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Giovedì 24 ottobre, alle 21.20 su Rai3, inizierà la seconda edizione di A raccontare comincia tu. Raffaella Carrà torna con quattro nuove interviste in profondità, realizzate a nomi altisonanti del mondo dello spettaoclo, della musica, del cinema, dell’arte.
Aprirà il ciclo un’intervista intima a Renato Zero, amico di una vita di Raffaella Carrà. Poi, sarà la volta di Loretta Goggi, altra grande protagonista della nostra tv, insieme proprio al caschetto biondo più famoso del piccolo schermo. Infine, siederano sul divano di A raccontare comincia tu Luciana Littizzetto e Vittorio Sgarbi.
Per la Carrà sarà interessante ocnfermarsi, dopo l’esordio sorprendente della scorsa primavera. Si tratta di un programma a cui l’artista non era abituata, per lei rappresentava un’incognita.
Il programma verrà presentato questa mattina, in una conferrenza stampa nella sede Rai di Viale Mazzini. Seguiamola insieme.
In apertura, arriva il saluto spontaneo della protagonista: “La Sala degli Arazzi mi ricorda presentazioni molto importanti. Quindi, oggi è una strana emozione. A raccontare comincia tu è un programma intimo e piccolino, quindi è strano essere in un posto importane come questo”.
A raccontare comincia tu – Le dichiarazioni del Direttore Stefano Coletta
Stefano Coletta, Direttore di Rai3: “Raffaella Carrà ha segnato le vite di tanti italiani, che aspettano con grande trepidazione il suo ritorno in tv. Ogni ritorno in tv è un evento. Quando, due anni fa, sono diventato Direttore, ho ragionato a lungo sul fatto che una rete generalista non può esserlo davvero senza rimettere al centro le idee e tutti i generi televisivi. Per questo ho voluto che arrivasse pure su Rai3 l’intrattenimento leggero”.
Continua sottolineando che per un canale come la terza rete è impensabile pensare a una serialità di lungo respiro nell’intrattenimento, visto il budget.
Ancora: “Eventizzando delle idee, però, si può fare. Appena seduto alla mia scrivania ho pensato che volevo Raffaella Carrà sulla mia rete. Perché sono stato un fan di Raffaella, certo. Ma lo volevo soprattutto perché credo lei abbia un’identità congrua alla rete che abbiamo costruito. Autentica, rigorosa, che racconta la contemporaneità, in cui la memoria non è dejavu, ma una chiave per la rilettura dell’oggi”.
QUindi passa a raccontare la sua “caccia Raffaella”. “Sono andato a casa sua più volte. Perivicacemente, mettevo sul tavolo idee ma non riuscivo a convincerla. Lei mi opponeva ogni volta ragioni reali. Però non andavo via affranto. Ad un certo punto, è arrivata la Ballandi che mi ha sottoposto il format e abbiamo capito poteva essere l’idea giusta. Dunque, l’abbiamo adattato a raffaella e all’Italia”.
Conclude: “Raffaella ha fatto la storia della tv, ma io non ho mai vista tirarsela. È una donna di grandissima saggezza, una donna straordinaria. Saggezza di sapere cosa può fare, qual è il progetto giusto per lei. Fa sempre un grande lavoro, con perfezionismo, serietà, sensibilità: dietro il suo talento c’è molto altro”.
Per quanto riguarda gli obiettivi, Coletta non si sbilancia: “Non vogliamo artifici, facciamo racconti che vogliono flussi veritieri, autentici. Forse per questo il pubblico ci premia.
La prima edizione ha raggiunto obiettivi superiori a quelli che la rete si era data. Perché la Carrà studia, scrive, pretende informazioni, sollecita i suoi autori. Dietro ciascun ospite c’è un vero e proprio dossier. Per questo funziona. Raffaella mi ha insegnato che nel modulo dell’intervista il codice che deve prevalere è la possibilità che anche uno scavo biografico o psicologico sia sempre contaminato da leggerezza”.
Chiude dicendo che dietro la seconda edizione c’è l’intento di continuare lungo questo solco. Evidentamente arricchito, affinato, perfezionato rispetto alla prima uscita, che era un’incognita per tutti.
