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Il premio giornalistico Luchetta, giunto all’ XI edizione, nasce nel 2004 a Trieste, città natale di Marco Luchetta, Alessandro Ota, Dario D’Angelo e, infine, Miran Hrovatin, tutti caduti nello stesso anno mentre svolgevano con scrupolo il proprio lavoro di reporter.
Era il 1994 quando lui e Ilaria Alpi morivano; oggi a Miran viene reso omaggio con un racconto inedito dell’uomo attraverso i reportage e le immagini inedite di un ventennio di storia, non solo italiana. Dagli anni ’70 ai ’90 la telecamera di Miran ha ripreso la guerra in Bosnia e Jugoslavia, il conflitto in Somalia, gli orrori del Sahara fino a quando, di quello stesso orrore è caduto vittima.
Diretto dal regista Giampaolo Penco, Saluti da Miran è prodotto dalla Videoest, la casa di produzione fondata dallo stesso Hrovatin, e si arricchisce delle interviste e delle testimonianze di chi l’ha conosciuto: non solo la moglie e i figli, ma anche gli amici.
All’operatore triestino inoltre, sono dedicati la mostra e l’incontro di apertura del Premio Luchetta: il documentario verrà proiettato questo pomeriggio; ad esso farà seguito il ricordo di chi lo ha conosciuto. Inoltre, come già anticipato, nel corso della giornata sarà inaugurato un percorso espositivo intitolato I nostri angeli in cui sono stati raccolti i dieci scatti migliori che, negli anni precedenti, hanno vinto il premio nella sezione Miran Hrovatin.
Dopo l’esposizione nel Palazzo della Regione in piazza Unità, la mostra arriverà al festival friulano Mittelfest e alla festa del libro Pordenonelegge 2014.
Secondo il programma del premio, Saluti da Miran verrà proiettato alle 17.15, mentre alle 18.00 il vicedirettore del Tg3 Giuliano Giubilei modererà l’incontro Il caso Alpi-Hrovatin: finalmente la verità?, a cui parteciperanno il presidente del Premio Ilaria Alpi Francesco Cavalli con la moglie di Miran, Patrizia Hrovatin, e il regista Giampaolo Penco.
Il Premio Luchetta non vuole essere solo la celebrazione di quattro giornalisti morti mentre denunciavano le atrocità dei conflitti, ma si propone come un’occasione di sensibilizzazione verso quei valori che avevano influenzato la carriera stessa di Miran Hrovatin e dei suoi colleghi: fratellanza, solidarietà, rispetto dei diritti civili. Con una particolare attenzione ai banbini, che delle guerre sono sempre le vittime più indifese.