E’ quanto emerge da uno studio del Moige, il Movimento Italiano Genitori, in associazione con Itci, l’Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale.
L’indagine ha coinvolto 942 soggetti di età compresa tra i 6 e i 20 anni a cui è stato fornito un questionario suddiviso in otto sezioni, ciascuna dedicata a un mezzo di comunicazione: televisione, computer e Internet, telefonino, cinema, videogiochi, radio, riviste e quotidiani, libri.
Com’era prevedibile, quelli che riferiscono di leggere libri e riviste tutti i giorni sono pochi (il 14% del campione) dominano,invece, il web e la tv. Più della metà degli intervistati, infatti, il 52% per l’esattezza, dichiara di trascorrere fino a 2 ore davanti alla televisione e il 19% arriva a ben 5 ore.
Colpisce però che la tv rimanga un mezzo per passare il tempo o per seguire il programma preferito, ma non venga ritenuta affatto affidabile per informarsi. Solo il 9% la considera l’unica fonte, mentre il 53% la ritiene poco attendibile e va in cerca di notizie nel web.
Per quanto riguarda internet invece, praticamente hanno tutti un computer a casa (il 95%) davanti a cui il 38% di loro passa da una a tre ore; tempo durante il quale è quasi sempre connesso in rete. Non finisce qui: pur trattandosi di studenti, il motivo per cui navigano non ha niente a che vedere con eventuali ricerche o con la scuola in generale: i ragazzi infatti scaricano film, musica, immagini e chattano. Si entra quindi in rete per motivi di puro intrattenimento, oppure per gestire le proprie relazioni sociali.
Proprio così: alla domanda se fossero iscritti o meno ad un social network, il 61% ha risposto affermativamente, specificando di utilizzare Facebook. L’annuario online di Marck Zuckerberg è utilizzato praticamente all’unanimità, tanto che il 96% del campione ha un profilo su Facebook.
Il telefonino, ormai declinato nella versione smartphone, non può che consolidare questo trend. Basti pensare che l’80% possiede un cellulare e che risulta sempre più difficile separarsene, tanto da portarlo ovunque, persino nei luoghi in cui è impossibile usarlo. Anche in quel caso, solo il 17% ha ammesso di lasciare il telefono a casa.
Per quanto riguarda i videogiochi, è sempre più riscontrabile nei giovani quello che viene chiamato effetto Proteus, cioè l’influenza dell’ avatar sul comportamento umano. Dalla ricerca condotta risulta che, tanto più è bassa l’età, tanto più i ragazzini si identificano con il loro avatar (il 56% nella fascia 6-10 anni); la metà degli intervistati addirittura ha pensato di voler essere come uno dei protagonisti degli amati videogiochi.
Ma quali sono le conseguenze di questo rapporto costante con le tecnologie? Innanzitutto il primo rischio, il più immediato, è che i ragazzi vengano a contatto con contenuti non adatti alla loro giovane età, che si tratti di film, pagine web o giochi. In questo senso aiuterebbe avere le piattaforme in spazi condivisi, anziché nelle camerette. Invece più del 60% ha una propria tv e il 40% un computer personale.
Il secondo rischio è l’isolamento sociale: nonostante social network e cellulari sembrerebbero favorire la condivisione e creare una rete sociale, nella realtà emergono al contrario delle percentuali preoccupanti: il 21% dice di preferire la tv piuttosto che uscire, il 5% internet, un altro 10% infine si trova più a suo agio usando il telefono per chiamare qualcuno anziché incontrarlo quel qualcuno.
Vi è poi un’emergenza educativa: gran parte dei ragazzi sopra i 14 anni usa senza alcun limite di tempo i videogiochi e, riferendoci all’intero campione, la navigazione su web (40% in entrambi i casi). Il 28% dei bambini addirittura, può guardare la tv per tutto il tempo che vuole.
La pervasività delle tecnologie fa sì che i più piccoli siano soggetti ad un crollo del limite tra reale e virtuale; a differenza della generazione dei genitori, questi bambini e adolescenti sono abituati a costruirsi un alter ego in una dimensione online, a crearsi un’immagine fantastica. Il pericolo è appunto di confondere le due dimensioni, credendo di essere ciò che non si è.
Nella velocità della connessione e della condivisione inoltre, manca il tempo di elaborare il vissuto, di interiorizzarlo, con la conseguenza che anche il confine tra pubblico e privato si va sempre più assottigliando.
Se i condizionamenti della cultura e della società sono innegabili, conclude la ricerca, la coppia parentale ha «il compito e il dovere di educare il proprio figlio ad un corretto ed adeguato uso degli strumenti tecnologici e dei mezzi di informazione».
Chi non l’ha ancora fatto, è bene che inizi ad addentrarsi nel mondo delle tecnologie: «imparate a navigare e videogiocare, informatevi sui contenuti dei videogiochi che acquistate, sui software parental control e accompagnateli nella scelta e nella visione dei programmi televisivi».
Servono dunque genitori doppiamente vigili, perché adesso i figli non vanno più guidati solo nella vita reale, ma accompagnati anche in quella virtuale.