A raccontare comincia tu – Parla Raffaella Carrà
Ora è il momento di Raffaella Carrà: “Questo programma è molto strano. Non ho uno studio, non ho un camerino. Vado nelle case, nei resort, nei salotti.. Girovago in varie città cercando un rapporto con le persone che intervisto”.
Come nasce un’intervista? “Mi arriva un tomo alto, gigantesco sulla persona da intervistare, lo leggo, mi preparo e poi scrivo qualcosa su ciò che secondo me è più interessante. Poi mi incontro con gli autori e ci confrontiamo.
Ciò a cui punto dopo, è a creare un rapporto con le persone. Le interviste durano anche due ore e mezza, per cui nasce un rapporto con la persona che ho di fronte. La vivo sul momento, per questo li chiamo incontri più che interviste. Una volta finita la registrazione, Sergio Japino e tutti i tecnici montano ciò che va in onda”.
Subito dopo spiega come è nato il programma. “Il Produttore Ballandi ha portato l’idea, ma è grazie a Stefano Coletta lo abbiamo cambiato all’italiana. Un po’ come Carramba, che nel format originale durava poco più di un’ora e noi lo estendemmo di molto”.
In A raccontare comincia tu, casa vuol dire “intimità”, spiega la presentatrice. “Che poi sia o realmente casa o meno è indifferente. Renato (Zero, ndr) l’ho incontrato nel suo camerino, perché sarà la sua casa ora che inizia il suo tour. L’importante è che sia il luogo in cui poter andare a trovare l’intimimità con l’intervistato”.
Ancora la Carrà: “In A racontare comincia tu è tutto piccolo, ma profondamente lavorato. Quando io studio, è come se leggessi un romanzo. Poi, accade che io trovi cose che nemmeno gli autori sapevano e lì si mette in moto un altro meccanismo. Il programma non ha niente di straordinario, se non l’emozione di vederlo. Non vogliamo puntare a personaggi per forza irraggiungibili. Serve cercare qualcosa di peculiare in quello che hanno da dire.
Sui risultati attesi: “Basta con la parola ‘aspettativa, altrimenti la prendo io l’aspettativa, dalla rete (ride). È un lavoro strano che faccio, tremo per quanto sono coinvolta”. Si riferisce al lungo un lungo e duro lavoro di preparazione, ma anche al modo in cui cerca di immergersi nell’intervista quando la realizza.
In chiusura: “Dopo la prima edizione io volevo chiudere, tanto era stato sorprendente il successo rispetto alle aspettative. Per questo ora ho chiesto di fare solo 4 puntate. Per me un programma così è tutto nuovo, tutto difficile, un gran lavoro. Anche se è vero che le imprese difficili mi piacciono di più, con la mia esperienza. Ecco, mi manca la confidenza con la diretta, visto che in questo caso è tutto registrato. In ogni caso, mi auguro che domani sera sia contenta la rete, siate contenti voi e sia contenta io”.
Le domande dei giornalisti
Ci racconti qualche curiosità, qualche dietro le quinte, qualche personaggio che le ha detto di no…
Raffaella Carrà: “Mi ha detto di no Roberto Benigni. Perché lui ha questa teoria secondo cui non possiamo fare qualcosa di migliore rispetto a quanto abbiamo già fatto. Secondo me il vero motico è che non ha voglia di raccontarsi, ma è stato carino a dirmelo personalmente.
Veri episodi particolari particolari da raccontare non ne ho. Però ricordo perfettamente il momento in cui entrai a casa del Direttore Riccardo Muti. Ero intimorita, non sapevo come sarebbe adara al cospetto di uno dei più grandi Direttori d’Orchestra del mondo. Sua moglie ha i capelli turchini, perché lei adora i giovani con il rap e l’ho trovata sorprendente, così distante dall’immaginario della musica classica, dell’opera.
Quando sono entrata io ho guardato Riccardo Muti, lui ha iniziato a parlarmi in molfettese e poi mi ha sorriso. Da lì si è creato un flusso, in due ore creo un flusso, non ho nemmeno tempo per soffermarmi su episodi particolari”.
