Indice dei contenuti
Il nuovo programma di stampo documentaristico Da quel giorno è in onda su Rai3 per quattro puntate, a partire da venerdì 21 maggio, alle 23.15.
Da quel giorno si propone di raccontare le storie dei protagonisti che hanno vissuto sulla loro pelle esperienze drammatiche e segnanti. Che siano semplici passanti, soccorritori, testimoni o sopravvissuti non ha importanza. Le loro vite, da quel giorno, non sono più state le stesse.
Nel corso della prima puntata è raccontata la tragica vicenda del terremoto che ha distrutto la città di Amatrice. Era il 24 agosto, alle ore 3:36, e nessuno si aspettava quel che poi accadde. Il racconto della vicenda è affidato a Fabio e Michela, due genitori le cui figlie erano rimaste intrappolate sotto le macerie della loro abitazione.
Vi ricordiamo che potete seguire i documentari di Da quel giorno anche in streaming su internet, tramite il sito RaiPlay.
Da quel giorno 21 maggio, la diretta
“Quando nasciamo non sappiamo cosa ha in serbo per noi il destino. Un giorno che cambia tutto, e ci mette alla prova. Chi sopravvive, deve trovare la forza a partire da quel giorno” racconta il narratore del documentario.
Quindi, parla subito Fabio Siranni, uno dei protagonisti della narrazione di oggi. L’uomo racconta di come abbia conosciuto sua moglie, Michela. E della nascita delle due figlie Giulia e Giorgia.
Non sanno che le loro vite stanno per essere stravolte da una terribile tragedia: il terremoto di Amatrice nella notte del 24 agosto 2016.
“Le vittime erano quasi tutte villeggianti, che abitavano le case ereditate dai nonni per godere del fresco in montagna” continua il narratore.
“Abbiamo fatto sempre tutto insieme come famiglia. Solo d’estate ci separavamo: Fabio doveva tornare a lavoro a Roma per lavorare, e ci raggiungeva nei weekend.” continua Michela, la moglie di Fabio.
Da quel giorno 21 maggio, la notte del terremoto
“Ho capito che qualcosa di grave poteva essere successo quando ho notato che le scosse non finivano mai” racconta Danilo, soccorritore dei Vigili del Fuoco.
“Quella notte sognai mio padre, morto diversi anni prima. Eravamo in una piazza, poi entrammo in una casa. Una volta uscito mi accorsi che la macchina non c’era più. Un gruppo di ragazzi mi aggredii, ed io ero come un supereroe. Alla fine del sogno, ero su un cumulo di macerie. Cercai di interpretare quel sogno con un libro: capii che la mia vita stava per cambiare radicalmente. Non immaginavo in questo modo. Poco dopo, alle 3.36, si muove tutto.” racconta Fabio.
“Non c’è tempo di reazione, è troppo veloce. Ci muovevamo in alto e in basso, a destra e a sinistra. C’era un rumore forte, e un odore di morte. Senti solo quello, nient’altro. E poi sentivi urla, grida di aiuto. Fabio ha provato a chiamare le bambine, e loro non ci rispondevano.” racconta Michela in lacrime.
“La camera delle bambine era sopra una cantina. Il pavimento cedette, e loro caddero 11 metri sotto. Pensammo fossero morte.” prosegue Fabio. “Le travi dei soffitti crearono una camera di sicurezza per me e mia moglie.”.
Da quel giorno 21 maggio, il salvataggio di Fabio e Michela
“Il telefono squillò, era mia sorella. Le raccontammo che eravamo sotto le macerie, e che le bambine non c’erano più.” afferma Michela.
“Ci trovarono perchè li vidi passare attraverso un piccolo buco tra le macerie. Non eravamo molto in profondità, solo 70 centimetri. Mio cognato scavò con le mani per farci respirare. Là dove dormivamo noi i soccorsi arrivarono dopo 4 ore.” prosegue Fabio. “Quando uscimmo da sotto le macerie, ebbi la certezza che le bambine non c’erano più. Della loro cameretta non era rimasto niente.”.
