Che opinione si è fatta di questo semplice maestro di sci che ha vissuto un’esperienza tanto significativa?
Credo che Zani sia stato una sorta di Ulisse sempre in viaggio, diviso tra la passione per la vetta e l’amore per la famiglia. Un uomo di grande sensibilità e umanità che vuole far conoscere al grande popolo televisivo un aspetto inedito e singolare della personalità di Giovanni Paolo II.
Che tipo di esperienza è stata calarsi in un personaggio come Lino Zani?
Mi ha colpito in particolare la frase che ripete il maestro di sci e che gli è stata detta dal Pontefice nel corso di una delle loro passeggiate: la difficoltà non è salire sulla montagna ma saper tornare indietro. Mi ha colpito anche il comportamento di Zani che ha messo da parte qualsiasi ambizione e si è dedicato soltanto al pontefice.
Il suo rapporto con Zani nel corso delle riprese?
Ci è stato sempre accanto in maniera costruttiva e discreta. A me personalmente, che soffro di vertigini, ha insegnato ad arrampicarmi in maniera credibile.
La maggiore difficoltà con cui ha dovuto scontrarsi?
Eravamo a 3500 metri di altezza e a quelle altitudini tutto diventa incredibilmente difficile, anche i movimenti più semplici richiedono sforzi enormi. Ci si stanca subito perchè l’aria è rarefatta. Lino Zani mi faceva sempre una raccomandazione: andare avanti e non guardare mai indietro durante la scalata alla montagna.
E’ stato complicato calarsi in un personaggio così singolare?
Sinceramente si. Quel che temevo maggiormente era il non riuscire a comunicare al pubblico la personalità di quest’uomo che tra le montagne aveva ed ha il suo habitat naturale. Temevo di non riuscire a esprimere la parte più intima della sua personalità. Lui mi ha aiutato molto a conoscerlo anche nella sua esistenza passata, quando ancora non aveva conosciuto papa Wojtyla.
E’ la prima volta che interpreta un personaggio realmente esistito?
Per questo sentivo in maniera enorme la responsabilità di restituire sul set una vita realmente vissuta. Per fortuna tutto è andato nel migliore dei modi. Adesso sono profondamente soddisfatto del mio lavoro.
Quanto ha influito a livello personale, girare una vicenda così particolare?
Innanzitutto sul set eravamo tutti molto concentrati e commossi, spesso le lacrime ci scivolavano sul viso. Personalmente ho creduto in questo progetto realizzato, tra l’altro, con tecniche cinematografiche. L’atmosfera che si respirava tra gli attori e la produzione era molto intimista.
Il suo rapporto con la fede?
Io sono cattolico, ma non estremamente praticante. Non sono cioè un grande frequentatore di chiese, ma questa esperienza mi ha profondamente segnato e ha influito in maniera positiva su di me.
Il tv movie è stato girato in inglese?
Si, e per me che non ho studiato in maniera accettabile l’inglese è stata una vera e propria scommessa. Studiavo giorno per giorno la mia parte. A darmi una mano c’è stato Aleksei Guskov, l’attore russo che interpreta papa Giovanni Paolo II. Dinanzi a lui attore di rara intensità e bravura che recitava in un inglese perfetto, è stato giocoforza non far brutta figura.