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Come spiega Joffè, non si tratta del classico film che narra la storia di un santo:There be dragons racconta una vicenda di fede, di guerra e di perdono, un dramma storico ambientato nel tragico periodo della Guerra Civile spagnola.
La pellicola vanta la partecipazione di nomi da Oscar quali lo scenografo Eugenio Zanetti, la costumista Yvonne Blake, Michèle Burke per gli effetti speciali e Stephen Warbeckper la colonna sonora, nel 2011 è stata distribuita in America e nelle sale di lingua spagnola, tuttavia giunge da noi in lingua italiana solo ora in una versione ridotta. È il caso di dire: meglio tardi –e parzialmente- che mai!
Il titolo originale del film deriva da un’espressione latina,hic sunt dracones, con la quale i cartografi medievali usavano definire nelle mappe i luoghi ancora ignoti.La storia narra infatti una vicenda poco conosciuta sullo sfondo di un più ampio e complesso panorama storico, una storia coinvolgente, quasi epica, e ricca di contenuti, che prende le mosse dai giorni nostri ma si sviluppa nel passato a partire dai primi anni del secolo scorso.
{module Google richiamo interno} Un giornalista, Robert(Dougray Scott), è incaricato di scrivere un articolo sulla figura di Josèmaria Escrivà alla vigilia della sua beatificazione. Nell’indagare sul passato del sacerdote, il giornalista scopre che questi era stato amico e compagno di suo padre, Manolo (Wes Bentley), con cui Robert ha un rapporto conflittuale e che non vede da anni. A questo punto la narrazione sviluppa due storie parallele assai diverse che si intrecciano,quella di Josèmaria(Charlie Cox) e quella del suo amico Manolo, personaggio inventato per il film, in un’epoca e in un paese lacerato da difficoltà politiche e profonde ferite.
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Mentre Manolo si unisce alla lotta per la legittimazione della II Repubblica e spera di raggiungere la libertà attraverso la violenza, il giovane don Josemaría sceglie di non aver alcuna parte in quella guerra e, pur essendo perseguitato in quanto sacerdote, scampato alla strage, non chiede vendetta e respinge ogni esortazione ad una possibile crociata, al contrario persegue tenacemente il suo obiettivo di pace e tolleranza.
Joffè non solo compone il ritratto del giovane sacerdote che fondò l’Opus Dei, ma descrive bene anche il contesto di una città,Madrid,minacciata dai rastrellamenti dei repubblicani e di un paese devastato dalla guerra civile. Con gli occhi di Manolo il regista consente di osservare la dura marcia di don Josèmaria e dei suoi giovani amici attraverso il gelo dei Pirenei per cercare la salvezza nella zona nazionalista.
Joffè è un ebreo inglese di origine francese che si dichiara agnostico, eppure ha saputo cogliere a pieno e restituire allo spettatore il senso della fede che ha sostenuto Josèmaria in quegli anni. Egli sfrutta con sapienza gli avvenimenti di portata storica in cui i protagonisti sono immersi per descriverne passioni e dolori, conforti e tormenti dell’animo. Pur senza giungere ad un giudizio definitivo e drastico su importanti temi come la fede, l’amore e il sacrificio, la violenza, l’affetto e l’odio che possono legare un padre e suo figlio, l’amicizia,la fedeltàe la lealtà, il desiderio di vendetta e la forza del perdono, ne offre una descrizione drammatica realistica e accessibile che apre la strada ad una riflessione profonda e interessante.Un film da non perdere.