A vent’anni dalla nascita del movimento antiracket di Tano Grasso, Diario Civile dedica la puntata a una delle attività che più arricchiscono le mafie, contro la quale l’imprenditore messinese riuscì negli anni ’90 a creare una rete di commercianti che, come lui, si rifiutavano di pagare il “pizzo”. “Molti di loro – racconta il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti – hanno pagato un prezzo altissimo, hanno visto il proprio negozio o la propria fabbrica in fiamme, hanno subito attentati, ricevuto minacce e avvertimenti. Uno di loro, Libero Grassi, è stato ucciso dalla mafia nel ‘91 a Palermo: si era ribellato ai clan, aveva scritto ai giornali, era andato in televisione”. “L’importanza delle estorsioni – spiega il Procuratore Roberti – non è soltanto nell’introito economico che un clan criminale può garantirsi attraverso il pagamento del “pizzo”. E’ soprattutto un veicolo di consenso e un modo per controllare il territorio. E’ l’attività attraverso la quale la cosca mafiosa si sostituisce allo Stato, offrendo ai commercianti e agli imprenditori un servizio di protezione che questi ultimi non ritengono lo Stato in grado di garantire”.
Nel documentario di Diario Civile, la storia dei movimenti antiracket: dal primo processo del 1991-1992 al Tribunale di Patti in provincia di Messina al processo contro gli estorsori di Ercolano del 2011-2012 tenutosi nel Tribunale di Napoli, dalla prima associazione di Capo d’Orlando alle sessanta associazioni antiracket attive oggi sul territorio nazionale.
“Anche le associazioni di imprenditori, come la Confindustria siciliana – dice Franco Roberti – hanno preso seri provvedimenti in questo senso, espellendo gli imprenditori che pagano il pizzo e in più parti d’Italia sono sorte reti virtuose di negozi che non pagano, creando di fatto un sistema ormai affermato di lotta collettiva al ricatto mafioso.
Diario civile è a cura di Alessandro Chiappetta, la regia èdi Graziano Conversano.