Sembra che lei non si limiti a far raccontare la vita, ma in qualche modo inserisce la sua nel racconto dell’intervistato. Continuerà questa impostazione?
Raffaela Carrà: “Quella è la chiave che ho pensato io per essere diversa da una giornalista, ad esempio, che sarebbe molto più brava di me a fare interviste. Secondo me è una chiave che mi differenzia da tutto il resto, da tutti gli altri. Ma è una cosa comunque spontanea, che viene nel dialogo”.
Quando tira fuori l’esperienza personale teme di non essere in sintonia con quella dell’ospite?
Raffaella Carrà: “Se mi ponessi questi dubbi non potrei farlo, perché molto dei personaggi sono completamente diversi, per tanti potrei persino provare una sorta di soggezione. Però io faccio tutta con la massima umiltà, ma senza sentirmi inferiore, perché nella vita tutti abbiamo dei momenti che ci accomunano ed è su quelli che provo a fondare i lavoro”.
Ci svela qualcosa che l’ha colpita intervistando Renato Zero, anche se vi conoscete molto bene? La De Filippi ha detto che le piacerebbe lavorare con lei. Cosa ne pensa?
Raffaella Carrà: “Voi non ci crederete, ma a me non va di lavorare. Avete capito com’è la cosa? (ride, ndr). fare qualcosa con Maria De Flippi mi incuriosisce molto, ma non mi va di avere la vita ansiogena. Ho 76 anni ed ho fatto praticamente tutto, non vorrei fare niente che sia a lungo raggio. Voglio fare piccole cose e che siano apprezzate.
Che poi non ho fatto tantissimo in tv, semplicemente ho fatto programmi che hanno segnato la storia.
Quando ho fatto Carramba, mancavo da 5 anni, abbiamo rivoluzionato un format in cui si piangeva troppo e all’inizio non volevo fare. Poi è stato un successo di 5 anni dai numeri notevolissimi.
A fare Sanremo mi hanno quasi costretto. Ho ceduto e alla fine è stato un successo. Anche musicale per la vendita di dischi – ad esempio quelli di Elisa – che non sono stati più pareggiati dopo Sanremo 2001. Nessuno lo riconoscere.
L’intervista a Renato Zero è stata molto difficile, proprio perché siamo molto amici. Lui non voleva parlare tanto dei periodi che lo hanno fatto soffrire. Ma come un punteruolo, piano piano piano sono entrata in questo mondo che lui vorrebbe quasi dimenticare. Senza entrare nello specifico, perché non voglio far male a nessuno, penso di aver fatto uscire un Renato un po’ intimo”.
La seconda ospite di questa serie di interviste sarà Loretta Goggi. Come mai quando ci sono di mezzo le donne si parla sempre di grande rivalità? Cosa che succede raramente per gli uomini…
Raffaella Carrà: “Ho scherzato anceh con lei su questo. In realtà, non c’è rivalità, perché lei è diversissima da me. Infatti sul finale ho detto che ‘Ha un tale talento la signora, che Rai1 se ne dovrebbe accorgere’. Lei deve stare nella pista da cui mi voglio tirare fuori.
Per il resto, sono mille anni che gli uomini ci tengono sotto le scarpe, ora stiamo cominciando a risalire la gamba. Siamo abituate a questo ritornello inutile delle rivalità, ci mettono in competizione. Però qualche passo lo abbiamo fattto e lo stiamo facendo”.
Ha detto che impiega circa 10 giorni per entrare in sintonia con il personaggio. Dalla lettura del ‘tomo’?
Raffaella Carrà: “Si, partono da lì. Poi le cose devono maturare e il tempo passa con l’ansia e i pensieri sempre crescenti. L’ansia sale e il pensiero fisso ti distraggono. Ho parlato con Fiorello e mi ha detto che già qeust’estate era completaemnte assorbito da Viva RaiPlay. A me succede la stessa cosa, solo che faccio fatica.
Per questo, non escludo terza edizione, ma per ora pensiamo alla seconda. Mi piacerebbe trovare personaggi stranieri amati in Italia, da intervistare. Ma ci vogliono tempo e soldi. Però, ecco, questo ti dà stimolo, la spinta della curiosità di andare a vedere, cercare, provare”.
