“Il cellulare è portatore di follia” – così Caiazzo (nelle vesti di Tonino Cardamone) inizia il suo show. “Noi scriviamo scemità a chi sta a km da noi e non guardiamo negli occhi chi abbiamo davanti” – continua. Anche durante i pasti non si comunica. Un ragazzo ha mandato un messaggio al padre per chiedergli il sale. Lui per tutta risposta gli ha inviato su whatsapp una foto della saliera.
“Come facevamo una volta? Sceglievamo giorno ed orario e ci incontravamo” – afferma Caiazzo – “Non si incontrano le persone ma i telefoni”.
Quando il cellulare va a terra a suo parere non è casuale, ma è il dispositivo che si è voluto buttare giù perchè non ce la faceva più.
Finito il monologo, Caiazzo sveste i panni di Cardamone e tornato se stesso si presenta. E’ nato a Napoli nel ’67 ed è orgoglioso delle sue origini partenopee. “Faccio il comico per professione. Faccio lo scemo dalla mattina alla sera” – continua.
Recentemente è andato da un bio-nutrizionista che gli ha promesso di insegnargli a mangiare sano. Il primo giorno ha perso 50 gr, tanto pesano i 200 euro spesi per iscriversi in palestra.
Ci parla della “Terronia”, la sua terra, con la canzone “Fare il napoletano stanca” – in versione breve – interpretata insieme a Federico Salvatore ( che è autore del brano). “Ma perchè per imporre un’idea, devo fare il simpatico? Con l’eterna battuta di chi non ha voglia di ridere” – dice la canzone. Quella dei napoletani è una vita fatta di luoghi comuni, fatta di risate suscitate per indole o per obbligo, per soddisfare le aspettative degli interlocutori. Il testo agrodolce di questo brano fa molto rifettere sui pregiudizi che ancora oggi accompagnano i partenopei.
Il termine “terrone” deriva dallo spagnolo “terrones”, che significa “zolle” ed evidenzia quindi il legame tra le persone ed il terreno. Quando viene impropriamente usato il termine terrone per insultare dunque in realtà si sta facendo un complimento, perchè si lega l’uomo a ciò che gli dà da vivere: la terra. Appellato così Caiazzo risponde dunque “grazie!”.
Il fraintendimento maggiore a suo parere parte però dal termine “sud”, che starebbe ad indicare un’inferiorità che però non esiste. “Noi al sud non siamo inferiori a nessuno. Il problema è che il concetto di inferiorità molto spesso ce l’abbiamo proprio noi terroni” – questa teoria è stata esposta anche da Pino Aprile. Si chiama “educazione alla minorità”: a forza di essere trattato da inferiore, l’uomo si autoconvince di esserlo davvero.
Neanche geograficamente era appropriato il termine sud. Inizialmente infatti al nord ed al sud c’erano due regni diversi. A sud c’era il Regno delle due Sicilie, culla di grandi invenzioni. Fu il Conte Camillo Benso di Cavour a chiedere a Garibaldi di unire l’Italia. Secondo Caiazzo, il nostro “Che Guevara” fu chiamato sul cellulare dal Conte, che gli chiese di conquistare il regno in cambio di una parte dei fondi della comunità europea.
Allora nelle casse del Regno di Napoli c’erano 443 milioni di lire in lingotti d’oro, in quelle del Piemonte circa 20. “Per quello in Piemonte c’erano le risaie” – commenta ironicamente. Secondo Caiazzo il Regno delle due Sicilie avrebbe potuto conquistare l’Italia e non farsi conquistare.
Federico Salvatore interpreta un altro dei suoi brani. Caiazzo diventa poi un vecchietto, si siede su una panchina e parla con un altro signore di Napoli (interpretato da Lello Arena). I due anziani si confrontano su spread, Brexit ed argomenti di attualità. Il dialogo è all’insegna del non-sense, ma cerca di scandagliare il senso della vita.
“Finchè mi chiama la mia risposta sarà sempre sì” – dichiara Arena.
Caiazzo lascia spazio a Giovanni Cacioppo, che ci regala un monologo in cui confronta le abitudini degli abitanti del sud e del nord Italia, ed a Uccio De Santis, che ci parla dei rapporti uomo e donna, marito e moglie, e della crisi coniugale.
Caiazzo entra in scena con un bimbo nel marsupio. Gli racconta una fiaba moderna, ma che riprende vari elementi della tradizione narrativa. Un boscaiolo incontra una bimba con il mantello rosso e la uccide, vede sette piccoli uomini (i sette nani) e ne uccide uno. Poi si fa tardi e torna di corsa a casa. E’ Natale, sua figlia lo accoglie felice e la mamma prepara le “penne alla boscaiola”. Arriva la suocera e proprio quando stanno per iniziare a mangiare si accorge che sono 13 persone a tavola e quindi le dà fuoco. Scartando i regali la figlia si accorge che gli oggetti riportano scritte come “Made in Taiwan”, “Made in Korea”, ecc ecc.e chiede spiegazioni al padre. Esprime poi un desiderio: che nel mondo nessun bimbo debba più lavorare.
E’ questa la bella morale della fiaba di Caiazzo.