Le iene show – Intervista alla figlia di Riina
Recentemente è balzata agli onori della cronaca la notizia che, su un sito di e-commerce, era stato pubblicato un annuncio per la prevendita di alcune cialde da caffè dedicate a Totò Riina, il boss di Cosa Nostra deceduto lo scorso 17 novembre. Questa iniziativa, secondo quanto riportato dai media, sarebbe stata lanciata dalla figlia del “Capo dei capi”, Maria Concetta, e dal genero Antonino Ciavarello, che da anni vivono a San Pancrazio Salentino (Brindisi).
Il progetto ha suscitato forti polemiche, tanto da spingere il sito di e-commerce a bloccare la pagina dedicata alle cialde. Giulio Golia si reca nel piccolo centro pugliese per intervistare Maria Concetta.
Di seguito alcuni stralci:
Iena: Quando suo padre era latitante…
Maria Concetta: Noi eravamo con mio padre, stavamo insieme.
Iena: E dove eravate?
Maria Concetta: In giro per l’Italia. […] Giravamo sempre, di continuo, non ci fermavamo mai.
Iena: Chi c’era?
Maria Concetta: Io, mia madre e i miei fratelli. […] Io, mio padre, mia madre e i miei fratelli siamo stati sempre insieme durante la latitanza. Non andavamo a scuola, era mia madre a farci da insegnante, perché giravamo sempre, di continuo, non ci fermavamo mai. Ma nonostante tutto facevamo una vita normale, andavamo a fare la spesa…
Iena: Ma anche lui veniva?
Maria Concetta: Sì, sì, usciva normalmente, senza trucchi, senza maschere. Ti sembrerà allucinante eppure è così.
Iena: Giravate anche per Palermo?
Maria Concetta: Sì, anche. Quando c’era bisogno uscivamo, per andare a fare la spesa, in farmacia. […] Quando ci fu la strage di Capaci l’abbiamo saputo dal Tg, eravamo tutti sul divano. Mio padre era normale, non era né preoccupato né felice, e non è vero, come hanno detto, che ha brindato con lo champagne.
Iena: Bernardo Provenzano veniva a casa?
Maria Concetta: No, non lo conosco io. In televisione l’ho visto. Forse all’epoca con mio padre quando erano ragazzini a Corleone si conoscevano, penso, perché erano vicini di casa. Però io a casa nostra non l’ho mai visto. Sembrerà strano perché molti diranno “mangiavano e bevevano insieme” ma non è vero. Può essere che mio padre queste persone le conoscesse e intrattenesse rapporti al di fuori dell’ambiente familiare.
Iena: Ma voi sapevate di essere in latitanza? Che cosa vi diceva?
Maria Concetta: Noi facevamo una vita normale.
Iena: Ma lui arrivava e diceva “ce ne dobbiamo andare”?
Maria Concetta: Diceva “per il lavoro, dobbiamo andarcene in un altro posto”. […] Non lo capivamo…magari eravamo pure piccoli. Non avevamo questa percezione di una cosa brutta, negativa… tipo che fossimo braccati. Non ci diceva “dobbiamo scappare” di notte oppure “dobbiamo allontanarci perché siamo seguiti o siamo braccati”. No, lui ci diceva con calma “dobbiamo andarcene…”.
Iena: Prendevate la macchina…?
Maria Concetta: Sì, facevamo le valigie e ce ne andavamo.
Iena: Ma andavate anche in vacanza?
Maria Concetta: Sì, andavamo al mare, stavamo una, due settimane.
Iena: In quel periodo c’erano molti posti di blocco, ne avrete trovato uno?
Maria Concetta: La verità? Neanche uno, mai.
Iena: Non avete mai visto neanche un carabiniere?
Maria Concetta: Li abbiamo visti però non ci fermavano.
Iena: E suo padre che faceva?
Maria Concetta: Era tranquillo. Nella vita siamo stati magari fortunati per 20 anni… giravamo e non ci fermava mai nessuno…
Iena: E quando è stato arrestato?
Maria Concetta: Noi non c’eravamo. L’abbiamo visto in tv. Abbiamo raccolto le nostre cose, chiamato un taxi e siamo andati, mia madre e i miei fratelli, a Corleone.
Maria Concetta: Me ne sono andata dalla Sicilia per stare lontani dal contesto e stare tranquilli, ma non è stato possibile perché ci hanno sequestrato ingiustamente le aziende intestate a mio marito e ci hanno buttati in mezzo alla strada. Questo perché noi ci chiamiamo Riina. E noi dobbiamo essere colpevolizzati per questo per tutta la vita, solo perché non prendo le distanze da mio padre? Non mi sembra giusto. Se esiste la legge esiste per tutti, non è che per i Riina la legge deve essere diversa. Dove dovrei andare? In esilio a Honolulu?
Iena: Però è curioso che siete venuti a stare in Puglia a 30 km da Mesagne, dove è nata la Sacra Corona Unita…
Maria Concetta: Io non ho rapporti con queste persone. Allora, se andavo a Napoli e c’era la Camorra, o in Calabria e c’era la ‘Ndrangheta? Dove dobbiamo andare, in un’isola deserta?
Maria Concetta: Io non posso prendere le distanze da mio padre. Perché mio padre ai miei occhi era un’altra persona, non è il mostro che vedete voi, che vede l’Italia intera. È stato un buon padre. E poi penso che ci sono delle cose che in cuor mio non sono state commesse.
Iena: Ma era uno stinco di santo suo padre?
Maria Concetta: Non lo so se era uno stinco di santo, non lo devo giudicare io, sarà il Signore a giudicarlo, l’ha già giudicato del resto, è morto il 17 novembre. Se non era uno stinco di santo sarà all’Inferno, se lo era starà in Paradiso. Non lo so dove sarà. Per me è stato un buon padre.
Iena: Ci sono pentiti, intercettazioni… Non posso condividere quello che mi dice, è follia. Non può non prendere le distanze da suo padre…
Maria Concetta: Io ho le mie buone ragioni per pensare che mio padre in certe cose non c’entra. Non ha potuto fare tutto quello da solo.
Iena: Ma era un pupazzo suo padre?
Maria Concetta: Non lo so se era un pupazzo.
Iena: Ma perché non prende le distanze, c’è qualcosa che noi non sappiamo?
Maria Concetta: Può essere ma io non lo so… Il problema è che nel momento in cui lo dico vengo attaccata, perché mio padre ha fatto comodo a tante persone. Si è accollato tante cose che altrimenti avrebbero dovuto accollarsi altri. Era un parafulmine.
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