“Sarajevo 1924” con Lucio Villari – in onda lunedì 20 gennaio
Il 28 Giugno del 1914 a Sarajevo, capitale della Bosnia, vengono assassinati l’erede al trono d’Austria Francesco Ferdinando d’Asburgo e sua moglie la Principessa Sofia Chotek. Trenta giorni dopo l’Europa precipita in una guerra che durerà cinque anni, mobiliterà 65 milioni di soldati, causerà la morte di 20 milioni di persone tra militari e civili e la fine di tre grandi imperi. L’omicidio a Sarajevo di Francesco Ferdinando è la scintilla che innesca la Prima guerra mondiale. L’Austria – sottolinea lo storico Lucio Villari – dichiara guerra alla Serbia come una sorta di “spedizione punitiva”, una guerra lampo limitata a dare una lezione alla Serbia, ma che invece nel giro di una manciata di settimane coinvolgerà tutte le superpotenze europee. L’omicidio di Francesco Ferdinando si consuma in un giorno simbolo del patriottismo serbo, il Vidovdan, la Festa di San Vito celebrazione commemorativa della battaglia della Piana dei merli del 1389 contro gli ottomani durante la quale il sultano venne assassinato da un serbo. E sarà un giovane studente serbo Gavrilo Princip, membro di un gruppo politico che chiedeva l’annessione della Bosnia alla Serbia, a sparare “la pallottola che diede inizio al primo conflitto mondiale”.
“Trotsky” con Francesco Benigno – in onda martedì 21 gennaio
Per molti è uno dei profeti della rivoluzione proletaria, per altri l’incarnazione della spietata crudeltà dei comunisti russi. Lev Trotsky rappresenta comunque uno dei personaggi più affascinanti e controversi del Novecento. La storia inizia nell’ottobre del 1905. Trotsky è diventato il presidente del Soviet di Pietroburgo e dirige lo sciopero generale rivoluzionario contro lo zar. Il 4 maggio 1917 Trotsky si unisce ai bolscevichi nella lotta che li porterà, in ottobre, al potere. Il 21 agosto 1940 in Messico, a Coyoacàn, viene ucciso da Ramon Mercader. Dalla fine della guerra civile ai primi anni venti Trotsky mantiene un ruolo primario nel gruppo dirigente bolscevico, incarnando – dice il Professore Francesco Benigno – il mito del capo militare e politico. Per molti è l’erede naturale di Lenin con il quale organizzata e guida la Rivoluzione d’Ottobre. Nel ’24 però la morte di Lenin apre una lotta per la successione che si concluderà con la vittoria di Stalin, l’estromissione dell’opposizione di sinistra dal gruppo dirigente bolscevico e l’esilio di Trotsky, il sostenitore della rivoluzione permanente che fino all’ultimo continuerà a battersi contro lo stalinismo.
“Lo Sbarco di Anzio” – in onda mercoledì 22 gennaio “La corsa allo spazio” con Mauro Canali – in onda giovedì 23 gennaio
In piena guerra fredda, tra Unione Sovietica e Stati Uniti d’America un capitolo fondamenta si gioca nella “corsa allo spazio”. I sovietici dominano la scena per un quinquennio, ma saranno gli americani a vincere la sfida. La storia ha inizio il 4 ottobre del 1957 quando Mostra annuncia il lancio del satellite spaziale Sputnik cogliendo del tutto impreparati gli americani. Quasi quattro anni dopo sono ancora i russi a prevalere, riuscendo a mandare un uomo nello spazio, Yuri Gagarin. Il suo volo di quel 12 aprile del 1961 è l’apice del successo spaziale sovietico. “I russi” – commenta lo storico Mauro Canali – “si avvalsero del patrimonio di conoscenza degli scienziati tedeschi, così come anche gli americani, ma loro riuscirono a concentrare risorse ed energia in un’unica struttura di ricerca, gli americani furono più dispersivi, la Nasa nacque solo nel ‘58”. Dopo la missione di Gagarin, l’America reagì con determinazione. Sotto la guida dello scienziato Wernher von Braun, strappato ai tedeschi per i quali aveva progettato i razzi bomba V1 e V2, la bandiera a “stelle e strisce” fu piantata sul suolo lunare: era il 20 luglio 1969. Le immagini, i retroscena, il ruolo dei leader di stato, la spinta che la ricerche scientifica delle due superpotenze diede ad altri Paesi, Italia compresa, saranno la trama di un viaggio unico alla conquista dello spazio.
“Elezioni del 1948” con Giovanni Sabbatucci – in onda venerdì 24 gennaio
L’Italia, con il referendum del 2 giugno è diventata da meno di due anni una repubblica. Al Quirinale non c’è più il re ma il capo dello stato e in Parlamento siedono i Costituenti eletti dal popolo chiamati a scrivere la Casta Costituzionali. E’ in questo contesto di profondi mutamenti che gli italiani, per la prima volta, partecipano alle elezioni politiche di uno Stato democratico. La data è quella del 18 aprile 1948, il giorno del voto. L’asprezza della campagna elettore tra i due schieramenti in campo, il Fronte Democratico Popolare e la Democrazia Cristiana, non offusca ciò che è chiaro a entrambi: gli italiani devono andare in massa alle urne. Quasi 27 milioni di persone si recarono così a votare, il 92,23% degli aventi diritto e lo fecero – dice lo storico Giovanni Sabattucci – non solo per la chiamata dei partiti ma perché tutti i cittadini sentirono l’importanza di poter decidere. Nella puntata de Il Tempo e la Storia , le figure chiave di quelle elezioni, il ruolo della Chiesa e dei Comitati Civici a sostegno del partito cattolico uscito vincitore dalle urne, gli slogan della campagna elettorale (“Nell’urna Dio ti vede, Stalin no!), i comizi e i tanti testimonial come Eduardo de Filippo o Aroldo Tieri, arruolati nei cinegiornali per invitare gli italiani al voto e spiegare loro i vantaggi della democrazia.