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Il più feroce attentato della storia repubblicana viene raccontato nel documentario di Matteo Pasi. La particolarità dell’appuntamento consiste nel fatto che quel drammatico giorno viene fatto rivivere attraverso le voci e i volti delle persone direttamente coinvolte nella strage avvenuta alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980.
Una tragedia mai dimenticata che pesa ancora oggi come un macigno nella storia italiana. Uno scoppio apocalittico che causò la morte di 85 persone ed il ferimento o la mutilazione di oltre 200 innocenti.
Il documentario parla al presente, perchè quel giorno è rimasto indelebilmente fissato nella memoria degli italiani. Viene ripercorso tutto quanto accadde subito dopo la terribile esplosine. I soccorsi sono immediati, la città manifesta subito la propria indignazione, riversandosi nelle piazze perchè le considera i veri “luoghi della democrazia”. La richiesta di fare al più presto luce sull’attentato scatta subito e si manifesta attraverso la voce angosciata, ma ferma, dell’allora sindaco di Bologna Renato Zangheri e del presidente della Repubblica Sandro Pertini, Giustizia: è quanto viene gridato da ogni parte d’Italia da Nord a Sud.
{module Google richiamo interno} Le indagini dei magistrati bolognesi e l’impegno costante dell’Associazione dei familiari delle vittime conducono per la prima volta ad individuare e condannare gli esecutori materiali della strage: i neofascisti dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari); e i depistatori che fin da subito hanno ostacolato l’accertamento della verità: la P2 di Licio Gelli e i massimi vertici dei servizi di sicurezza, manovrati dalla stessa.
Subito dopo l’esplosione il governo presieduto da Farncesco Cossiga e le forze di polizia comiciarono a ritenere che la tragedia fosse stata provocata da cause fortuite, ovvero dall’esplosione di una caldaia. I depistaggi erano già iniziati. Questo fatto si rivelò particolarmete grave perché, essendo esclusa nelle prime ore l’ipotesi di un attentato, gli esecutori poterono dileguarsi indisturbati.
Dal dolore rinasce un’idea di società civile in grado, dal lutto, di elaborare un impegno ed una strategia collettiva che individua, nelle giovani generazioni, ancora oggi troppo disinformate e disincantate, il principale antidoto alle trame occulte. Quelle trame che, fin da Piazza Fontana hanno avvelenato la nostra democrazia.