Il suo ultimo film, La migliore offerta, lo scorso anno ha vinto sei David di Donatello e sei Nastri d’argento. Si ritiene un maestro dell’arte cinematografica?
Nessuno dovrebbe mai pensare di fare qualcosa che viene chiamata “arte”; se è arte lo dicono gli altri, il pubblico. Io faccio cinema, non mi basta un’immagine o una suggestione: io devo raccontare una storia. Di conseguenza, a volte il compito più difficile è capire cosa non serve, evitare di affezionarsi troppo al proprio materiale.
Escude di poter “incollare pezzi di legno” anche sul piccolo schermo, magari in una serie come ha fatto con successo Pupi Avati?
Non mi precludo nessuna possibilità, visto che il procedimento in fondo è lo stesso. Il linguaggio dei due mezzi è diverso, ma non più di tanto; quello che cambia davvero è semmai il livello organizzativo.
Significa che ha ricevuto proposte per lavorare in tv?
Mi sono state fatte delle offerte, ma non le ho prerse in considerazione perchè non le ritenevo adatte al mio modo di lavorare. Ma anch’io ho presentato delle proposte che non sono andate a buon fine con i produttori. Sono quelli delle fiction che in un certo senso hanno paura di me, perché c’è quest’aura del “maestro”. Io però una fiction non la escludo.
Come è nata la sua collaborazione con Ennio Morricone?
Lavoriamo insieme da 25 anni; ormai abbiamo sviluppato una specie di nostro codice». C’è tra di noi una immensa stima non solo professionale ma anche umano e personale.
Chi è per lei il maestro Morricone?
Un uomo che ha composto circa 500 colonne sonore e che, ultraottantenne, ancora vive l’ inquietudine dell’esordiente. Quando Morricone deve far ascoltare le sue musiche per un film, la notte prima, nel dubbio di non aver saputo cogliere quanto richiestogli, non dorme in preda all’ansia.
Il segreto del successo di una colonna sonora?
Una volta i registi volevano che il motivo musicale rimanesse impresso in mente: doveva essere orecchiabile, in modo che il pubblico appena uscito dal cinema potesse subito fischiarlo. Invece il segreto è piuttosto un altro: tutti devono ricordare la musica, ma nessuno deve saperla fischiare.
E il segreto dei suoi successi?
La cura dei particolari. Niente è lasciato al caso, incluse le voci dei personaggi. Il doppiaggio viene diretto e supervisionato da me, che analizzo in prima persona i provini che mi vengono inviati.
Ma perché occuparsi del doppiaggio?
In modo da curare l’adattamento dei testi. Scritto in italiano, il copione viene poi trasposto in inglese, recitato in inglese e, infine, nuovamente riadattato in italiano, tanto che il prodotto finale sembra un film diverso rispetto all’originale
Con quale criterio sceglie il soggetto dei suoi film?
Viene effettuata una particolare indagine tra quelli che possono attrarre gli spettatori e suscitano emozioni. Però non tutto è simbolico; il significato spesso ce lo metteranno gli spettatori che leggeranno l’opera secondo il proprio vissuto, le proprie esperienze e conoscenze.
E’ così che la complessità dell’artigianato diventa arte?
Questo lo decide il pubblico.