Giacobbo apre la puntata da New York, alla ricerca delle opere italiane all’estero.
Il primo argomento riguarda gli studi degli scienziati sulle piante: una tecnologia in grado di raccontarci cosa comunicano. Del resto, dice il conduttore, “le piante erano su questo pianeta prima di noi, e forse ci saranno anche dopo di noi”.
Nel secolo scorso, negli Usa, diversi esperimenti avrebbero dimostrato, con l’ausilio di apparecchiature elettroniche, di rivelare che le piante soffrivano. Urlavano, come scriveva nel 1970 la Pravda: secondo il giornale russo, le piante non comunicavano solo in presenza dell’uomo.
Le due potenze della Guerra Fredda insomma, erano entrambe interessate alle piante. Di più: alberi e piante avrebbero stabilito tra loro una rete di comunicazione, trasmettendosi informazioni.
Gli scienziati però, non hanno decodificato questo linguaggio. Pare comunque che le piante più grandi si prendano cura della radici più piccole.
Da Central Park, Giacobbo si sposta in una cittadina del New Jersey a 40 chilometri da New York. Qui le telecamere riprendono un laboratorio in cui si analizzano le colture e, ad esempio, si possono modificare sulla base dei gusti dei consumatori.
Seguendo la scia degli “italiani straordinari” che si sono caratterizzati per il loro essere “sognatori”, vengono raccolte alcune testimonianze: tra queste Simona Atzori, ballerina e pittrice senza braccia, ed Elisabetta Dami, autrice di Geronimo Stilton.
Siamo ora a Roma, per vedere la Sala Zuccari: la sede della massoneria. Nella sala, sorta su un tempio dedicato a Re Salomone, era già presente gran parte dei simboli del Grande Oriente d’Italia.
Poi si va al Senato, per mostrare una stanza rimasta inedita nel corso della puntata a esso dedicata: il “tempio della suocera”.
Con musichetta horror in sottofondo, ancora una volta, si cambia completamente argomento. Giacobbo è a Whitechapel, quartiere londinese, sulle tracce del leggendario assassino Jack Lo Squartatore.
Sedici in totale le vittime dell’omicida, tutte prostitute uccise con la stessa tecnica: la recisione della gola per non poter urlare. La paura serpeggiava, si capì presto che il killer aveva delle conoscenza precise del corpo umano: a quel punto il sospetto si fece alto, in molti vennero accusati di essere il maniaco.
A un certo punto si ipotizzò che fosse un ebreo, accrescendo così l’antisemitismo. Finché arrivò una lettera di sfida alla polizia, firmata appunto “Jack Lo Squartatore”: l’uomo aveva un nome.
Gli orrori a Londra proseguirono: alla polizia vennero recapitate lettere in cui si annunciava il prossimo omicidio. I corpi vennero trovati aperti, sezionati: gli organi interni erano stati prelevati.
Arriva l’ennesimo massacro, l’omicidio di Mary Jane: una donna a cui viene tolta la carne delle cosce sino a vederne l’osso, i seni tagliati e messi di fianco al suo corpo.
Non si giunse a una soluzione: il caso venne archiviato, però quello di Jack Lo Squartatore è il primo profilo di serial killer delineato. Un uomo apparentemente normale, con forti segni di instabilità mentale; probabilmente nemmeno conoscitore dell’anatomia umana, quanto solo desideroso di massacrare. Siccome tutti gli assassini si erano verificati nel fine settimana, il responsabile aveva probabilmente un lavoro regolare durante la settimana.
Vi furono due sospettati: uno si suicidò, l’altro invece venne chiuso in manicomio dalla famiglia.
Negli anni ’90 la scoperta di alcuni diari riapre il caso. I discendenti di una delle vittime fornisce lo scialle col dna dell’assassino: l’esame del dna viene a sua volta fatto ai discendenti dei sospettati, giungendo così al nome di Aaron Kosminski.
Dall’Inghilterra si torna in Italia: a Pisa per l’esattezza, per salire in cima alla Torre pendente.
Dalla sommità Galileo Galilei avrebbe lanciato due sfere per stabilire che, nonostante la diversa dimensione, sarebbero cadute nello stesso momento. Nello spazio, in assenza di gravità, si sarebbe verificato che lo scienziato pisano aveva ragione.
Galileo ipotizzò anche che l’universo fosse in movimento, osservando una supernova. Perfezionando il cannocchiale inoltre, osservò la conformazione della Luna, le macchie solari e i satelliti di Venere: confermò così la teoria di Copernico.
È il 1633 quando pubblica il Dialogo intorno ai massimi sistemi: convocato a Roma, con la Chiesa contro, viene condannato all’ergastolo. Aveva 70 anni, la pena venne commutata in domiciliari.
Nel 1992 Giovanni Paolo II lo riabilitò pubblicamente, ammettendo gli errori della Chiesa nella vicenda.
Prendendo come spunto le colonne della Torre di Pisa, di marmo bianco, Giacobbo si reca nelle cave di Carrara.
Già ai tempi dell’antica Roma si veniva qui a prendere il marmo, affinché le costruzioni dessero l’idea della grandezza dell’Impero. Qui Michelangelo scelse personalmente il marmo, da cui uscirono opere come La pietà; il David invece venne rimodellato sul bozzo di un altro scultore, perciò non fu Michelangelo a selezionare il blocco.
Canova, Bernini, il resto del mondo: il marmo di Carrara ha travalicato i confini.
Il conduttore parla con uno degli operai: ha iniziato a lavorare nelle cave a 12 anni, partendo al mattino con le stelle e tornando quando, di nuovo, c’erano le stelle in cielo. Senza la tecnologia inoltre, portare giù il marmo era una lotta contro la morte minuto per minuto.
La puntata si conclude qui. Appuntamento a lunedì prossimo.