Da chi ha ricevuto l’invito a far parte del cast?
E’ stato il produttore Sergio Giussani a propormi di interpretare il carabiniere Sebastiano Pandolfo che sarà catturato e fucilato all’istante senza nessun processo e con una brutalità incredibile. Aveva appena 18 anni e, come i suoi colleghi della stazione di Fiesole, aiutava i partigiani contro i tedeschi.
Aveva già lavorato con Giussani?
Si, avevo avuto due precedenti esperienze molto positive in Giuseppe Moscati e Il sorteggio, due film tv da lui prodotti e diretti da Giacomo Campiotti. E’ stato uno scambio reciproco di emozioni e sensazioni che si sono ripetute puntualmente in A testa alta.
Quali elementi ha maggiormente apprezzato nel film tv sui martiri di Fiesole?
Appena letta la sceneggiatura ho capito di trovarmi di fronte ad una storia drammatica, ma entusiasmante da realizzare. Ho avvertito subito il bisogno di partecipare, volevo esserci anch’io, dare il mio contributo come attore per far conoscere il coraggio di tre giovani di ottanta anni fa che non hanno avuto alcun tentennamento dinanzi alla morte.
E’ questo il messaggio che contiene il tv movie?
Ne contiene altri ancora. In particolare si vuole far capire che la memoria storica deve essere tenuta sempre viva perchè arrivi alle nuove generazioni che devono conoscere in quale modo sono vissuti e hanno lottato i loro padri e i loro antenati. In questo modo riusciranno a comprendere il senso della Patria inteso come casa comune di tutti noi: quel senso di Patria che troppe volte oggi viene calpestato in maniera indecorosa.
Ci parla del suo personaggio Sebastiano Pandolfo?
Lui muove i meccanismi di tutta la vicenda e accende, senza volerlo, la miccia: infatti è coinvolto in una sparatoria con i nazisti. Poichè muore uno di loro, viene catturato e fucilato. E’ un personaggio a tutto tondo, con una sua consistenza, un suo spessore. E’ lui, infatti, che sceglie di farsi carico della missione di accompagnare con i suoi compagni, un giovane partigiano aiutandolo ad attraversare un folto bosco per consentirgli di raggiungere gli altri esponenti della Resistenza ai quali doveva consegnare un importante messaggio.
Come si è preparato alla scena della fucilazione?
Ho riflettuto molto sulla tragicità dell’evento, cercando di restare da solo, prima delle riprese e di capire fino in fondo quello che avrei fatto io se mi fossi trovato davvero in una tale drammatica e fatale situazione. E subito dopo aver girato, ho sentito ancora una volta la necessità di un momento di solitudine per scaricare la tensione.
In quale modo è stato aiutato dal regista Maurizio Zaccaro?
In maniera determinante. Zaccaro è stato prodigo di consigli e mi ha consentito con la sua grande umanità di far venir fuori quelle caratteristiche indispensabili per calarmi con credibilità nella parte. Ma ci siamo aiutati tutti sul set, consapevoli di star vivendo un’esperienza di grande spessore. Abbiamo voluto che arrivasse al pubblico televisivo tutta la drammaticità del racconto, tutta l’emozione di una storia ancora oggi poco conosciuta da molti.
Come spiega che una tale storia non sia molto nota come quella di Salvo D’Acquisto?
Credo sia un caso. Ma nell’Arma dei Carabinieri i martiri di Fiesole sono ben noti. E’ stata proprio l’Arma, con la propria disponibilità, ad aiutarci nella documentazione sui fatti allora accaduti mettendo a disposizione i propri archivi.