Ricordiamo, innanzitutto, le motivazioni che hanno spinto la Taodue a produrre una serie sulla camorra napoletana. Valsecchi ha detto ” Il clan dei camorristi è una serie importante che mancava e doveva essere realizzata. E’ la prima volta che si affronta nella fiction italiana il tema della malavita organizzata in Campania, della sua trasformazione in un vero sistema di potere alternativo e allo stesso tempo colluso con la politica e le istituzioni, un vero e proprio cancro che ha infettato la società civile e l’economia non solo a livello locale ma a livello nazionale e internazionale.”
Parole sacrosante che fotografano la realtà dei fatti. Ciononostante, dopo la prima puntata, l’interesse del pubblico generalista, non ha mantenuto le alte aspettative della vigilia. Nel suo iter televisivo Il clan dei camorristi ha dovuto anche cedere lo scettro del prime time alla concorrenza riprendendolo solo da quando è in onda sulla prima rete Rai, lo show del venerdì sera Red or Black. Come mai, l’audience non ha gratificato al massimo la fiction?
Secondo noi, la mafia nel racconto televisivo ha un appeal maggiore rispetto alla camorra. Innanzitutto perchè ha radici più antiche sul piccolo schermo ed è stata affrontata in mille sfaccettature anche dal punto di vista cinematografico. Per questo la mafia ha conservato sempre il fascino perverso dell’intrigo e della penetrazione nei gangli vitali della società e della politica. E si è posizionata, rispetto alla camorra su un livello delinquenziare più alto. Ricordiamo anche che la fiction tv è sempre stata molto attiva nel proporre prodotti molto nazional-popolari su grandi esponenti della lotta alla Cupola. Basti pensare al film tv Borsellino, interpretato da Luca Zingaretti, alla miniserie su Falcone, solo per citare qualche titolo.
La camorra, dal popolo televisivo è considerata una forma di delinquenza circoscritta, pur nella virulenza della sua espansione territoriale. Ma, in particolare, la serie tv firmata Toadue, ha insistito troppo sulla violenza e su scene madri di incredibile brutalità, portando la morte in primo piano, tramite omicidi ripresi a distanza ravvicinata e sviscerati in tutti i particolari.
Infatti, nel corso delle puntate,il telespettatore ha assistito all’escalation di violenza del Clan per la conquista del potere, e ai tentativi, sempre più difficili e rischiosi, della magistratura per contrastarla. Nell’episodio finale il cerchio si stringe attorno al Malese, Giuseppe Zeno, che sa di non avere via di scampo, ma vuole lo stesso tentare un colpo finale per fermare il giudice Esposito impersonato da Stefano Accorsi. L’interrogativo sulla riuscita avrà una risposta solo questa sera.
E dire che Mediaset ha fatto di tutto per avvicinare sempre più il pubblico alla fiction, anche attraverso i social network e il web. Un esempio: molti contenuti esclusivi legati alla serie sono disponibili su QuiMediaset. Tra questi, in particolare, i commenti dei registi su alcune scene importanti per la rubrica “Dietro le fiction – L’ho girata così” e poi la video chat a Stefano Accorsi e un’intervista a Giuseppe Zeno