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Ci racconta come nasce il progetto di Offline?
Offline nasce un’estate fa, insieme al mio amico Davide Starinieri, quando abbiamo pensato a un modo per viaggiare in giro per il mondo il più possibile restando, però, sempre connessi alla rete. A un certo punto infatti, ci eravamo accorti di trascorrere più tempo su Facebook che insieme alle persone che conosciamo.
Come videomaker inoltre, il viaggio è quello che amiamo di più; così abbiamo pensato di andare a conoscere i volti reali dietro ai social, quelli che ci ritroviamo continuamente nella nostra timeline.
Lei ha lavorato molto per Rai Educational. In Offline c’è forse un obiettivo “educativo”?
Sicuramente in ogni mio lavoro, l’obiettivo è quello di mandare un messaggio positivo. Più che educativo o formativo però, lo definirei un fine culturale. Lo scopo di Offline non è solo intrattenere, ma dare ai telespettatori l’opportunità di una riflessione.
Quindi, da questo punto di vista, il programma potrebbe essere rivolto ad un target più ampio anziché quello di una tarda seconda serata?
Certo. Penso che possa essere visto da chiunque, perché tutti possono incuriosirsi ai personaggi che abbiamo portato in video. Il programma viene replicato il sabato mattina alle 8.00, e vengo spesso contattata da persone adulte che hanno scoperto Offline a quell’ora e mi esprimono apprezzamento.
Tra quelli incontrati, qual è il personaggio che più l’ha colpita?
Terry Gillian è stato emozionante; lui è sorprendente, estremamente simpatico. Un altro personaggio che mi ha colpito è stato Zach King, perché io mi imbatto continuamente nei suoi video quando sono online. Stringergli la mano, vedere il soggiorno in cui crea i suoi video è stata un’esperienza molto particolare.
Quali sono i rischi dell’essere online?
Dimenticarci di quanto ci circonda: alla lunga, a forza di stare col capo piegato sullo smartphone, si finisce per non prestare più attenzione alle cose che abbiamo intorno. Si rischia una vera e propria distorsione della realtà dato che in linea, nei social, si vive un’esistenza parallela che poi ha delle ripercussioni anche nella vita non virtuale. Con la conseguenza, però, che quell’esistenza non è altrettanto intensa come sarebbe se, invece, quelle persone con cui comunichiamo le incontrassimo dal vivo.
La tv cerca sempre più di inseguire l’online, tentando di integrarne i linguaggi. Secondo lei, come si possono coniugare i due mezzi?
La rete è uno strumento che abbiamo per comunicare tra noi, mentre la tv comunica contenuti, perciò secondo me la soluzione è parlare dei protagonisti della rete. Attraverso il dietro le quinte e le storie dei protagonisti.
Ciò che funziona in televisione non può andare bene per il web e viceversa. Per svecchiarsi, naziché mostrare i tweet del pubblico, la tv dovrebbe portare sullo schermo i contenuti che potrebbero catturare l’attenzione dei giovani. Ti faccio un esempio: immaginiamo che i ragazzi siano interessati a sapere come poter girare l’Europa in bicicletta con pochi soldi. A quel punto, si potrebbe ideare un reality e mostrare loro concretamente come si possa fare.
Che rapporto ha con i social?
Sono sempre connessa, e confesso che vorrei riuscire a staccarmi.
Sono un’osservatrice costante e attiva, ma silenziosa, perché mi piace capire le dinamiche, cosa pensano le persone, come ragionano. Personalmente, non mi sento in grado di parlare di tutto: mi fa sorridere invece chi ci riesce costantemente. Un atteggiamento questo, molto diffuso in rete.
Ci anticipa qualche progetto futuro?
Per ora ancora non sappiamo se ci sarà una seconda edizione di Offline. Io comunque spero di tornare in viaggio molto presto, magari raccontando storie dall’Oriente.