La novità è duplice: da una parte torna a vincere un italiano (l’ultimo era stato Gianni Amelio nel 1998 con Così ridevano), dall’altra viene premiato un genere, il documentario, da sempre considerato un prodotto meno nobile rispetto al cinema vero e proprio. Non solo, ma i documentari sono quasi sempre riservati al piccolo schermo che li utilizza soprattutto in programmi storici e scientifici. Oppure hanno una propria, ma limitata, visibilità nei festival specializzati e nelle rassegne del settore. Dunque la mossa di Bernardo Bertolucci, presidente della Giuria di Venezia 70 ha sorpreso tutti. Il regista ha sostenuto fortemente questa scelta, imponendosi sui dubbi e le perplessità di altri giurati che hanno votato contro. Lo conferma la dichiarazione dello stesso Rosi: “non mi aspettavo nemmeno di essere ospitato nel concorso, figuriamoci la vittoria. Ci voleva un maestro rivoluzionario come Bertolucci per premiarmi”. Infatti è la prima volta quest’anno che i documentari sono stati inseriti nella kermesse cinematografica per confrontarsi sullo stesso piano artistico, con le migliori pellicole selezionate.
A sorprendere ancora di più il pubblico in sala è stato l’accorato ringraziamento di Gianfranco Rosi alla ex moglie: è stata lei, infatti, a sostenerlo nell’idea di realizzare Sacro GRA standogli accanto nei lunghi tre anni durante i quali si sono svolte le riprese. Il progetto di Sacro GRA riporta anche la città di Roma al centro dell’attenzione internazionale, soprattutto perchè, forse per la prima volta, si occupa delle realtà che ruotano intorno al Gran Raccordo Anulare che dà il titolo al lavoro di Rosi attraverso le iniziali. Ma Sacro GRA strizza l’occhio alla letteratura evocando proprio la leggenda del Sacro Gral. E infatti sembrano proprio leggendari tutti i personaggi descritti da Rosi nel documentario. Si tratta di uomini e donne particolari di grande umanità, quasi un mondo a parte che convive ai margini della città e troppo spesso viene ignorato.
Bertolucci ha subito intuito che questa umanità singolare e poco conosciuta può trasmettere messaggi in grado di essere compresi a livello universale. Insomma in Sacro GRA è il particolare che si erge a universale, sono le persone comuni che dettano, con la loro modestia, stili e consigli di vita accessibili a tutti. Un esempio: il pescatore di anguille o il barelliere, due dei personaggi che Rosi ha seguito documentandone la routine quotidiana. Rosi ha iniziato ad amare Roma proprio attraverso questo lavoro e ha definito il GRA “l‘umanissimo anello di Saturno che la circonda”. Insomma Sacro GRA è l’esaltazione degli umili, quasi un un affresco di verghiana memoria.
Un ulteriore successo per l’Italia è l’attribuzione della Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile all’attrice Elena Cotta, 82 anni splendidamente portati. Il film per il quale è stata premiata è Via Castellana bandiera di Emma Dante. Elena Cotta ha dichiarato: “vincere la Coppa mi fa credere di avere 15 anni. I premi ringiovaniscono, aprono orizzonti, mi fanno pensare di avere un’avvenire nel cinema”.
Questi sono tutti gli altri premi distribuiti
Leone d’oro: Sacro GRA di Gianfranco Rosi
Leone d’argento: Miss Violence di Alexandros Avranas
Premio Speciale della Giuria: Die Frau des Polizisten di Philip Gröning
Gran Premio Speciale della Giuria: Jiaoyou (Stray Dogs) di Ming-liang Tsai
Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile: Elena Cotta per Via Castellana Bandiera
Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile: Themis Panou per Miss Violence
Premio Marcello Mastroianni a un attore emergente: Tye Sheridan per Joe
Premio per la migliore sceneggiatura: Steve Coogan e Jeff Pope per Philomena
Leone del Futuro – Venezia opera prima Luigi De Laurentiis: White shadow di Noaz Deshe
Orizzonti, miglior film: Eastern Boys di Robin Campillo
Orizzonti, migliore regia: Uberto Pasolini, Still Life
Orizzonti, premio speciale della giuria: Ruin di Michael Cody, Amiel Courtin-Wilson
Orizzonti, premio speciale innovazione: Mahi Va Gorbeh (Fish & Cat) di Shahram Mokri
Orizzonti, miglior corto: Kush di Shubhashish Bhutiani