Il conduttore apre la puntata dall’estremità più alta della Cascata delle Marmore: è da qui che inizia il viaggio odierno.
Frutto di un lavoro fatto nel 271 a.C, 165 i metri di dislivello: ha una portata di 16mila litri d’acqua al secondo, mentre quando è chiusa è di solo 120 litri.
Si trattò di un lavoro di alta ingegneria, voluta da un console per bonificare l’area: i ternani protestarono all’idea che il Nera confluisse nel Velino. Pare che persino Cicerone si fece portatore del loro malcontento.
Ripercorsa brevemente la storia di questa cascata artificiale, presto Giacobbo si cala in uno dei pozzi strutturali in compagnia di un esperto:a rticolato su 11 livelli, il cemento alle pereti ha 45 centimentri di spessore.
Siamo ora a Todi, all’interno del campanile di San Fortunato, da cui si domina il paesaggio circostante. Ma naturalmente il conduttore si cala subito sotto la chiesa per la bellezza di ben 153 gradini: una volta arrivato apre un cancelletto che, ovviamente, di solito è chiuso. Questo luogo aveva una caratteristica: durante le scorribande, le donne in età da marito venivano protate qui per essere preservate da violenze sessuali: nascoste in un luogo invisibile, noto solo a chi lo conosceva.
Accompagnato dallo speleologo Gianluca, ora è la volta di scendere nel “sotterraneo più difficile”, la cui altezza equivale a quella di un palazzo a quattro piani: l’ingresso avviene da sotto uno dei gradini del campanile. La musica in sottofondo sottolinea la delicatezza del momento: l’imbracatura tocca, Giacobbo riesce a malapena a passare nel cunicolo. Una volta sceso poi, la situazione è ancor più proibitiva, dato che lo spazio è di 1metro e 60: il cameran al seguito, di conseguenza, non fa che inquadrare il fondoschiena di Giacobbo piegato in avanti.
Via via il cunicolo si fa sempre più impervio: si entra strisciando, si cammina in ginocchio sull’acqua, fino alla cisterna. Per uscire però, c’è una più comoda scala: ma prima di lasciare i sotterrani, viene inquadrata l’acqua pulitissima. Si riemerge nella piuazza principale di Todi.
Ci spostiamo ora vicino Malaga, in Andalusia: stavolta ci si inerpica sulla gola del Caminito del Rey, il “cammino del re”. Sotto i piedi di Giacobbo, un vuoto di 120 metri: la lunghezza del cammino è in totale di sette chilometri.
La ferrovia, costruita in precedenza nella zona circostante, collegava Malaga alle zone interne. A un certo punto, per raggiungere il treno, venne costruito un apposito ponte: ora privo di sostegni laterali, questa parte non è accessibile. Il ponte venne costruito appositamente per il re, per consentirgli di salire sul treno e tornare indietro.
Come se non bastasse, arriva anche il momento del ponte tibetano: Giacobbo raccomanda al cameraman, il fidato Marco, di fare attenzione perché balla tutto.
Infine, si arriva fin sopra la diga.
Ma torniamo ora in Italia, ad Assisi. Si parla di Gino Bartali: con Laura Guerra, giornalista, viene raccontato come il campione prendesse i dati e le fotografie di ebrei, li arrotolasse, li inserisse nel manubrio e nel sellino, e li portasse in tipografia ad Assisi nascondendoli nelle parti della bicicletta. In questo modo venivavno creati documenti falsi che avrebbero permesso alle persone di scappare e salvarsi dal regime. BArtali era stato scelto in quanto insospettabile: nessuno avrebbe osato “fermarlo”.
Prese foto e dati dal cardinale di Firenze, il campione compiva la tratta Firenze-Assisi diverse volte a settimana. La tipografia era a fianco di un commando tedesco: il centro umbro, zona sacra, non è mai stato bombardato, perciò era zona franca.
Al ritorno, Bartali aveva con sé i nuovi documenti per gli ebrei. L’excursus è inframmezzato con le immagini della fiction Rai interpretata da Favino.
A 13 anni dalla sua morte, sarebbe stato insignito dell’onoreficienza di “giusto tra i giusti” da Israele.
Andiamo ora a Ferentillo. Qui Giacobbo si concentra sul “museo delle mummie“: si tratta di corpi mummificati che erano stati disseppelliti per motivi di sicurezza, cioè un adeguamento all’editto napoleonico di tumulare fuori dalle città per evitare contagi. Quando i corpi vennero estratti dalla terra, ci si accorse che erano mummificati: a differenza dell’antico Egitto però, qui tutto è successo in maniera naturale.
Giacobbo ci mostra cadaveri che hanno mantenuto la pelle sopra lo scheletro, i vestiti del tempo, i segni dell’autopsia. All’origine del processo di mummificazione, la terra ricca di calcare e magnesio.
Alle 23.00 si apre il segmento di “quello che non si può dire”: l’argomento è il Titanic. O meglio: le 12 coincidenze che si nascondono dietro l’affondamento.
Innanzitutto non vennero rispettati i riti scaramantici per il varo. Poi lo sciopero dei minatori che costrinse l’azienda a comprare il carbone per la traversata da altre imbarcazioni, le quali annullarono diversi viaggi.
Il giornalista William Stead, a bordo in prima classe, aveva avuto delle intuizioni molto simili ai fatti verificatesi. Le scialuppe poi erano nettamente inferiori al bisogno; sul Titanic inoltre, non era mai stato provato il loro ammaraggio.
Ancora: il capitano aveva cambiato rotta proprio per evitare gli iceberg. Usando dei binocoli però, si sarebbero potuti vedere gli iceberg: ma i binocoli rimasero chiusi, e gli uomini sostituiti dal capitano all’ultimo, non avevano la chiave della cassaforte in cui erano conservati.
Via via viene ripercorso l’affondamento, sino all’inabissamento completo. Quasi 1000 persone i ritrovarono in acqua: in 625 si aspettavano di essere ripescati dalle scialuppe semivuote, molti die naufraghi muoiono di ipotermia.
La puntata si conclude qui, ma prima lì’ipotesi che il capitano Smith avesse abbandonato la nave e condotto una vita normale sotto falsa identità.