Dalla prima edizione si è notato come la resa di A raccontare comincia tu dipenda molto dall’ospite. Qual è la strategia di selezione degli ospiti? Lei si riconosce nella tv dei sentimenti che molti collegano a Carramba?
Raffaella Carrà: “Carramba era una cosa diversa. Era uno spaccato dell’Italia emigrata perché non c’erano cibo e lavoro. Era finire in gloria un incontro che non avveniva da tanti anni. Non voleva essere una trasmissione del dolore. Oggi vedo un po’ di Carramba che gira di qua e di là, ma è tutto diverso.
La selezione. Alcuni personaggi li ho chiesti io, magari per entrare in punta di piedi in una rete che non era la mia. Paolo Sorrentino l’ho chiesto per sgridarlo di persona: ha messo “A far l’amore comincia tu” ininterrottamente per sette minuti nel suo film”.
C’è stato un ospite che non l’ha soddisfatta? Da telespettatrice guarda la tv?
Raffaella Carrà: “Sono ancora molto legata alla tv generalista. Onestamente, mi piace la tv della gente, con i conduttori presenti. Poi, prima o poi avvierò Netflix.
Non tutto mi piace moltissimo. Mi fa soffrire quando un programma potrebbe essere fatto meglio, che non va per poche, piccole scelte poco felici, che appesantiscono. Tipo La Vita in diretta. Io la alleggerirei, sento che c’è qualcosa che impedisce ai conduttori di essere più ariosi, rilassati. Se avessi un programma così io andrei dal Direttore e gli direi che un programma del genere non lo potrei fare. Io voglio eliminare l’angoscia.
Nessuno mi ha mai scontentato. E sembrerò presuntuosa, ma tutti mi hanno detto che i personaggi intervistati nella prima serie hanno acquistato molti punti in simpatia da parte del pubblico. In tv, a meno che tu non ti esibisca, non faccia fiction, quello che conta è cercare di aiutare l’intervistatore a portare a casa la simpatia. Non puoi tirarti indietro”.
Se la invitassero ad A raccontare comincia tu?
Raffaella Carrà: “Sono molto impegnata (ride, ndr). Mah…saprebbe di coccodrillo, per me. Ho lavorato così tanto che adesso vorrei solo sentirmi libera. Voglio essere una diciottenne scatenata”.
Ha mai pensato di intervistare dei politici?
Raffaella Carrà: “Nella prima serie mi hanno proposto di intervistare il Presidente Conte. Cosa posso chiedere io al Presidente Conte? Ero in ansia. In quel momento non ero pronta. Intervistare un politico costringe poi anche al rispetto della par condicio, che non mi piace. Per il momento non sono interessata”.
Come passa le sue giornate qunado non lavora?
Raffaella Carrà: “Non è che non voglia lavorare è che desidero fare cose che chiedano breve tempo di impegno – magari intenso, ma breve – e poi mi lascino lunghi periodi di libertà.
Nel tempo libero leggo libri – mi piace molto Gianluigi Nuzzi, ce non ho mai incontrato – viaggio in Europa e mi occupo dei miei nipoti. Hanno più di trent’anni, ma avevo promesso al padre, morto giovane, di fargli da papà. La madre è troppo arrendevole (ride, ndr). Per il resto, mi occupo di adozioni a distanza. A questo proposito, ricordo le iniziative con cui abbiamo aiutato tatnissimi bambini negli anni.
Ecco, vi ricordate di Bob Geldof insieme a Bono Vox degli U2, quando parlavano di debito africano? Grandi conferenze stampa, eventi, presentazoni di progetti… Dove sono tutti questi bei progetti per l’Africa? Se tu vuoi aiutarli, non serve costruire un pozzo. Ci sono Paesi che hanno comprato tutti i terreni vicino ai fiumi, privando i popoli di acqua. La situazione è moto complessa. Se io faccio promessa, la mantengo. Bob Geldof e Bono dove sono?”.
Con questa (neanche troppo) piccola polemica, si chiude al coenferenza stampa di presentazione di A raccontare comincia tu.