Roberto Ferri è lui, Riccardo Polizzy Carbonelli, l’attore che, in Un posto al sole, interpreta uno dei personaggi più cattivi della famosa soap, dal 14 giugno 2001. Decisamente negativa la sua personalità, ma coinvolgente al punto da mantenere sempre fissa l’attenzione su di lui.
A chi si è ispirato per rappresentare un uomo dal fascino così subdolo e malvagio?
Ai veri cattivi, all’antitesi di personaggi buoni e positivi che mi figuro nella mia immaginazione. E mi impegno a identificarmi nel loro perfetto contrario e a rendere in scena tutte le frustrazioni che loro potrebbero vivere nel loro stato. Spesso ho come esempio anche gli aspetti più negativi degli uomini politici di ieri e di oggi.
Come considera lei, Roberto Ferri?
Ferri è l’anti – Riccardo, è la parte umana delle sue frustrazioni è l’opposto di me stesso che nella vita sono diventato una sorta di “paperino brontolone” che non si rassegna a questa società distratta e cerca di impegnarsi per portare un messaggio positivo. E lo fa anche attraverso Un posto al sole.
In quale maniera?
Io rivendico l’onestà intellettuale di questo lungo racconto televisivo che dura dal 1996. Rivendico la capacità di far vivere e rivivere il mio personaggio, nel tempo, aggiungendo, giorno dopo giorno, sempre più colori alla tavolozza delle sue espressioni. Questo è segno di maturità. Ed io ne sono felice, ho mancato troppi provini, in passato, per mancanza di maturità.
Tredici anni di Un posto al sole. Qual è il segreto della sua longevità?
La soap rappresenta una serialità operosa, anche a livello di credibilità. Tutti noi attori abbiamo alle spalle una professionalità teatrale che ci accredita presso il pubblico. A livello personale, sono cresciuto con Un posto al sole che rappresenta per me una sorta di amico-fantasma oramai onnipresente.
Come è arrivato a Un posto al sole?
La soap era alla fine della quinta serie ed io sostenni un provino per interpretare il personaggio che poi fu interpretato molto bene da Peppe Zardo. Ero al mio debutto con La locandiera di Goldoni. Successivamente sostenni un provino per La squadra la serie di Rai 3 e solo più tardi mi chiamarono per Roberto Ferri..
Lei ha partecipato anche a fiction come Che Dio ci aiuti e Una grande famiglia. Ritornerà nelle serie succcessive?
In Che Dio ci aiuti ero il padre di Azzurra a cui dava il volto Francesca Chillemi. Ma attualmente è in galera. In Una grande famiglia ho girato poche scene ma chissà che il personaggio non possa tornare.
Il teatro, però, è la forma d’arte da cui proviene
Amo recitare, conosco l’impegno necessario per affrontare il pubblico nella maniera migliore. Io mi batto per la qualità del teatro: preferisco una sala interessata e attenta anche se meno affollata, piuttosto che una platea distratta da telefonini.
Molti attori televisivi, oggi, calcano i palcoscenici teatrali, come lo spiega?
Io ritengo che la tv di un tempo abbia avuto un grande merito: portare gli attori di teatro in tv e sfruttarne al massimo le potenzialità professionali. La sinergia tv-teatro, a mio parere, è funzionale ad uno scopo: portare quanto più pubblico a teatro. Ed è anche il fine che io mi prefiggo da sempre.
Il segreto del teatro?
L’onestà, che è anche il segreto di Un posto al sole. Nessuno ha mai pensato, fin dall’inizio della soap, di realizzare un prodotto da Oscar. Giovanni Minoli, creatore del progetto, credette nella potenzialità di Napoli e nella tradizione della grande sceneggiata a cui, in qualche modo si ispira Un posto al sole.
Oltre teatro e fiction, ha lavorato anche in Radio?
Ho iniziato la mia carriera in Rai proprio con gli sceneggiati radiofonici, molti dei quali venivano realizzati proprio nella sede di Napoli. E non ho mai rinunciato al doppiaggio, altra mia grande passione che coltivo ancora adesso.
Le resta qualche progetto da portare ancora a termine?
Uno che spero di realizzare presto: mi piacerebbe essere guest star in una puntata dell’amatissimo serial di Rai1 Don Matteo. Ho lavorato con Terence Hill in “Un passo dal cielo” e ho avuto modio di apprezzare la grande carica umana che l’attore trasferisce nel sacerdote della fiction. Ecco, colgo l’occasione per lanciargli un appello.
Il più grande pregio che riconosce a se stesso?
Il rispetto per gli altri. Un insegnamento che scaturisce dalla gran quantità di lavori fatti nella mia vita. Un rispetto profondo, totale, che ci rende tutti uguali al di là di ogni discriminazione. Un messaggio che anche Un posto al sole cerca di veicolare in tutte le modalità.