una nuova inchiesta di Dino Giarrusso con elementi inediti su questa intricata vicenda .