Nato dal soggetto di Roberto Recchioni, Monolith è innanzitutto una graphic novel della Sergio Bonelli Editore. Non si tratta però solo di un prodotto editoriale: la storia infatti, è stata concepita subito come film, un thriller per l’esattezza, diretto da Ivan Silvestrini.
I livelli di lettura sono diversi: da un lato la semplice storia, dall’altro il rapporto dell’uomo con la tecnologia. Perché l’auto su cui Sandra viaggia insieme al figlioletto di due anni, da sicura si trasforma all’improvviso in una trappola mortale: blindata, chiusa senza possibilità di essere aperta, la tecnologia che la rendeva un “monolite” sicuro, si rivela un’oscura condanna. I sistemi avanzati che proteggono, mostrano un volto inaspettato: e Sandra, sola nel deserto, lotterà con tutte le proprie forze per aprire lo sportello.
Proprio quell’auto i cui sistemi avanzati l’avevano convinta a mettersi in viaggio, diventa presagio di morte. Persa nel deserto, con il bambino chiuso nella macchina, quella di Sandra sarà una corsa contro il tempo per liberarlo.
Animali selvaggi a piede libero nella notte, una corazza che appare indistruttibile: la prova che attende la donna è delle più impervie. Una missione impossibile, in una claustrofobica battaglia con una tecnologia che non risponde più agli ordini umani.
Alta tensione dunque, almeno nelle intenzioni: il personaggio interpretato da Katrina Bowden non convince del tutto, seppur gli elementi di partenza facessero ben sperare. La sua Sandra, pop star la cui carriera è finita, è umana nei rimpianti di un passato glorioso, così come lo è nella gelosia che la fa partire on the road. Non lo risulta invece altrettanto nelle scene drammatiche, dove la disperazione della donna dovrebbe coinvolgere al massimo lo spettatore.
Monolith però rimane un esperimento interessante: per il genere, ben poco esplorato dagli sceneggiatori della penisola, e per la sua internazionalità. L’augurio è che si prosegua su questa via: scrivere storie nuove da poter vendere all’estero, sulla scia di quel Jeeg Robot che ha aperto la strada a un genere di ispirazione “fumettistica” nel cinema italiano.
Da sottolineare che, nel film venduto in oltre 20 paesi nel mondo, si evita di esprimere un giudizio positivo o negativo sulla tecnologia. Resta la constatazione che l’auto si è trasformata in una prigione perfetta e mette in discussione tutte le nostre sicurezze.
Lo sceneggiatore Mauro Uzzeo sottolinea che l’aspetto più interessante della pellicola è l’aver prodotto un thriller con una storia drammatica, credibile, tutta italiana con nulla da invidiare ai grandi blockbuster hollywoodiani.
Per fortuna che c’e’ lo staff di SKYlucio
Per fortuna che c’e’ lo staff di SKY,,