La RAI, in quanto Servizio pubblico ha la responsabilità, in linea con la sua missione di interesse generale, di proporre modelli, messaggi, opinioni e visioni che possano “contaminare” positivamente l’immaginario collettivo. La RAI può contribuire al progresso culturale del Paese e all’affermazione dell’equilibrio di genere. Può e deve farlo su più piani: quello aziendale, assicurando alle donne di potersi esprimere accedendo in misura crescente ai processi decisionali; quello editoriale, realizzando una offerta complessiva che garantisca il rispetto della dignità umana, delle minoranze, della figura femminile in tutti i suoi aspetti attraverso una rappresentazione dignitosa, reale, non stereotipata né discriminatoria che rifletta la molteplicità dei ruoli che la donna svolge nella vita sociale, culturale, economia e politica del Paese. E ancora, favorendo una maggiore presenza delle donne all’interno dei programmi d’informazione e di intrattenimento; fornendo strumenti di conoscenza volti a prevenire e contrastare la violenza sulle donne, evitando, in particolare l’uso di immagini e contenuti discriminatori e che possano contribuire alla violenza di genere.
Stiamo lavorando sui linguaggi e sulla promozione di una varietà di figure femminili puntando soprattutto sulle protagoniste delle nuove fiction, tutte dotate di grande personalità, di quotidiana umanità e portatrici di valori etici. Queste nostre azioni stanno dando alcuni risultati, come emerge dal monitoraggio che, in ottemperanza a quanto previsto dal Contratto di Servizio 2010-2012 ancora in vigore, abbiamo avviato per verificare il rispetto delle pari opportunità tra uomini e donne in video e analizzare quanto l’immagine femminile veicolata dalle trasmissioni Rai corrisponda a una rappresentazione reale. I risultati mostrano luci e ombre. Ampia è la presenza di donne tra i professionisti interni (conduttori, giornalisti, inviati, corrispondenti, ecc.) e questo è un risultato importante che evidenzia l’orientamento aziendale alle pari opportunità.
Emerge anche una tendenza al bilanciamento di genere nei programmi di intrattenimento con riferimento sia alle celebrità (attori, cantanti, comici, musicisti e altri artisti) che alle persone comuni (concorrenti di giochi, quiz e reality show). Un terzo positivo risultato riguarda le fiction da cui emerge una rappresentazione femminile ampia, , articolata e vicina alla realtà.
Miglioramenti sono invece necessari con riferimento alle persone di cui si parla o che sono intervistate. Qui la responsabilità della Rai è indiretta, in quanto la situazione riflette sia fattori culturali, che non favoriscono la visibilità delle donne, sia la realtà del paese che vede soprattutto uomini nei ruoli apicali del mondo politico e imprenditoriale.
Altro elemento critico è la scarsa presenza di donne esperte. Stiamo cercando di riequilibrare la situazione anche attraverso la predisposizione di un elenco di esperte nelle varie discipline.
Infine particolarmente rilevante è la sottorappresentazione delle donne nei programmi di sport.
Queste criticità sono oggetto di analisi e di monitoraggio; sulla loro soluzione sono coinvolti tutti i Direttori di rete e di testata perché siamo consapevoli che avere più donne nei vari ruoli è necessario per assicurare una visione più completa dei fenomeni.
La Rai e’ stata il primo media di Servizio Pubblico in Europa a dare attuazione alla ”Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica’‘ del Consiglio d’Europa attraverso l’adozione di una policy di genere.
Con la nostra policy di genere abbiamo voluto avviare un percorso virtuoso non solo aumentando il numero di donne in video, ma anche sostituendo l’attuale immagine femminile spesso falsata con una più reale, più vera, più fedele all’universo cui appartiene la donna oggi.
E’un tema sul quale è intervenuto anche il Presidente Giorgio Napolitano. Nel novembre 2013, in occasione della IX Conferenza Internazionale della Comunicazione Sociale, ha affermato: “…la dilagante rappresentazione del corpo femminile come bene di consumo rafforza fuorvianti atteggiamenti possessivi nei confronti della donna” e ha auspicato che “…le donne siano rappresentate con sobrietà e dignità nei media, così come si è impegnata a fare la RAI”.
Migliorare la qualità della rappresentazione è anche un modo per combattere la violenza contro le donne. Ma ovviamente non basta, occorre anche usare linguaggi appropriati e dare rilevanza e dignità alle vittime. Sull’uso ormai comune di chiamare i delitti di madri, fidanzate, mogli, ex, conviventi, amanti, figlie con il neologismo “femminicidi”, concedetemi una breve nota. Il termine può risultare e risulta poco “simpatico”, quasi spregiativo. Nell’immediatezza della formula che sta ad indicare la violenza fisica e psicologica sulle donne, non c’è mai il tempo di chiarire come il termine sia nato in occasione di una strage di donne in Messico. Da allora “femminicidio” riassume in sé una denuncia civile a livello internazionale. Personalmente, tuttavia, preferirei parlare di “donnicidio”, perché si tratta di donne, di donne uccise e violate.
Per concludere tutti i media, non solo la Rai, possono svolgere un ruolo importante, tenendo viva l’attenzione sul tema dell’equilibrio di genere, fornendo le necessarie informazioni, proponendo approfondimenti e forme di intrattenimento, capaci di accrescere la consapevolezza e di suscitare emozione.
Non si tratta di “insegnare”, ma di informare e rappresentare correttamente, proponendo modelli che aiutino la conoscenza e la crescita socio-culturale e favoriscano un ulteriore progresso sul percorso di bilanciamento della rappresentanza delle donne in ogni ambito sociale.
Non dobbiamo dimenticare i valori che ci accomunano tutti – uomini e donne, ma anche italiani e non italiani, giovani e anziani – e che sono alla base del vivere civile, del rispetto della dignità di tutti, dell’accoglienza. Dobbiamo rappresentare questi valori con equilibrio e attenzione, senza banalizzazioni o eccessive semplificazioni, evitando sia il rischio di svalorizzare le idee a favore delle facili emozioni, sia quello ancor più grave di favorire l’assuefazione e la minimizzazione dei fenomeni. Per questo occorre grande equilibrio nell’affrontare il tema di genere, usare senso critico per sottolineare, con metodo e insistenza, la singolare rilevanza della specifica situazione e i vantaggi connessi alla uguaglianza.
Infine un auspicio: che il sistema della comunicazione contemporanea trovi il modo e il coraggio di trasmettere l’idea di coesione, unione e appoggio; il coraggio di dare rilevanza agli aspetti positivi: ai successi e alle mete raggiunte da tante donne competenti, impegnate e significative come esempio da seguire e da ampliare. Raccontare, parlare con dovizia di dettagli di e con le donne affermate nelle scienze, nella politica, nello sport e in tutti i campi dell’attività umana fornisce modelli utilissimi a trasmettere in altre donne spirito di emulazione e a suscitare fiducia e, in tutti, uomini compresi, rispetto e ammirazione. Raccontare belle storie: ad esempio, il numero davvero molto alto di donne che contribuisce attivamente in ambito universitario e specialistico alla ricerca italiana; del resto l’eccellenza universitaria è in buona parte costituita da donne.
Come disse la cantante francese Juliette Gréco a 86 anni: “a un certo punto della mia vita ho concluso che la mia forza era quella di essere una donna”. Ecco perché abbiamo coinvolto in questi due giorni di intenso lavoro tante donne, tante eccellenze.