Il caso di cui la Leosini si occupa questa sera è quello di Vincenzo Morici, prestigioso medico, primario del reparto di Chirurgia Generale dell’ospedale di Taormina, processato per l’omicidio della moglie, la professoressa Antonella Falcidia. Bionda, elegante, 44 anni, esponente di una delle famiglie della Catania bene, docente presso l’istituto di Igiene dell’università di Catania, Antonella Falcidia viene brutalmente uccisa nel tinello del suo appartamento con 23 coltellate il 4 dicembre 1993. Quella di Vincenzo Morici è un’odissea giudiziaria: subito nel mirino degli inquirenti per averla accoltellata, dopo tre anni di indagini, il caso Falcidia –Morici viene archiviato. Ma nel febbraio del 2007, con un clamoroso colpo di scena, il caso viene riaperto e l’indiziato numero uno torna a essere Vincenzo Morici. Seguono due drammatici processi che coinvolgono la Catania dei quartieri alti. Due processi, due sentenze, due assoluzioni.
Nella puntata di questa sera di Storie maledette (sottotitolo: Il bivio di una vita) la conduttrice e autrice Franca Leosini incontra, in esclusiva, Vincenzo Morici, in attesa della sentenza definitiva della Cassazione. Assieme al protagonista di questa vicenda, la Leosini cercherà di ricostruire tutta la storia, chiamando in causa, naturalmente, le ragioni dell’accusa e della difesa che, brevemente v riassumiamo:
Secondo L’Accusa gli elementi a sostegno della colpevolezza sono: ventitrè coltellate, un taglio praticato orizzontalmente a recidere la carotide, tracce di sangue su un interruttore, e la scritta “E N Z” che sarebbe stata impressa dalla vittima col sangue su una balza inferiore del divano. Inoltre. sempre secondo l’accusa, la porta d’ingresso era chiusa e priva di segni di effrazione. Il taglio alla carotide, poi, che le perizie hanno ricordato essere “di precisione chirurgica”, il Pg lo attribuisce all’azione del marito, esperto chirurgo. L’assassino, oltretutto, non si sarebbe dato subito alla fuga richiudendo alle sue spalle l’uscio dell’abitazione. Le macchie di sangue su un interruttore documenterebbero un passaggio in cucina. Qui il killer avrebbe lavato il coltello, prima di accorgersi che la vittima era ancora in vita. A quel punto sarebbe intervenuta la decisione di recidere il punto vitale, atto a cui il medico sarebbe pervenuto con fredda determinazione.
Per la Difesa, invece, questi sono gli elementi a sostegno dell’innocenza: Manca il movente nelle tesi dell’accusa perciò il Pg come i Pm ricorrenti non possono offrire alcuna ricostruzione probatoria credibile. Per il legali di Vincenzo Morici, insomma, l’intero impianto accusatorio si fonda su elementi suggestivi.