Sono andate in onda 7335 puntate di cui 893 monografiche dedicate a personaggi politici o dello spettacolo, eventi televisivi o cinematografici, avvenimenti della cronaca, della politica o del sociale. Questi sono i numeri di Blob – di tutto di più, il programma di Raitre nato 25 anni fa per riassumere la giornata televisiva e diventato un baluardo di satira libera dentro al palinsesto della tv di Stato.
Blob ha resistito alla ruggine corrosiva sotto i cui effetti sono stati costretti a soccombere programmi con lo stesso principio fondativo. La tutela che Raitre esercita nei confronti del programma è stoica. E’ fuori di dubbio che dopo un quarto di secolo Blob non possieda la spinta propulsiva e la considerazione mediatica di cui godeva un tempo. Primo perché l’usura è uno dei mali che affliggono il mondo, secondo per questioni che non riguardano il responso del pubblico, quanto semmai l’universo che si andava a raccontare. Forse oggi, sollecitati come siamo da mille immagini provenienti da Youtube e dalle timeline dei social, Blob non è più quel programma rilevante che fu negli anni ’90. Però il suo archivio caotico che simulava il nostro zapping televisivo ha anticipato una certa idea di rete, di consumo dell’informazione e modalità di intrattenimento che quotidianamente sperimentiamo sul web. I tempi sicuramente si sono ristretti e i 15 minuti del Blob ghezziano sembrano infiniti rispetto ai 4-5 minuti del tempo medio di un video su Youtube. Tuttavia quel mix di cultura alta e bassa, rimane un grande patrimonio del nostro immaginario e del nostro vissuto. Ma anche un pezzo di storia.
Ghezzi, perché Blob, nonostante tutto, resiste ancora?
“Per motivi psico-politico-quantitativo economici. E’ un programma che costa pochissimo rispetto a qualsiasi cosa si cerchi di mettere alla stessa ora. Ed è anche l’unico a resistere in uno spazio in cui il programma dominante è Striscia la notizia e questo è molto importante. Un altro motivo di resistenza è quello dello sbattere la testa sempre contro lo stesso muro, soprattutto contro le stesse teste, gli stessi stomaci”.
La tv si può dominare?
“Nessuno padroneggia la tv. E neanche il cinema che, rinviando il futuro, vive un tempo procrastinato. Ma la tv meno ancora. La tv è la scoperta che la vita si trasmette, ma non trasmette la vita”.
Cos’è per lei la tv?
“La tv è diluvio di mancanza. Di fronte alla tv sperimentiamo l’impossibilità della realtà. La tv è strana perché attiva quello che vorrebbe essere”.
La televisione per lei è un mass media controllabile o no?
“No, non lo è affatto e questo spiega i casi in cui scappa dalle mani dei suoi stessi conduttori. Il problema è che ci manca l’abitudine a guardare l’immagine per vederla davvero. Ma la televisione resta un mezzo che davvero non è controllabile. La tv siamo noi. E quindi non è nostra