“Volevo tornare a scavare appena uscito per cercare le bambine. Mi portarono via di forza, in ambulanza. Michela stava male, la portarono d’urgenza ad Ascoli.” dice Fabio. “Mi sedarono, ero in continuo dormiveglia. Vedevo la gente passare, ma non capivo.” continua Michela. “Mia madre mi disse: io prego tanto, ma due miracoli non me li può fare nessuno. Almeno uno sì però”.
Da quel giorno 21 maggio, il salvataggio di Giorgia
“Ero in continuo contatto con un maresciallo, che mi chiamò per dirmi che avevano trovato le mie figlie. Ma era un caso di omonimia. Verso le sette di sera, poi, mi richiamò, per dirmi che avevano trovato Giorgia. Ma per Giulia mi dissero di aspettare” prosegue Fabio.
“Entrò nella mia stanza una poliziotta, bella, come un angelo. Mi guardò, mi chiese il nome delle mie figlie. E mi disse che Giorgia stava arrivando. E che stavano cercando Giulia. Non era vero.” conferma Michela. “Dopo un po’, mi dissero la verità: Giulia non c’era più.”.
“C’è stata una mobilitazione generale fino al mattino. 60 pompieri si sono alternati per scavare fino alla stanza dove erano finite le bambine.” continua il soccorritore Danilo. “Giorgia si fece subito sentire. Purtroppo per Giulia non c’era più niente da fare.”.
“Mi ricordo gli occhi di Giorgia quando sentì la mia voce. La luce nel suo sguardo cambiò.” dice commosso Fabio. “Non avrei mai pensato di scoprire quanto siamo impotenti nei confronti della natura.”.
La scomparsa di Giulia, il racconto di Cristina
“Volevo capire. Come l’hanno presa, dov’era. In televisione vedi persone per terra, coperte con un telo. E tu immagini tua figlia in quella condizione.” racconta Michela.
“Giorgia si ricorda tutto. Diciassette ore e mezza sotto le macerie sono inimmaginabili per una bambina di quattro anni. E’ un trauma.” prosegue Fabio.
Segue la testimonianza di Cristina Betti, sopravvissuta al terremoto quando era solo una bambina nel 1997. E poi, di nuovo, nel 2016. “Ho questo ricordo, mia madre allattava mia sorella e preparavano il pranzo. A un certo punto ho chiesto se potevo andare nella mia casa, di fronte, a prendere un gioco. Mi diede il permesso. Sono andata e tornata. Nel momento in cui ho messo la mano sul portone ho sentito grandi urla: mia madre mi diceva di non entrare.”.
“Vidi un pallone nero e blu, e mi misi a giocare in strada.” prosegue Cristina. “A un certo punto perdo l’equilibrio, cado a terra. Mi rialzo, e vedo la mia casa: era un cumulo di macerie.”.
L’accettazione, l’associazione in memoria di Giulia
“Io la vedo come se Giulia sapesse che non sarebbe tornata dalla vacanza. Si era portata tutte le sue cose, i suoi giochi con sè.” racconta Michela. “Se chiudo gli occhi e penso a Giulia, la vedo che mi abbraccia.”.
“Giorgia è una bambina serena adesso. Ci ha dato modo di continuare a vivere. La abbiamo fatto crescere spensierata, ci facciamo forza e ci sosteniamo insieme. Lei è il 90% della nostra forza oggi” dice Fabio.
“Da subito ci siamo detti che avremmo dovuto dare uno scopo a quello che era successo. Ci abbiamo messo del tempo per metterla in atto, ma l’idea dell’associazione è giunta subito. Volevamo aiutare altri bambini” dice Michela. “E’ un modo per far andare avanti e crescere Giulia” continua Fabio.
Poi, Fabio, legge ad alta voce una lettera dedicata a Giorgia. “Spero tu possa dimenticare quello che hai dovuto passare. Vorrei toglierti parte del dolore che porti dentro. So che ti manca Giulia. Hai dovuto dimostrare forza e carattere per crescere, ma lei non ci lascia mai. Ci guarda dal cielo e ci sorride.”.