Lei fa parte del cast del programma sin dalla prima edizione, nel 2005. Ormai si può dire che si diventato una bandiera di “Ballando con le stelle”.
Sono una persona fortunata, perché ho la prestigiosa opportunità di lavorare nel programma del sabato sera di Rai 1. Per quanto mi è possibile, cerco di fare buona musica e di essere un buon compagno di viaggio di Milly Carlucci, ma sono qui soprattutto per imparare. Come ho detto anche in conferenza stampa, penso che lavorare tre mesi a Ballando con le stelle equivalga a fare tre anni al Conservatorio! Nel passaggio da un’edizione all’altra, Milly alza sempre di più l’asticella con l’intento di migliorare la qualità del nostro prodotto: io però qualche volta la faccio cadere (sorride, ndr), ma mi piace pensare di riuscire ogni tanto a superarla!
A proposito di miglioramenti, quali traguardi vuole raggiungere la trasmissione nell’edizione in partenza?
Prima di tutto, è importante ogni anno confrontarsi con i concorrenti e soprattutto capire che chi partecipa a Ballando lo fa senza essere un esperto del settore, rispettando quindi le capacità di ognuno nel ballo. In questa edizione mi piacerebbe vedere i protagonisti mettersi alla prova con uno dei generi musicali che amo di più, il reggaeton, una disciplina artistica giovane ma che al contempo richiede molto impegno. E’ una evoluzione del reggae che nasce dalla sua contaminazione con dance music e hip-hop. A prescindere dai gusti personali, dovrò capire se le mie preferenze musicali e di ballo si concilieranno bene con le abilità dei 13 vip coinvolti.
L’edizione di quest’anno è dedicata al suo storico produttore, Bibi Ballandi, scomparso recentemente. Che ricordo ha di lui e qual è l’insegnamento più importante che le ha lasciato?
Era un grande produttore, parlava poco e quando lo faceva sapeva dare dei consigli molto importanti, con grande delicatezza. A lui devo tantissimo, perché è stato fondamentale per la mia crescita professionale a cominciare dai tempi in cui lavoravo con Giorgio Panariello in “Torno sabato”. Vi svelo un particolare: eravamo vicini di casa. Tra di noi, entrambi emiliani, c’era un rapporto particolare: a causa della nostra comune provenienza spesso chiacchieravamo in dialetto, tra tortellini e lasagne. Bibi per me non è stato soltanto un produttore, ma un fratello maggiore. Per questo sono molto contento che questa tredicesima edizione è dedicata alla sua memoria e spero che lo stesso avvenga anche per quelle che seguiranno.
Se volete ascoltare integralmente l’intervista che Paolo Belli ci ha rilasciato, il modo è molto semplice: basterà cliccare sul pulsante “Play” del video che è in testa al nostro post.